Ancora stupiti per le opere di Dio
1. Che cosa pensi della città?
La città è difficile, la città è problematica, la città attrae con le sue promesse e respinge con la sua durezza, la città è ingiusta, la città è pericolosa, la città ha perso la sua anima, la città è un groviglio di complicazioni, la città è assediata dalla malavita, la città contiene tutti i problemi del mondo.
In questa città ha vissuto un ragazzo che da quando ha fatto la prima comunione fino a quindici anni ha pregato tutti i giorni il rosario, ha partecipato alla messa tutti i giorni, ha sostato in chiesa per pregare da solo tutti i giorni.
Nella città difficile il Signore continua ad attirare a sé, continua ad aprire autostrade per il cielo, continua a seminare compassione per darsi da fare per i poveri.
Si possono dire molte cose della città. Si deve però anche dire che la città è un luogo in cui si può diventare santi.
2. Che cosa pensi degli adolescenti?
L’adolescenza è un’età difficile. Le mamme e i papà quando devono parlare delle difficoltà che incontrano con i figli dicono, come una specie di giustificazione: “È un adolescente!”. Di ragazzi e ragazze adolescenti si dice che sono fragili, che hanno dentro una rabbia che li rende aggressivi, che usano i Social per esprimere odio e volgarità, che soffrono di disturbi alimentari e che hanno bisogno di terapie ed accompagnamenti di specialisti, che sono intrattabili, che si rifugiano in pericolose solitudini ed in pericolose compagnie.
Qualche anno fa in questa città un ragazzo ha vissuto la sua adolescenza come un tempo per impegnare le sue capacità, le sue risorse, per una voglia di fare il bene, per un gusto per i pensieri alti, per un interesse per il mistero che lo ha segnato fino alla morte.
Dell’adolescenza si possono dire molte cose. Si deve però anche dire che l’adolescenza è un tempo adatto per diventare santi.
3. Che cosa dire della malattia?
La malattia è una dura prova, la malattia riempie l’animo di angoscia, la malattia spinge a chiudersi in sé stessi, a non pensare ad altro, a non parlare d’altro, a non guardare altro che la propria condizione di malato. La malattia è un’ingiustizia. La malattia è una dura prova: il malato è tentato di dubitare di Dio, di arrabbiarsi con Dio, di bestemmiare Dio come un enigma ostile, che si accanisce, non si sa perché, proprio contro di me.
Nell’ottobre del 2006 è stato ricoverato all’ospedale san Gerardo di Monza un ragazzo di 15 anni che la leucemia fulminante ha fatto morire in pochi giorni. Nel rendersi conto della gravità della sua malattia, Carlo ha rinnovato la sua fede, ha pensato che la sua vita poteva fare del bene nella salute e nella malattia e ha offerto il suo soffrire e morire per il Papa e per la Chiesa.
Della malattia e della morte si possono dire tante cose. Si deve però anche dire che è il passaggio doloroso e misterioso per una comunione più profonda e decisiva con il Signore Dio della vita e della gioia.
Qual è la tua reazione?






