Anderson mixa heritage e sperimentazione. Il suo Dior convince (ma non sorprende)

Una sfilata non è più solo una sfilata. Jonathan Anderson lo ha capito come pochi altri. La sua collezione di prêt-à-porter femminile per Dior rappresenta – insieme a quelle di Chanel e Balenciaga, rispettivamente disegnate da Matthieu Blazy e Pierpaolo Piccioli – uno dei debutti più attesi della fashion week parigina. Sebbene l’esordio dello stilista nordirlandese per la maison di Lvmh sia avvenuto in chiave menswear lo scorso giugno, la passerella di ieri ha sancito l’ingresso definitivo di Anderson nella serie A della moda, un campionato a cui ha avuto meritatamente accesso dopo anni di successi da Loewe e un nutrito fandom legato al brand Jw Anderson. L’hype, come direbbe la Gen Z, è notevole.
Prima del fashion show vero e proprio Anderson ha pensato bene di mandare in onda una sorta di access prime time. Chi ha seguito la diretta online ha infatti assistito a oltre trenta minuti di filmato dedicato ad amiche e ambassador del brand intente a scegliere l’abito giusto per raggiungere la location: Jennifer Lawrence, Mikey Madison, Anya Taylor-Joy, Taylor Russell e Laetitia Casta, solo per citarne alcune. Successivamente è stata la volta di una piacevole sorpresa, un cortometraggio realizzato dal documentarista Adam Curtis dedicato non solo a Christian Dior ma anche a tutti i direttori creativi che si sono susseguiti al fondatore, da Yves Saint Laurent a Maria Grazia Chiuri passando per Marc Bohan, Gianfranco Ferré, John Galliano, Raf Simons, Kris Van Assche e Kim Jones. La domanda ‘Do you dare enter the house of Dior?’ (‘Osi entrare nella maison Dior?’, ndr) ha dato il via alle immagini di sfilate e documenti d’archivio intervallati da spezzoni di celebri thriller tra cui ‘Stage Fright’ e ‘Psyco’ di Alfred Hitchcock. Un mix audiovisivo a velocità aumentata lontano dai soliti omaggi polverosi e, proprio per questo, magnetico. È quindi arrivata la volta della sfilata, ambientata ai Jardin des Tuileries in uno spazio ideato da Luca Guadagnino e Stefano Baisi.
Un abito a campana in crinolina bianca e due fiocchi ton sur ton (proposto anche in nero e ceruleo) ha dato il via al susseguirsi di rivisitazioni di alcuni celebri abiti di Dior tra cui il vestito ‘Junon’ del 1949. Come prevedibile Anderson ha dato sua interpretazione della celebre Bar jacket, ridisegnandone lunghezza e volume. Minigonne in denim e jeans hanno intervallato gli abiti da sera, i mantelli, le cappe, le bluse a fiori e i numerosi look in pizzo. I maxi papillon sono presi in prestito dal guardaroba maschile presentato a giugno, così come alcuni abbinamenti cromatici, pattern e i maxi bermuda con multilayer stile origami, trasformati in gonne. Tailoring e abiti da red carpet si alternano in maniera scomposta, tra gli accessori spiccano le simpatiche décolleté con orecchie da coniglio e le borse con tracolla logata. La palette cromatica include nuance luminose e, a contrasto, colori vicini al sartoriale maschile. Alcune silhouette care allo stilista da Loewe sono riconoscibili, altre strizzano l’occhio a una cliente piace giovane. Mentre gli addetti ai lavori in sala applaudono la sfilata il riscontro sui social è tiepido, gli utenti sembrano aver bisogno di più tempo per metabolizzare e apprezzare un cambiamento così radicale.
Anderson è riuscito solo in parte a far confluire l’heritage di Dior al proprio linguaggio sovversivo. Più di una mise ha mancato l’effetto sorpresa; mentre nessuno ha mai visto un abito del nuovo corso di Chanel e Balenciaga, va ricordato che numerose star hanno giù indossato in anteprima la collezione Dior primavera/estate 2026, togliendo inevitabilmente slancio alla passerella. Durante l’ultima Mostra del Cinema di Venezia, ad esempio, Alba Rohrwacher ha scelto una blusa plissettata simile a quelle che hanno sfilato in beige e arancio. In concomitanza con il Toronto Fill Festival Anya Taylor-Joy ha sfoggiato lo stesso abito con ampia gonna dalle bande intrecciate protagonista del défilé.
Anderson ha avuto pochi mesi per ambientarsi nella maison. Le prime prove confermano la sua indubbia inventiva creativa. Ci si augura però che almeno la collezione haute couture in programma a gennaio non venga rivelata in anticipo sul red carpet.
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