È il centro commerciale più grande del mondo con 1,7 milioni di mq: un paradiso terrestre

Capita di arrivare in una città nuova e di sentirsi piccoli, poi entri in un edificio che sembra non avere confini e la misura delle cose cambia all’istante.
A Chengdu mi è successo questo. Ero convinta di sapere cosa fosse un centro commerciale, poi mi sono ritrovata davanti al New Century Global Center e ho capito che stavo per rinegoziare la mia idea di scala. La luce rimbalzava sulla facciata curva, la folla scorreva come un fiume ordinato, e la sensazione era quella di entrare in una città coperta. Niente frenesia, piuttosto il ritmo calmo di un posto dove puoi restare ore senza ripeterti.
Il punto non è solo la grandezza. È l’idea che in uno stesso perimetro possano convivere mare artificiale, cinema, ghiaccio, boutique, hotel e uffici senza scontrarsi. Ho camminato lungo i corridoi e ho avuto l’impressione di attraversare quartieri diversi. Il suono dell’acqua del parco acquatico arrivava come un sottofondo, il profumo di caffè cambiava da piano a piano, i negozi si alternavano a spazi aperti dove ci si siede per guardare la gente. Qui tutto è pensato per trattenere, non per correre. E quando un edificio ti chiede di restare, qualcosa nelle abitudini si allenta e inizia la curiosità.
New Century Global Center Chengdu: il record mondiale
Il New Century Global Center è spesso definito un record vivente. Parliamo di circa un milione e settecentomila metri quadrati coperti, una cifra che suona astratta finché non la percorri. Le dimensioni colpiscono ma sono le proporzioni a far funzionare tutto. Il corpo principale si sviluppa in orizzontale, con ali che incorniciano un interno sorvegliato da lucernari e grandi aperture. Lo sguardo ha sempre un punto di fuga e questo evita l’effetto labirinto. Anche il percorso è intuitivo, con un linguaggio visivo che guida senza invadere. Si passa da un viale commerciale a un boulevard interno con la stessa naturalezza con cui si attraversa una piazza.
L’anima del complesso è la parte dedicata al tempo libero. Il parco acquatico è un piccolo teatro domestico. C’è la spiaggia artificiale, ci sono le onde programmate, ci sono le tribune per chi ama guardare. L’idea di portare il mare in città qui è una scelta di comfort. La vasca centrale riflette una luce morbida che filtra ovunque, mentre l’aria profuma di cloro e di zucchero filato. Non serve essere bambini per lasciarsi trascinare, basta concedersi un pomeriggio in cui la distanza tra il fuori e il dentro si assottiglia.
Accanto al mare ricreato, il freddo del ghiaccio. La pista olimpica è il contrappunto che non ti aspetti. Il suono delle lame che incidono la superficie cancella per un attimo il brusio della galleria. È uno spazio che accoglie sia gli allenamenti sia le prove a tempo di chi muove i primi passi. Mi ha colpita la facilità con cui qui si passa dall’acqua al ghiaccio, dall’estate perenne a un inverno gentile, senza forzature. È il vantaggio degli edifici ibridi, capaci di proporre esperienze diverse senza cambiare luogo.
La componente cinematografica aggiunge un’altra dimensione. La sala IMAX lavora sul senso di immersione e completa l’idea di viaggio. Uno schermo monumentale, poltrone profonde, acustica controllata. L’effetto è quello di un respiro più lungo. Uscendo, si rientra nella trama commerciale con un passo diverso. Qui lo shopping non è l’unico scopo, diventa una pausa tra attività che hanno consistenza. È la ragione per cui ci si stanca meno, pur camminando molto.
Gli hotel interni, affacciati sul mare artificiale, raccontano un modo preciso di intendere l’ospitalità. Camere con vista su onde sempre pronte, colazioni con luce filtrata, la promessa di restare dentro senza sentirsi chiusi. Sono spazi che parlano a chi viaggia per lavoro e a chi cerca una parentesi. Il movimento è continuo ma non rumoroso. La Cina sa costruire infrastrutture immense e farle funzionare con una logica quasi domestica.
Dal punto di vista urbano, la posizione dentro la Tianfu New Area rende il complesso facile da raggiungere. La metropolitana scorre come un’arteria affidabile. Uscire alla fermata giusta e ritrovarsi davanti all’ingresso è un gesto semplice che toglie peso alla visita. L’accessibilità conta quanto l’architettura. Qui è stata curata con la stessa attenzione rivolta agli interni. Anche l’orientamento è intuitivo. Mappa chiara, segnaletica in doppia lingua, personale presente senza essere invadente.
La parte retail è ampia ma non confusa. Marchi internazionali, boutique locali, aree tematiche che si alternano senza eccessi. Il design delle vetrine evita l’effetto bazar. I materiali lavorano su toni chiari e superfici tattili. Ogni piano ha una sua impronta cromatica che aiuta a fissare i percorsi. Mi è piaciuto notare come i ristoranti siano distribuiti in modo da intercettare le soste, non da comprometterle. Dalla cucina di Sichuan agli standard globali, il ventaglio è ampio e serve sia chi sceglie sia chi si affida.
Uscendo, la sensazione è di aver visitato una città nella città. Rimane addosso il ritmo misurato dei luoghi che funzionano. E la certezza che, una volta imparato il percorso, ci si tornerà con la stessa naturalezza con cui si torna in un quartiere amato.
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