Arriva l'accordo per il "piano di pace" a Gaza: in cosa consiste e le criticità

Ottobre 11, 2025 - 08:00
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Arriva l'accordo per il "piano di pace" a Gaza: in cosa consiste e le criticità

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Dopo mesi di devastazione e oltre due anni di guerra, Israele e Hamas hanno raggiunto un’intesa preliminare per avviare un “piano di pace” a Gaza: ma le incognite restano ancora molte, forse troppe.


L’annuncio, dato dal presidente statunitense Donald Trump nella serata del 9 ottobre, segna un possibile punto di svolta nel conflitto iniziato con l’attacco del 7 ottobre 2023. Si tratta della prima fase di un progetto in più tappe, che mira a porre fine alle ostilità e a gettare le basi per la ricostruzione e la stabilità nella Striscia.

Trump ha definito l’accordo “un passo verso una pace forte, duratura e definitiva”, sottolineando che la sua attuazione inizierà con la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani e il ritiro parziale delle truppe israeliane da Gaza. Tuttavia, il presidente americano non ha fornito ulteriori dettagli sui tempi e sulle modalità operative, lasciando aperti molti interrogativi.

Un cessate il fuoco atteso da mesi

L’intesa arriva dopo tre giorni di negoziati indiretti in Egitto, mediati da Washington e con la partecipazione di rappresentanti di Doha e Il Cairo. L’obiettivo era definire la prima tappa di un piano articolato in venti punti, elaborato dalla Casa Bianca e presentato la settimana precedente.

Il contesto resta drammatico: l’offensiva israeliana lanciata dopo l’attacco di Hamas del 2023 ha provocato, secondo il ministero della Sanità di Gaza, oltre 67 mila vittime, mentre in Israele le persone uccise il 7 ottobre furono circa 1.200, con 251 rapite. Le cifre fornite dalle autorità di Gaza, nonostante la loro provenienza da un ente controllato da Hamas, sono considerate attendibili da ONU e organizzazioni internazionali.

Saccordo per il “piano di pace” a Gaza: in cosa consiste e le criticità

Il governo israeliano ha approvato formalmente l’accordo nella notte di giovedì, confermando l’avvio del cessate il fuoco. Tuttavia, fonti locali hanno segnalato nuovi bombardamenti in alcune aree del nord della Striscia anche dopo la dichiarazione di tregua, a dimostrazione di quanto sia fragile la situazione sul terreno.

Cosa prevede la prima fase

Secondo le informazioni diffuse da fonti diplomatiche, l’accordo stabilisce che l’esercito israeliano si ritirerà fino a una linea di controllo che copre circa il 53% del territorio di Gaza. Si tratta di un primo passo verso un ritiro completo in tre fasi, come indicato in una mappa allegata al piano americano.

Contestualmente, Hamas dovrà liberare entro 72 ore venti ostaggi ancora vivi, mentre in una fase successiva verranno restituiti i corpi dei ventotto prigionieri israeliani deceduti. Israele, in cambio, rilascerà circa 250 detenuti condannati all’ergastolo e 1.700 prigionieri palestinesi provenienti da Gaza. L’elenco dei nomi non è stato reso pubblico, ma tra i beneficiari non figurerà Marwan Barghouti, figura di spicco della politica palestinese e leader di Fatah incarcerato da oltre vent’anni.

Il piano prevede inoltre la restituzione dei corpi di 15 cittadini di Gaza per ogni ostaggio israeliano restituito, come gesto simbolico di riconciliazione.

Aiuti umanitari e monitoraggio internazionale

Un elemento centrale dell’accordo riguarda la riapertura dei corridoi umanitari. Centinaia di camion carichi di cibo, acqua e medicinali potranno attraversare i valichi di confine per rifornire una popolazione ormai allo stremo. Le Nazioni Unite avevano già dichiarato in agosto che nella Striscia si era instaurata una situazione di carestia conclamata, con milioni di persone senza accesso regolare a beni di prima necessità.

Il piano di Washington prevede 600 camion di aiuti al giorno, anche se le autorità palestinesi hanno parlato di un avvio graduale con almeno 400 convogli quotidiani.

Per garantire il rispetto del cessate il fuoco, verrà istituita una forza multinazionale di circa 200 unità, sotto la supervisione del Pentagono. Faranno parte della missione soldati provenienti da Egitto, Qatar, Turchia e Emirati Arabi Uniti, incaricati di monitorare eventuali violazioni o incursioni nella zona di tregua. Gli Stati Uniti, pur mantenendo il comando operativo, non dispiegheranno truppe sul terreno.

Le incognite della seconda fase

Se la prima fase può essere considerata un punto di partenza, la vera sfida si presenterà con la seconda, dedicata ai temi più complessi: il futuro governo di Gaza, la sicurezza e la ricostruzione.

Il piano elaborato dall’amministrazione Trump propone l’istituzione di un governo di transizione temporaneo, formato da una commissione palestinese di esperti indipendenti affiancata da specialisti internazionali. A supervisionare il processo dovrebbe essere un nuovo organismo, il “Consiglio per la Pace”, incaricato di garantire la neutralità e la stabilità politica della Striscia durante il periodo di transizione.

Resta però incerto chi ne farà parte e quali poteri effettivi avrà sul territorio, soprattutto considerando la presenza ancora parziale delle forze israeliane.

Disarmo e sicurezza: i nodi più difficili

Uno dei punti più controversi è la richiesta di disarmo di Hamas, condizione che il gruppo islamista ha sempre rifiutato. Il piano statunitense prevede che i miliziani che deporranno le armi potranno beneficiare di un’amnistia, impegnandosi a convivere pacificamente con Israele. Tuttavia, la prospettiva appare remota: la leadership di Hamas ha più volte ribadito che il proprio arsenale rappresenta “una garanzia di difesa” e non intende rinunciarvi senza solide garanzie di sicurezza.

Da parte sua, Israele resta diffidente: teme che un ritiro totale senza la presenza di una forza internazionale stabile possa consentire a Hamas di riorganizzarsi militarmente.

Il piano americano contempla la creazione di una Forza internazionale di stabilizzazione (ISF) incaricata di addestrare la polizia palestinese e assicurare l’ordine nel dopoguerra. Ma su questo punto non c’è ancora il consenso del governo israeliano, che non ha formalmente accettato la proposta.

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