Caporalato, in Senato via libera alle norme sulla certificazione della filiera

Ottobre 16, 2025 - 12:01
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Caporalato, in Senato via libera alle norme sulla certificazione della filiera
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Gli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto la filiera della moda ( dall’indagine per condotte illecite di Dior e Armani fino all’accusa caporalato di Loro Piana e, più recentemente, di Tod’s) hanno richiamato l’attenzione delle istituzioni portando, con una certa urgenza, il Governo a studiare nuovi provvedimenti.

Ed è così che oggi, 15 ottobre, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha convocato un tavolo urgente con le principali associazioni del settore, mentre in Senato arriva il via libera al pacchetto di misure anti-caporalato per la filiera della moda e del tessile. Due mosse che puntano entrambe a difendere la reputazione del made in Italy e a mettere ordine in un comparto in affanno, schiacciato tra concorrenza sleale, pressioni sui costi e irregolarità nella catena produttiva.

“Siamo molto contenti della velocità con il cui il ministro Urso e la sua squadra stanno lavorando accogliendo le istanze della nostra Industria e soprattutto a difesa del made in Italy. Essere tutti compatti per risolvere i problemi reali è il primo passo necessario a tutela di brand e della filiera e del mezzo milione di persone che ogni giorno ci lavorano nella massima legalità e trasparenza creando prodotti unici”, ha dichiarato Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda a commento dell’incontro odierno al Mimit.

La convocazione del Mimit arriva dopo una serie di contatti che Urso ha avuto con Luca Sburlati (Confindustria Moda), Carlo Capasa (Cnmi) e Matteo Lunelli (Fondazione Altagamma). L’obiettivo, spiegano da Governo, è affrontare con urgenza le criticità che stanno colpendo il settore e costruire un percorso condiviso in attesa del Tavolo della Moda già fissato per il prossimo 17 novembre.

“Non accettiamo di subire attacchi generalisti dall’estero sulla qualità di ciò che facciamo né penetrazione di merci di basso livello dell’ultra fast fashion in modo passivo. Applicare velocemente tutele in Italia e spingere la Commissione europea a farlo rapidamente e in modo incisivo sono la priorità nostre e di tutto il comparto. Cosi come la veloce approvazione dell’Epr in Italia che diventa dunque obbligatoria  anche per produttori extra Ue, consentendo così di far decollare la filiera del riciclo”, ha poi aggiunto Sburlati che, durante l’incontro di questa mattina ha sottolineato inoltre l’importanza di arginare la pubblicità ingannevole orientata dalle piattaforme social e “la centralità di riferimento del credito d’imposta per l’ideazione estetica, strumento essenziale per garantire la competitività del settore”.

Tra le ipotesi al vaglio del Governo, anche un intervento sulle soglie doganali per i pacchi sotto i 150 euro, oggi esenti da dazi, considerati uno dei canali principali per l’importazione di abbigliamento ultra low cost proveniente dall’Asia. Parallelamente, si discute della creazione di un sistema di certificazione della filiera, capace di attestare la regolarità contributiva, fiscale e giuslavoristica di tutti gli attori del processo produttivo – dalle aziende capofila ai subfornitori.

Urso ha parlato di “una questione di reputazione e di sopravvivenza per il made in Italy”, ricordando che “la qualità, la creatività e la legalità devono restare i pilastri della nostra moda”. Il ministro ha sottolineato come l’obiettivo sia “contrastare l’invasione del fast fashion e garantire piena trasparenza e legalità nella catena produttiva”.

Le associazioni chiedono che il tavolo non si limiti ad annunci, ma porti soluzioni operative: controlli più severi, incentivi per chi rispetta le regole e un impegno concreto a sostenere le Pmi, spesso anello debole della catena. “Serve una svolta – commenta un rappresentante del comparto – non bastano più dichiarazioni di principio, servono strumenti reali per garantire lavoro regolare e competizione leale”.

Mentre al Mimit si lavora su questi temi, il Senato ha approvato il primo pacchetto di norme anti-caporalato per la moda, inserito nel disegno di legge annuale sulle Pmi. Il provvedimento introduce un sistema di certificazione volontaria della filiera, affidato a revisori legali, con l’obiettivo di verificare la correttezza fiscale, contributiva e giuslavoristica di ogni anello della catena. Le imprese capofila saranno tenute, al momento della stipula dei contratti, a verificare la regolarità dei propri subfornitori e a inserire clausole che impongano il rispetto delle norme su lavoro e sicurezza. La misura, pur restando volontaria nella fase iniziale, mira a premiare le aziende virtuose e a favorire una concorrenza trasparente.

Il ministro Urso ha commentato il voto con soddisfazione: “È un passo concreto per difendere la moda italiana e i suoi valori. Vogliamo un sistema che premi la qualità e la legalità, non chi sfrutta o abbassa i costi a scapito delle persone”. Resta però aperta la questione dell’efficacia pratica: senza controlli rigorosi e incentivi economici, la certificazione rischia di restare un’etichetta facoltativa più che un meccanismo di garanzia.

Altro nodo: la responsabilità delle aziende capofila. Le nuove norme non chiariscono ancora fino a che punto queste dovranno farsi garanti del comportamento dei subfornitori, un equilibrio delicato tra controllo e sostenibilità, specie per le realtà più piccole.

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Redazione Redazione Eventi e News