Lo scetticismo sul piano di Donald Trump per Gaza

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La recente proposta dell’amministrazione guidata da Donald Trump per Gaza solleva numerosi interrogativi sulla sua effettiva praticabilità e sulle reali prospettive di successo. Questo il giudizio dell’associazione Codici, che esprime scetticismo sulla soluzione Usa.
Il piano — strutturato in circa 20 punti — promette un cessate-il-fuoco immediato condizionato alla resa di Hamas, il rilascio degli ostaggi, la smilitarizzazione della Striscia, un periodo transitorio di governo internazionale,con ruoli di figure come lo stesso Trump e Tony Blair citati pubblicamente, e un vasto programma di ricostruzione e “rilancio economico” di Gaza, anche con progetti pubblici-privati per infrastrutture e turismo. Alcuni punti lasciano però vaste lacune operative e legali.
Le criticità
Il piano è dichiaratamente centrato sulla “deradicalizzazione” e sulla sicurezza, con forti richieste di smilitarizzazione a Hamas, ma offre poche garanzie concrete per i diritti politici e di autodeterminazione dei palestinesi (ad esempio sul ritorno dei profughi o su uno status politico duraturo).
L’idea di una forza internazionale o di un’autorità transitoria guidata/fortemente influenzata da attori esterni solleva problemi di sovranità e potrebbe configurare una sorta di occupazione prolungata o tutela esterna, con limitata partecipazione palestinese. Critici parlano di “occupazione mascherata” se non ci sono chiare scadenze e garanzie di restituzione della sovranità.
Molti passaggi sono generici: come saranno verificati il disarmo, la rimozione di ordigni e la sicurezza a lungo termine? Chi controllerà il territorio durante la transizione e con quale mandato legale? L’assenza di risposte chiare mette a rischio applicabilità e responsabilità.
Lo scetticismo dell’Associazione Codici sul piano di Donald Trump per Gaza
“Pur riconoscendo l’importanza di qualsiasi iniziativa volta a risolvere la crisi umanitaria e politica nella Striscia – dichiara Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici –, non possiamo ignorare le criticità evidenti del piano. Stando a quanto emerso finora, le proposte appaiono carenti sotto diversi profili.
In particolare, restano da chiarire aspetti fondamentali come le garanzie di sicurezza per tutte le parti coinvolte e la governance futura del territorio. Desta particolare preoccupazione l’approccio che privilegia soluzioni economiche e infrastrutturali senza un contestuale processo politico credibile.
La storia ci insegna che stabilità duratura e sviluppo economico non possono prescindere da un accordo politico complessivo che risponda alle aspirazioni legittime di entrambi i popoli. Inoltre, l’assenza di un coinvolgimento significativo della comunità internazionale e delle Nazioni Unite nel processo di implementazione rischia di minare fin dall’inizio la sostenibilità di qualsiasi risultato.
Auspichiamo che si proceda con un approccio realistico e inclusivo, in grado di costruire le basi per una pace giusta e duratura”.
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