Cos’è il bike to work? Serve davvero e, soprattutto, a chi serve?

Settembre 16, 2025 - 13:30
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Cos’è il bike to work? Serve davvero e, soprattutto, a chi serve?
bike to work

Sembrano domande astruse ma, in occasione della Settimana Europea della Mobilità, vale la pena di parlarne perché hanno una motivazione chiara e la vediamo qui sotto. La Federazione italiana ambiente e bicicletta, attraverso i suoi soci e le sue sezioni ha preparato diverse manifestazioni locali a tema Bike to Work

Il 19 settembre si celebra inoltre il Bike to Work Day, giornata europea che incentiva l’uso della bici negli spostamenti casa-lavoro. In Italia, questa tendenza sta lentamente crescendo, con una distribuzione a macchia di leopardo: la crescita è principalmente legata alla buona volontà dei cittadini, amministratori locali e aziende.

Infatti, il Bike to Work è una delle modalità, specialmente cittadine, per andare al lavoro usando la bicicletta. Si tratta di una alternativa possibile in moltissime città, senza grosse difficoltà, che si affianca all’auto privata o al trasporto pubblico.

È una scelta personale e le motivazioni per farla o non farla sono molteplici. Però a volte sono solo difficoltà più apparenti che altro.

Quindi, potremmo definire il Bike to Work un’alternativa, non priva di ostacoli come capiremo fra poco, fra cui la grande distanza (o presunta tale), il caldo estivo o il freddo invernale, i furti, le altimetrie (anche se non tutti abitano sui 7 colli) e le necessità personali, variamente declinate.

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Bike to work, in pratica

Per agevolare il BtW, alcune amministrazioni comunali particolarmente attente, lo incentivano con piccoli compensi economici legati al numero dei chilometri percorsi nel rispetto di alcune condizioni previste dagli incentivi.

Si tratta di cifre modeste, quelle che servono per cambiare un copertone o comprare una nuova lampada per la notte. Possiamo dire che, anche se sembra impossibile, il BtW torna utile sia a chi lo pratica, sia a chi non lo pratica.

Chi lo pratica ne tra i vantaggio perché non usa l’automobile, fa attività fisica, trova facilmente parcheggio, non spende soldi consumando carburante, non inquina (gas di scarico e inquinamento acustico) e aiuta la sua salute.

Addirittura non costituisce un pericolo per gli altri utenti della strada, non genera traffico o ingorghi. Una nota sulla salute: secondo alcuni studi, all’interno degli abitacoli chiusi delle auto in alcuni casi si respira un’aria decine di volte peggiore di quella che si respira fuori.

L’attività fisica, oltre a mantenere tonica la muscolatura, mantiene alta la soglia cardiaca sollecita la concentrazione e la rapidità di reazione. Un fisico tonico e allenato non incide sul costo della Sanità Pubblica.

Chi invece non usa il Bike to Work, trae il vantaggio del fatto che quelli che lo usano non sono in giro in auto, riducendo il volume del traffico, accorciando le code al semaforo, lasciando liberi parcheggi in giro per la città. Non è poco direi.

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A completamento del quadro possiamo leggere che secondo il rapporto di Isfort di novembre 2024, il 33,7% della mobilità locale avviene nella fascia fino a 2 chilometri, mentre il 42,3% avviene fra i 2 ed i 10 chilometri.

Di tutti questi spostamenti il 32,3% avviene per lavoro (dati completi online). Questo vuol dire che i tragitti per andare al lavoro, specie in città, sono spesso molto brevi e potrebbero essere percorsi con la bicicletta traducendosi nei vantaggi che ho elencato sopra.

Potrebbe sembrare tutto rose e fiori ma cosa ostacola allora la diffusione massiccia del Bike to Work? I problemi naturalmente sono diversi e vale la pena di elencare i principali per poterli analizzare ed eventualmente smontare.

La pigrizia generata dall’abitudine

Quando si esce di casa, non si pensa alla lunghezza del tragitto e si cercano istintivamente le chiavi dell’auto. Solo che in città particolarmente congestionate a volte è in sosta lontano, magari a metà del tragitto da percorrere. E lo si percorre a piedi.

Le prime volte che si opta per il BtW occorre un discreto sforzo mentale e fisico. Quello mentale prevede di non mollare nonostante la difficoltà oggettiva. Quello fisico richiede di minimizzare lo sforzo e il successivo indolenzimento di gambe e braccia, almeno per i primi giorni.

Poi anche in questo caso subentra l’abitudine. Ed è tutto in discesa.

Il timore di essere investiti durante il tragitto

Effettivamente viaggiare in bicicletta in città è rischioso principalmente a causa della presenza di un numero eccessivo di automobili, spesso guidate con estrema distrazione.

Anche a causa dell’assenza di una rete infrastrutturale capillarmente diffusa. Abituarsi a pedalare con attenzione e controllare lo specchietto retrovisore aiuta a prevenire i guidatori distratti.

Un abbigliamento visibile riduce ancora il rischio di essere travolti.

Il ricovero della bicicletta

Si tratta di un tema importante con mille sfumature, dimensionali e di comportamento, sia da parte dell’utente che da parte dell’azienda per cui lavora.

Vale la pena di ricordare che moltissime aziende (persino le scuole) sono dotate di parcheggi custoditi riservati alle auto, mentre spesso non offrono alcuna alternativa per chi arriva in bicicletta.

Ed è una scelta evidentemente incomprensibile perché un’automobile occupa 20m2 di spazio fra sosta e manovra, mentre per una bicicletta ne bastano circa 4.

Decine di aziende storiche in tutta Italia avevano fino a qualche anno fa grandi parcheggi per le biciclette, dotati di tettoie per la pioggia. Oggi sostituiti dai parcheggi per le auto. In un rapporto di 1 a 5: una vettura occupa lo spazio di 5 biciclette.

I furti

Direttamente collegato al tema appena sopra c’è l’esigenza di non farsi rubare la bicicletta. Ciò richiede evidentemente una grande attenzione da parte di chi pedala (lucchetti e antifurti vari), ma anche una grande attenzione al problema da parte di chi ospita l’utente, predisponendo aree custodite o video-sorvegliate, recintate e illuminate.

L’abbigliamento

Condensato soprattutto nella necessità di non arrivare al lavoro bagnati o infreddoliti in inverno o sudati in estate. Evidentemente l’attività di pedalare, mal si abbina al vestire in giacca e cravatta o tailleur.

Ma negli ultimi anni il mercato delle biciclette a pedalata assistita si è espanso notevolmente offrendo una vastissima gamma di prodotti in grado di azzerare la fatica e quindi la possibilità di arrivare sudati.

Certo, poi lato azienda la possibilità di predisporre aree dotate di spogliatoi, docce e armadietti per il cambio di abito, aiuta molto chi pedala. Tutte piccole strategie che costano meno delle superfici per il parcheggio delle vetture.

In inverno, vestirsi a strati diminuisce il fastidio di prendere freddo, sempre tenendo conto della brevità della maggior parte dei tragitti. Poi spesso è solo questione di abitudine. Un abbigliamento adatto a ripararsi dal freddo impedisce che si arrivi al lavoro surgelati.

Per quello che riguarda il vestiario, anche in questo caso esistono decine di alternative, da quelle particolarmente economiche offerte da una nota azienda francese di abbigliamento sportivo, fino a altre soluzioni offerte da altre aziende con materiali più costosi, ma di qualità decisamente più elevata. Anche italiane.

Come al solito è una questione di disponibilità economiche e di investimento a lungo termine.

Illuminazione

Sul tema illuminazione potremmo dilungarci, ma brevemente direi che nelle giornate invernali quando la luce è poca e spesso si viaggia anche con la pioggia, essere illuminati adeguatamente ha una enorme importanza per poter arrivare a destinazione senza incidenti.

Aggiungiamo un’altra considerazione per quelli che obbiettano che oltre ad andare al lavoro quando escono dal lavoro vanno a fare la spesa, oppure vanno a prendere i bambini a scuola.

È importante sottolineare come negli ultimi anni anche sul territorio e sul mercato italiano siano arrivate molte aziende di produzione e vendita di quelle che si chiamano cargo bike, con le quali si può adeguatamente sostituire una vettura e tutto il loro uso.

E se proprio l’acquisto di una cargo bike non rientra nei piani, la spesa piccola può essere fatta dotando la bicicletta di borse posteriori.

È evidente che in questo caso il cambio di mentalità e abitudine ha una importanza da non sottovalutare: naturalmente in tutta questa disquisizione conta moltissimo la distanza che si deve percorre deve percorrere. Ma come detto all’inizio, la maggior parte degli spostamenti sono brevi, sotto ai 2 chilometri.

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Marco FardelliMarco Fardelli architetto e designer, ogni anno percorre circa 3.500 km in bicicletta in città, in ogni stagione, per "razionalizzare la mobilità urbana cambiandone l'orientamento, i mezzi e i metodi di spostamento" | Facebook | CityBustoBike

L'articolo Cos’è il bike to work? Serve davvero e, soprattutto, a chi serve? è stato pubblicato su GreenPlanner Magazine.

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