Il discorso sottotono di von der Leyen, e la fragilità della maggioranza europea

Il discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen è stato diverso dai precedenti. Stavolta non c’erano successi diplomatici da rivendicare, come il Next Generation Eu o pacchetti mastodontici di riforme come il Green Deal, le misure contro la pandemia e la ripresa economica europea. La presidente della Commissione è arrivata a Strasburgo più debole del previsto, segnata da un accordo contestato sui dazi con Donald Trump e dall’incontro del presidente degli Stati Uniti con Vladimir Putin ad Anchorage, che ha alimentato dubbi sulla tenuta dell’alleanza transatlantica e ridimensionato il ruolo di Bruxelles nello scenario diplomatico. La sua voce si è alzata in un’aula più tesa che mai, interrotta più volte da alcuni eurodeputati, segno che la prima solida maggioranza Ursula, quella che l’aveva sostenuta nel primo mandato inaugurale, oggi è sempre meno coesa e disposta ad accettare tutto.
Von der Leyen ha cercato di rilanciare l’immagine di un’Europa capace di guidare la transizione ecologica ed economica. Ha rivendicato i risultati del Green Deal, ricordando che «già oggi, le fonti a basse emissioni rappresentano oltre il settanta per cento della nostra elettricità» e che l’Unione è «saldamente in rotta per ridurre le emissioni di almeno il cinquantacinque per cento entro il 2030». Ma non si è limitata a ripetere slogan. Ha collegato la transizione climatica alla competitività industriale, proponendo un nuovo strumento commerciale di lungo termine per proteggere l’acciaio europeo e un “Battery Booster” da 1,8 miliardi per sostenere la produzione interna.
Il cuore del discorso è stato un passaggio cruciale sull’indipendenza economica e strategica, in cui ha ripreso il report di Enrico Letto e fatto riferimento alle raccomandazioni di Mario Draghi cambiare il volto dell’economia europea. «Per le imprese innovative stiamo preparando il cosiddetto 28° regime e accelerando i lavori sull’Unione del Risparmio e degli Investimenti», ha annunciato. L’obiettivo è creare un ambiente fiscale opzionale, semplificato e armonizzato, capace di trattenere startup e capitali che oggi troppo spesso migrano altrove.
Il quadro geopolitico ha dominato la prima parte dell’intervento. Dopo aver ricordato le atrocità della guerra in Ucraina e la necessità di un sostegno finanziario più stabile, von der Leyen ha rilanciato l’idea di un “Reparations Loan” basato sugli asset russi immobilizzati. «Questa è la guerra della Russia, ed è la Russia che deve pagare», ha insistito, promettendo nuove sanzioni e un sostegno più deciso alla difesa ucraina. Ma sul punto la tenuta politica resta incerta, e non mancheranno divisioni tra Stati membri.
Altro tema cruciale è stato il rapporto con Israele e la crisi di Gaza. Per la prima volta, la presidente ha parlato apertamente di «carestia indotta dall’uomo» e di «un chiaro tentativo di minare la soluzione a due Stati». Ha annunciato la sospensione dei pagamenti bilaterali a Israele, l’avvio di sanzioni contro «ministri estremisti» e coloni violenti, nonché la proposta di una sospensione parziale dell’accordo di associazione commerciale. Una scelta che, oltre a segnare una svolta nella linea di Bruxelles, sembra destinata anche a rassicurare i socialisti europei, da mesi critici verso l’apparente immobilismo della Commissione sul dossier mediorientale.
Furbescamente posizionato verso la seconda metà anche un riferimento all’accordo sui dazi con Trump, difeso con forza: «Abbiamo l’accordo migliore possibile, senza alcun dubbio», ha detto von der Leyen, insistendo che «l’Europa stabilisce i propri standard, le proprie regole». Ma le opposizioni hanno contestato l’intesa come un cedimento che rischia di sacrificare l’autonomia strategica europea.
Non sono mancati i momenti più mediatici, come da costume di una presidente della Commissione sempre più a suo agio con il linguaggio della narrazione politica. Von der Leyen ha scelto di raccontare al Parlamento la vicenda di Sasha, bambino ucraino deportato dai russi e poi salvato dall’ostinazione della nonna Lyudmila. «Onorevoli deputati, la libertà e l’indipendenza sono ciò per cui il popolo ucraino combatte ogni giorno. Come Sasha e sua nonna», ha detto la presidente, ripercorrendo la fuga da Mariupol, la prigionia nei “campi di filtrazione”, il tentativo di cancellarne l’identità con un passaporto russo e il viaggio disperato della nonna attraverso mezza Europa per riportarlo a casa. «Ringrazio Sasha e Lyudmila per avermi permesso di raccontare la loro storia. Sono onorata che oggi siano qui con noi», ha aggiunto tra gli applausi dell’aula, annunciando un vertice internazionale per il ritorno dei bambini ucraini deportati. «Ogni bambino rapito deve tornare a casa».
La presidente della Commissione ha usato la stessa enfasi simbolica quando ha reso omaggio ai vigili del fuoco greci che hanno contribuito a domare i devastanti incendi nelle Asturie. «Quando le fiamme si sono avvicinate al villaggio di Genestoso, hanno lottato giorno e notte per contenere l’inferno. E alla fine – insieme – hanno domato l’incendio, e il villaggio è stato salvato». Von der Leyen ha chiesto un applauso dell’aula anche per il tenente Nikolaos Paisios, sottolineando il valore della solidarietà europea di fronte a catastrofi comuni. «Tenente, caro Nikolaos, il suo coraggio è un’ispirazione per tutti noi. Per la sua forza, il suo impegno e la sua straordinaria leadership: ευχαριστώ – a lei e alla sua squadra di eroi europei».
Il resto del discorso ha toccato i nodi sociali più sensibili: la lotta alla povertà con una nuova strategia europea entro il 2050, il primo piano per la casa accessibile, un’iniziativa per le auto elettriche economiche prodotte interamente in Europa, un Jobs Act europeo per garantire «lavori di qualità» e misure per affrontare il costo della vita. Tutti temi che rispondono a pressioni crescenti e che mostrano una Commissione attenta a riconnettersi con i cittadini, in un’Europa scossa dall’inflazione e dal malcontento sociale. Infine von der Leyen ha concluso con un appello all’unità e alla difesa dei valori democratici, rilanciando la proposta di un Centro europeo per la resilienza democratica e un nuovo programma di sostegno ai media indipendenti.
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