Il TAR su pronuncia sul diniego di conoscere il nominativo del segnalante

Settembre 29, 2025 - 19:00
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Il TAR su pronuncia sul diniego di conoscere il nominativo del segnalante

lentepubblica.it

La sezione IV del TAR Veneto, con la sentenza 24 settembre 2025 numero 1610, respinge una richiesta di conoscere il nominativo del sottoscrittore di un esposto, mancando nella richiesta una motivazione valida, ossia fondata su elementi di interesse e non su generici aspetti non meritevoli di tutela. Focus a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca.


Il diritto di accesso

In effetti, l’interesse che giustifica l’accesso ai documenti amministrativi può consistere in una qualunque posizione soggettiva che si configura in un rapporto di strumentalità con la documentazione di cui si chiede l’ostensione, da cui si può ritenere che il rapporto di strumentalità deve rilevarsi dalla motivazione enunciata nella richiesta di accesso, motivazione che consente di apprezzare la coerenza di tale interesse con gli scopi alla cui realizzazione il diritto di accesso è preordinato.

Inoltre, la legittimazione all’accesso non può essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata, sicché, una volta accertato il collegamento tra l’interesse e il documento, ogni ulteriore indagine sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale ovvero sull’esistenza di altri strumenti di tutela eventualmente utilizzabili è del tutto ultronea [1].

Il diritto di accesso non soffre, infatti, limitazioni se non quelle espressamente previste con legge o, comunque, in base a legge e non è, in particolare, soggetto ad applicazioni interpretative, manipolative o, comunque, riduttive ad opera dell’Autorità atteso che ogni Amministrazione è tenuta a dar seguito all’istanza del privato, mediante l’esibizione o la consegna di copia di quella documentazione precisamente richiesta, salvo che non ricorrano le tassative circostanze legislativamente previste per differirne ovvero negarne l’accesso [2].

Il diritto di accesso all’esposto

In generale, con riferimento ai procedimenti che danno avvio (c.d. atto d’impulso o di sollecito) ad un accertamento/controllo/ispezione il soggetto che subisce il procedimento ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti utilizzati dall’Amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza, compresi gli esposti e le denunce che hanno determinato (per l’appunto) l’attivazione di tale potere, non ostandovi neppure il diritto alla riservatezza, che non può essere invocato quando la richiesta di accesso ha ad oggetto il nome di coloro che hanno reso denunce o rapporti informativi nell’ambito di un procedimento ispettivo, giacché al predetto diritto alla riservatezza non può riconoscersi un’estensione tale da includere il diritto all’anonimato di colui che rende una dichiarazione a carico di terzi, tanto più che l’ordinamento non attribuisce valore giuridico positivo all’anonimato [3].

Si giunge a sostenere che l’esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell’Amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale e il denunciante perde il controllo sulla propria segnalazione che diventa un elemento nella disponibilità della stessa Amministrazione, non vantando un diritto all’anonimato: il principio di trasparenza rifiuta soluzioni che impediscano in via generale a un soggetto interessato di conoscere i contenuti di un esposto [4].

A ben vedere, tuttavia, l’esposto può limitarsi ad una richiesta di attivazione dei poteri di controllo, senza aggiungere altri elementi valutativi, ossia una segnalazione su alcuni fatti avvenuti che potrebbero costituire illecito, inducendo l’Amministrazione preposta a svolgere un’attività istruttoria, che dall’esposto prende lo spunto per verificare una situazione con più attenzione, nel senso di svolgere un controllo concreto: ad esempio, in materia edilizia l’esposto, anche anonimo [5], è utilizzabile quale impulso al fine di accertare d’ufficio la presenza di abusi, per cui deve assegnarsi valore probatorio unicamente alle risultanze del sopralluogo (non, quindi, all’esposto), eseguito da soggetti qualificabili quali pubblici ufficiali (da ciò il valore di fede privilegiata, ovvero sino a querela di falso, ex art. 2700 c.c., da assegnarsi a tali risultanze) [6].

Fatto

Nella sua essenzialità, il ricorrente chiede di conoscere il nominativo del segnalante e il contenuto delle segnalazioni pervenute alla PA, a seguito delle quali sono stati avviati a suo carico due procedimenti, amministrativo e penale, in relazione ad ipotetiche condotte di pratica venatoria illecita.

L’Amministrazione opponeva il segreto istruttorio, in quanto gli atti erano oggetto di indagine del pubblico Ministero e della Polizia Giudiziaria, anche su delega all’Amministrazione, donde il divieto di divulgazione (ai sensi dell’art. 329 del cod. proc. pen.), osservando – in sede di difesa – l’assenza di una giustificazione (c.d. strumentalità), la conclusione del procedimento amministrativo sanzionatorio, l’avvenuto accesso al fascicolo d’indagine, relegando l’esposto a mero atto sollecitatorio privo di rilevanza autonoma.

Seguiva conclusione delle indagini e la formulazione di una nuova richiesta; richiesta negata, invitando l’interessato alla consulta del fascicolo di indagine.

A fronte di questa ulteriore rigida posizione di tutela, il richiedente ricorre al GA per l’annullamento del diniego, con l’accertamento dell’autore dell’esposto in considerazione dei fatti, ipotizzando (quale onere motivazionale) che l’autore/autori «si possano essere appostati presso la sua casa di abitazione o addirittura nell’abitazione stessa, e questo lo legittimerebbe a conoscere in quali termini ciò sia avvenuto anche per evitare future intrusioni di malintenzionati».

Merito

Il ricorso viene respinto, osservando che il giudizio, ex art. 116 del cod. proc. amm., avverso il diniego dell’accesso ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto medesimo: aspetto del tutto assente (una carenza della sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, ex art. 22, comma 1°, lett. b), della legge n. 241/1990) [7].

Fatta questa premessa di inquadramento e di sostanza si constata che la richiesta del privato:

  • non rappresenta le ragioni giuridiche meritevoli di tutela che consentirebbero l’ostensione dei dati richiesti, limitandosi a formulare un’esigenza a «conoscere la fonte da cui sono stati effettuati gli accertamenti stante l’incidenza nella sfera giuridica dello stesso» (ragioni generiche e mancanza di nesso di strumentalità);
  • ne deriva che risulta assente il presupposto per l’ottenimento dell’accesso: manca di precisare la natura del suo interesse e al rapporto di strumentalità, che pur deve sussistere tra la conoscenza dell’autore o del contenuto dell’esposto e la situazione finale che l’istante intenderebbe tutelare;
  • di converso, l’esposto non ha avuto una incidenza sulla sfera giuridica del ricorrente, essendo esso in rapporto di mera occasionalità rispetto all’attività ispettiva e/o accertativa posta dall’Amministrazione, peraltro conclusa sia in sede penale che amministrativa, con il pagamento della sanzione.

La segnalazione

Il giudice di prime cure, conferma l’orientamento in tema di diritto di accesso agli esposti e agli atti di impulso che abbiano dato origine a verifiche, ispezioni o altri procedimenti di accertamento di illecito a carico di privati, evidenziando la presenza di due orientamenti:

  • il primo contrario a che sia reso noto il nome dell’autore della denuncia;
  • il secondo favorevole all’accesso alle segnalazioni, al di fuori di particolari ipotesi in cui il denunciante potrebbe essere esposto ad azioni discriminatorie o indebite pressioni e comunque limitatamente ai casi in cui emerga chiaramente la strumentalità della conoscenza degli atti per la difesa dell’interessato [8].

L’esposto del whistleblower si presenta come un atto diretto a sollecitare un’attività di controllo della PA, ossia una funzione istituzionale propria, il cui contenuto (fondatezza) è del tutto giuridicamente irrilevante in relazione agli atti successivamente adottati dalla Amministrazione comunale, dimostrando il rapporto di mera occasionalità rispetto all’esercizio (doveroso) dei poteri di controllo della pubblica Amministrazione [9].

Le ragioni di tutela dalle intrusioni

Sotto questo profilo, ovvero le ragioni di tutela della vita privata compromessa da “osservatori” non invitati presso la propria residenza (isolata), il GA esprime un giudizio di irrilevanza, nel senso che tale motivazione non è idonea ad inverare quella situazione giuridicamente rilevante tutelabile con lo strumento dell’accesso documentale: siamo al cospetto di mere congetture del tutto incompatibili con il carattere concreto e non meramente potenziale dell’interesse ostensivo azionato dal privato.

Invero, l’eventuale presenza di reati connessi alla presunta violazione di domicilio piuttosto che di interferenze illecite nella vita privata, il ricorrente dovrà rivolgersi con apposite denunce, querele o segnalazioni alle Autorità pubbliche, competenti in via esclusiva alla repressione di tali forme di illeciti, anche facendo riferimento agli esposti e sollecitando le indagini da parte degli organi competenti, segnalando gli strumenti per scongiurare ingressi abusivi nella proprietà: le più comuni misure di sicurezza valevoli per tutti i potenziali malintenzionati (recinzioni, cancellate od offendicula).

Proiezioni

Il ricorso viene rigettato non sussistendo un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza ed ostensione dell’esposto e parimenti del nominativo dell’esponente.

In termini diversi, l’identificazione dell’autore della segnalazione non è funzionale all’esigenza difensiva della parte privata, confermando che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto [10].

L’esposto ha consentito l’accertamento di un illecito, illecito fondato su autonomi atti di ispezione dell’Autorità amministrativa, attribuendo alla segnalazione il solo effetto di sollecitare il promovimento d’ufficio del procedimento, senza acquisire efficacia probatoria, con la conseguenza, di regola, che per il destinatario del provvedimento finale non sussiste la necessità di conoscere il contenuto dell’esposto al fine di difendere i propri interessi giuridici, a meno che non siano rappresentate particolari esigenze: ciò, del resto, corrisponde al fatto che, di fronte al diritto alla riservatezza del terzo, la pretesa di conoscenza dell’esposto da parte del richiedente, se svincolata dalla preordinazione all’esercizio del diritto di difesa, acquista un obiettivo connotato ritorsivo che l’ordinamento non può tutelare.

Diversamente, quando l’esposto contiene elementi istruttori o probatori si presenta la necessità della conoscenza del documento (c.d. astratta pertinenza), avverando il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica “finale”, nel senso che l’ostensione del documento (di segnalazione) deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite – in questo senso strumentale – per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica “finale” controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio.

Note

[1] Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2020, n. 1664.

[2] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1832.

[3] Cons. Stato, sez. III, 6 maggio 2025, n. 3828.

[4] Cons. Stato, sez. V, 9 maggio 2024, n. 4150; TAR Lazio, Roma, sez. II, 12 gennaio 2023, n. 538.

[5] Gli elementi contenuti nelle denunce anonime possono stimolare l’attività di iniziativa del pubblico ministero e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una notitia criminis, Cass. pen., sez. VI, 22 aprile 2016, che ha ammesso l’utilizzabilità dell’anonimo esclusivamente come mero atto di impulso investigativo per verificare l’esistenza di una notitia criminis.

[6] TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 23 ottobre 2018, n. 10268.

[7] Sono definiti interessati all’accesso non tutti i soggetti indiscriminatamente, ma soltanto i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 2024, n. 575.

[8] Vengono in rilievo anche le esigenze di tutela della riservatezza del terzo, che potrebbero essere pregiudicate da un accesso documentale indiscriminato, esponendo inutilmente l’autore della segnalazione a forme di curiosità, svincolate da obiettive ragioni giuridiche, o a fenomeni di carattere ritorsivo, che l’ordinamento giuridico non può tollerare, Cons. Stato, sez. IV, 30 ottobre 2024, n. 8651 e sez. VI, 24 novembre 2014, n. 5779.

[9] La segnalazione è meramente sollecitatoria dell’esercizio della funzione amministrativa di controllo e di verifica che compete alla PA; la conoscenza degli atti relativi a quest’ultima fase soddisfano, di norma, l’interesse conoscitivo del richiedente, Cons. Stato, sez. III, 1° marzo 2021, n. 1717.

[10] Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1492; Cons. Stato, Ad. plen., 24 aprile 2012, n. 7.

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