Antitrust indaga Philip Morris: sotto accusa la pubblicità dei prodotti “senza fumo”

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’indagine nei confronti di Philip Morris Italia S.p.A., sospettata di aver adottato una strategia pubblicitaria ingannevole nella promozione dei suoi prodotti a tabacco riscaldato.
Al centro del procedimento ci sono espressioni come “senza fumo”, “un futuro senza fumo” e “prodotti senza fumo”, utilizzate dall’azienda per descrivere i propri dispositivi alternativi alle sigarette tradizionali.
Secondo l’Antitrust, queste formule potrebbero indurre i consumatori a percepire tali prodotti come innocui, o comunque meno dannosi per la salute rispetto al tabacco convenzionale, quando in realtà non sono privi di rischi. Anche in assenza di combustione, infatti, il consumo di tabacco riscaldato può comportare effetti nocivi sull’organismo e creare dipendenza.
Le ispezioni e l’avvio dell’inchiesta
L’istruttoria è stata avviata dopo un’attenta analisi delle campagne di comunicazione di Philip Morris. Nella giornata di ieri, i funzionari dell’Autorità, con il supporto del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno eseguito perquisizioni presso le sedi di Philip Morris Italia e di Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna S.p.A.. L’obiettivo è acquisire documentazione utile a verificare se l’uso di determinate espressioni pubblicitarie violi le norme sulla correttezza dell’informazione commerciale.
L’inchiesta punta a stabilire se le affermazioni dell’azienda abbiano falsato la percezione dei consumatori, inducendoli a credere che i prodotti “senza fumo” rappresentino una scelta più sicura per la salute. L’Autorità valuterà inoltre se tali messaggi possano costituire una pratica commerciale scorretta, come previsto dal Codice del Consumo.
Le reazioni di Federconsumatori
L’apertura dell’indagine è stata accolta positivamente da Federconsumatori, che da tempo denuncia la diffusione di messaggi ambigui nel settore del tabacco e dei dispositivi alternativi. L’associazione sottolinea che termini come “senza fumo” rischiano di minimizzare i pericoli legati all’uso di nicotina, alimentando una falsa percezione di sicurezza.
«La salute dei cittadini non può essere oggetto di marketing – afferma Federconsumatori –. Ci auguriamo che l’Autorità faccia piena luce su eventuali irregolarità e che, qualora venissero accertate, siano applicate sanzioni adeguate. È inaccettabile che si lucri sulla salute pubblica attraverso messaggi pubblicitari fuorvianti».
L’associazione invita inoltre a non limitarsi all’aspetto sanzionatorio, ma a rafforzare le politiche di prevenzione e informazione. Per Federconsumatori, serve una strategia di salute pubblica capace di educare i cittadini ai rischi del fumo e di accompagnare chi desidera smettere, attraverso programmi di supporto e campagne di sensibilizzazione mirate.
Un fenomeno che pesa su salute ed economia
Il problema del fumo, ricorda l’associazione, non riguarda solo l’aspetto sanitario ma anche quello economico. Secondo il report “Soldi (e salute) in fumo”, realizzato da Federconsumatori in collaborazione con la Fondazione ISSCON, un fumatore medio spende ogni anno oltre 2.000 euro per mantenere la propria abitudine, mentre chi utilizza sigarette elettroniche affronta costi che sfiorano gli 840 euro annui.
Oltre al danno economico, il fumo resta una delle principali cause di malattie croniche e decessi evitabili. Nonostante ciò, le politiche di prevenzione in Italia appaiono ancora insufficienti. «Non basta fermare la pubblicità ingannevole – prosegue Federconsumatori –. È necessario investire in educazione sanitaria, informazione e sostegno per chi vuole abbandonare il fumo. Solo così si potrà ridurre realmente l’impatto di questa dipendenza sulla collettività».
Comunicazione e responsabilità sociale delle imprese
Il caso Philip Morris riporta al centro del dibattito il tema della responsabilità delle aziende nella comunicazione dei prodotti che incidono sulla salute. L’utilizzo di claim pubblicitari che suggeriscono un’idea di “innocuità” o di “ridotto rischio” può influenzare pesantemente le scelte dei consumatori, in particolare dei più giovani.
L’Antitrust, negli ultimi anni, ha più volte richiamato le imprese alla necessità di fornire informazioni chiare, complete e non fuorvianti, soprattutto quando si tratta di prodotti potenzialmente dannosi. L’indagine su Philip Morris si inserisce in questo contesto di vigilanza e tutela, con l’obiettivo di garantire che il mercato operi nel pieno rispetto dei diritti dei cittadini.
In attesa delle conclusioni
L’istruttoria ora seguirà il suo corso. Se le accuse venissero confermate, l’Autorità potrà imporre sanzioni significative e obbligare l’azienda a modificare le proprie campagne pubblicitarie. Un esito che potrebbe avere ripercussioni non solo per Philip Morris, ma per l’intero settore dei prodotti alternativi al fumo tradizionale, spingendo verso maggiore trasparenza nella comunicazione commerciale.
Nel frattempo, le associazioni dei consumatori chiedono che la tutela della salute resti una priorità assoluta delle politiche pubbliche. Come ricorda Federconsumatori, «la lotta al fumo non può essere lasciata al mercato: servono regole chiare, controlli rigorosi e un impegno concreto dello Stato per proteggere i cittadini».
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