La bulimia di potere di Meloni accende lo scontro con Salvini in Veneto

Settembre 4, 2025 - 22:00
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La bulimia di potere di Meloni accende lo scontro con Salvini in Veneto

Dopo quasi tre anni di governo, Giorgia Meloni ha tantissimo, quasi tutto. Ma non le basta. Una bulimia che innervosisce lei per prima, assalita da un’ansia di pescare il più possibile nel lago del potere. Forse nemmeno Silvio Berlusconi aveva questa concentrazione di leve tra le mani: era il dominio sulle tv e la formidabile forza economica che davano questa idea, ma il fondatore di Forza Italia aveva contro di sé diversi pezzi dello Stato, a partire dalla magistratura per finire ai sindacati e alle forze dell’opposizione di allora, che era un po’ meglio di questa di oggi.

Meloni ha tutti ai suoi piedi. Dalla Rai interamente dominata alle banche, dove sta tentando il più clamoroso azzardo di sempre con l’offensiva caltagironiana su Mediobanca e poi su Generali, fino a pezzi di potere economici e persino sindacali (altra differenza con Berlusconi), e ovviamente ha un Parlamento da lei controllato. Non ha grandissimi problemi con i due partiti alleati, che sono molto più piccoli del suo, né con la Corte costituzionale né con il Consiglio superiore della magistratura.

Le manca, e prima o poi bisognerà riparlarne, il Quirinale, che forse in questa fase è più indispettito con il Partito democratico che con la presidente del Consiglio. Ma il Colle mancava anche a Berlusconi, e anzi Oscar Luigi Scalfaro e Giorgio Napolitano furono per lui ossi ben più duri. Dunque, Giorgia dovrebbe essere soddisfatta. Invece no.

Nella sua mentalità, che non è certo esente da un riflesso totalitario della politica e del potere, lei vuole tutto. Una spia della bulimia meloniana è la trattativa durissima sul Veneto, regione leghista da decenni, ove adesso c’è problema di sostituire Luca Zaia, un leghista sui generis ma pur sempre un leghista, che senza tante discussioni dovrebbe lasciare in eredità al suo partito quella regione.

E invece, complice il fatto che la Lega non dispone di grandi nomi, la presidente del Consiglio si è infilata pesantemente in quella trattativa perché al Nord Fratelli d’Italia non guida nessuna Regione, e per Meloni questo è un affronto. Lei non vuole lasciare nemmeno le briciole, figuriamoci il Nord: dunque Veneto a noi! È un’impuntatura irragionevole, e infatti non riescono a risolvere la questione.

Il fatto è che la leader di Fratelli d’Italia non è per niente una democristiana, malgrado autorevoli commentatori l’abbiano già iscritta tra i nipotini di Giulio Andreotti se non di Alcide De Gasperi. Ma per favore. La Democrazia cristiana, nel consolidamento della sua centralità, cioè anche nei suoi momenti migliori, dava spazio a tutti gli alleati. Non tenne mai tutto per sé, nemmeno dopo il diciotto aprile del 1948 quando avrebbe potuto. Non lo faceva certo per generosità cristiana, ma per lungimiranza politica, per evitare frizioni che alla lunga avrebbero potuto sedimentare contrasti ingovernabili.

C’era sempre qualcosa pure per l’ultimo dei socialdemocratici. Ma quelli erano i democristiani che si distinguevano «per la risata», come scrisse Gianpaolo Pansa, grande cantore della «Balena bianca»: facevano politica, i dc, con il buonumore di chi, non avendo fretta, sa che prima o poi la storia le darà ragione.

Meloni no, è tutto il contrario. Non avendo dei democristiani né il respiro storico né la cultura pluralista, ha fretta di amalgamare il Paese attorno alla sua figura, che è un tratto tipico dei totalitarismi, molto diverso dal berlusconismo che tutto vuol comprare con la seduzione dei soldi e dei piaceri. No, la presidente del Consiglio non vuole sedurre il Paese: vuole controllarlo.

Sospettosa com’è, vuole gente fidata intorno che le guardi le spalle, e vuole occupare ogni spazio, dal pre-serale su RaiUno alla più grande compagnia assicurativa: tutto e subito, come si diceva nel Sessantotto ma in ben altro senso.

Gli altri più o meno la lasciano fare, ma questo non la calma: sa di poter perdere il controllo dei nervi ogni momento e infatti evita la stampa e gli incontri pubblici per non comunicare l’ansia da prestazione che la pervade. E chissà se, in questo correre a perdifiato nel labirinto del potere, Giorgia Meloni non cominci a sentire una qualche paura di smarrirsi.

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Redazione Redazione Eventi e News