Irpef: la trappola fiscale che soffoca il ceto medio

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Il dibattito sulla prossima Manovra vede, ancora una volta, al centro l’Irpef, il pilastro delle entrate fiscali italiane, che rappresenta all’incirca il 40% del gettito erariale: tuttavia l’evasione fiscale su questo balzello è talmente alta da trasformarsi in una trappola fatale per il ceto medio.
I numeri però raccontano una situazione paradossale: pochi pagano per tutti, mentre la politica discute di ritocchi marginali senza affrontare i nodi strutturali.
L’Osservatorio sulle dichiarazioni fiscali, realizzato dal Centro Studi Itinerari Previdenziali con il sostegno di Cida, fotografa un’Italia che, sebbene sia parte integrante del G7, non assomiglia affatto a un’economia avanzata. Su 42,6 milioni di contribuenti, appena 11,6 milioni (il 27% del totale) garantiscono da soli il 76,87% dell’intero gettito Irpef. Tutti gli altri – circa 31 milioni di persone – contribuiscono ad appena il 23,13% delle entrate, pur beneficiando di servizi essenziali come sanità, assistenza e istruzione.
Irpef: una vera e propria trappola fiscale per il ceto medio
Il dato più sconcertante riguarda la distribuzione dei redditi: quasi la metà degli italiani dichiara meno di 10mila euro lordi l’anno. Oltre 1,18 milioni di contribuenti – in crescita di 170mila unità rispetto all’anno precedente – segnalano un reddito nullo o addirittura negativo, dunque non versano né tasse né contributi. Eppure, nonostante Pil e occupazione abbiano mostrato segnali di ripresa, il 43,15% della popolazione resta privo di qualsiasi entrata personale, vivendo a carico di altri.
Il presidente di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, solleva un dubbio particolarmente pregnante: “È davvero credibile che quasi la metà degli italiani viva con circa di 10mila euro lordi l’anno? Una fotografia più vicina a quella di un Paese povero che di uno Stato membro del G7, e che parrebbe oltretutto poco veritiera guardando a consumi e abitudini di spesa degli italiani”. Un modo elegante per dire che, dietro quei dati, si aggira sempre lo spettro dell’evasione fiscale.
Del resto, anche dare una definizione di “ceto medio” non è semplice: per l’Ocse si colloca tra i 18mila e i 50mila euro di reddito familiare annuo, per la Banca d’Italia si estende fino a 75mila, mentre la soglia mediana italiana si aggira intorno ai 25mila euro. A prescindere, però, dai parametri, chi appartiene a questa fascia si trova a sostenere da solo la maggior parte del peso del fisco nazionale.
La Manovra 2026: promesse e vincoli
In questo scenario, il Governo si barcamena tra esigenze di equità e rigidità dei conti pubblici e la misura più concreta allo studio riguarda la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33%, destinata a chi guadagna fino a 50mila euro. Il problema, però, è sempre lo stesso, ossia le coperture finanziarie, visto che servono almeno 10 miliardi di euro.
Parallelamente, il Governo valuta nuove misure a favore delle famiglie con figli: detrazioni dedicate, un nuovo modello Isee, incentivi per l’acquisto di libri scolastici e un maggiore riconoscimento del ruolo dei caregiver. Il Forum delle Associazioni Familiari insiste da tempo per una riforma che colleghi il prelievo fiscale al numero dei figli, ma la strada appare in salita.
Rottamazione, energia e Pnrr: i nodi collaterali
Intanto la Lega continua a spingere per la rottamazione delle cartelle esattoriali che, secondo il relatore Massimo Garavaglia, rappresenta una certezza. Rispetto all’ipotesi originaria, che prevedeva fino a 120 rate in 10 anni, la misura sarà più contenuta.
Intanto, il Documento programmatico di finanza pubblica, atteso in Consiglio dei ministri, rappresenta il passaggio obbligato per capire quale margine avrà l’esecutivo. All’ordine del giorno potrebbero comparire anche la proroga di Arera e alcune modifiche tecniche al decreto energia, comprese quelle sulle aree idonee.
Pochi pagano per tutti
Di fronte a questi numeri e a queste promesse, parlare di aliquote e detrazioni, senza toccare il nodo centrale dell’evasione, significa rinunciare a un sistema equo. La conseguenza è che il ceto medio continuerà a essere spremuto, mentre chi dichiara redditi bassissimi – reali o presunti – resterà fuori dal perimetro del contributo collettivo.
Troppi cittadini non pagano e pochi sostengono tutti. In un Paese dove quasi metà della popolazione dichiara redditi da povertà, l’ingiustizia non è solo fiscale, ma sociale.
Se non si ha il coraggio di mettere mano all’evasione, di premiare chi produce ricchezza e di redistribuire il carico in modo proporzionato, la prossima Manovra non sarà una riforma, ma solo l’ennesima toppa su un sistema che rischia di implodere. E a pagare, ancora una volta, sarà il tanto subissato ceto medio.
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