La forza civile dell’Ucraina che resiste, mentre l’Europa si abitua alla guerra

Siamo tornati dal Giubileo della Speranza in Ucraina, iniziativa umanitaria del Mean, Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, tra Kyjiv e Kharkiv. Eravamo centodieci attivisti provenienti dal mondo della società civile, dei media, dell’amministrazione pubblica, rappresentanti di trentacinque associazioni, tra cui Sale della Terra, Associazione nazionale comuni italiani, Fondazione Gariwo, Azione Cattolica e Base Italia. La missione è stata costruita insieme alla società civile ucraina nel corso dell’ultimo anno, al fine di dare concretezza a progetti e collaborazioni su quelle che sono le necessità di un Paese martoriato.
A Kyjiv, insieme al nunzio apostolico in Ucraina, mons. Visvaldas Kulbokas, che ci ha offerto grande sostegno nell’organizzazione complessiva, abbiamo vissuto uno struggente momento di riflessione e scambio a Piazza Indipendenza, ricordando le vittime dell’invasione.
Insieme a lui e ai vescovi cattolico, greco cattolico e ortodosso, ci siamo riuniti anche al cimitero di Kharkiv, in onore dei caduti della guerra. Sempre nella capitale si è incontrata Alyona Horova, presidente dell’Istituto per la pace e la comprensione ucraina, e una rappresentanza dell’Associazione nazionale anticorruzione: temi, giustizia riparativa e gestione dei conflitti, ribadendo ancora una volta il peso dell’associazionismo dal basso nella generazione di processi che conducano a occasioni tangibili di cooperazione e supporto.
A Kharkiv, esposti sul fronte orientale, a poche decine di chilometri dal confine russo, ci siamo confrontati, tra gli altri, con il vertice dell’Università – dallo scoppio dell’invasione chiusa per sole due settimane, nonostante i ventiquattro attacchi subiti e la continua distruzione. Si è poi proseguita la generazione di gemellaggi tra sindaci italiani e ucraini, oltre che la discussione con lavoratori e imprese del progetto «Risetogether», nato per sostenere la ricostruzione del tessuto produttivo della regione di Kharkiv.
La società civile ucraina, oltre a dimostrare coraggio e forza incredibili, è veramente sorprendente in quanto a soluzioni creative e funzionali, anche a sostegno delle stesse forze militari e in collaborazione con queste. Il quadro che ne esce fuori è l’immagine di persone meravigliosamente coese verso la libertà e contro i soprusi, sfidando i problemi con intelligenza e senso pratico e innovativo.
Tornando da Kyjiv e diretti verso il confine polacco, all’altezza di Leopoli abbiamo vissuto quello che è stato il peggior attacco dall’inizio dell’invasione russa nell’area, dove raramente droni e missili riescono a raggiungere il profondo ovest del Paese. L’attacco ha riguardato molte altre aree dell’Ucraina, tramite missili da crociera x101, ipersonici Kinzahl e bombe a grappolo. Nei pressi della stazione ci siamo imbattuti in pesanti e continue esplosioni, che continuamente illuminavano i cieli.
Da quel che abbiamo appreso, grazie alle fondamentali app di allarme con cui convivono gli ucraini, i bombardamenti sono iniziati a ovest di Kyjiv, nell’Oblast di Zytomyr, seguiti a Rivne e soprattutto a Leopoli, appunto. Il treno si è fermato qui per circa due ore, attendendo che la situazione si attenuasse: siamo dovuti rimanere a bordo, perché il personale, in contatto con le forze armate, lo riteneva più sicuro.
Tra boati dei missili e ronzio dei droni, la resistenza della contraerea ucraina è stata decisiva anche per noi. Ora stiamo bene, siamo in Italia dopo essere arrivati in Polonia, ma non siamo noi i protagonisti della storia: gli ucraini vivono ancora, e sempre, nel terrore quotidiano, da almeno milletrecento giorni, per il solo guardare all’Europa e per il desiderio di farne parte.
Abbiamo provato quello che si vive lì sempre, ovvero convivere col terrore addosso, col perdere i propri cari, di dover fuggire, di vedersi esplodere la propria abitazione.
Spero che gli eventi e la risonanza mediatica che stiamo ottenendo aiutino almeno a chiarire ciò, il punto inaccettabile è come questa sia diventata accantonata quotidianità. Che serva a svegliare negazionisti di tutti i colori e coloro i quali avvelenano il dibattito di dubbi e falsità. Abbiamo visto, in queste giornate, edifici distrutti, incendi, quartieri al buio, residenti costretti nei rifugi. Abbiamo anche avuto paura, diluendola però nella condivisione del toccare con mano, nell’esperienza reale.
Non c’è nemmeno più spazio per equidistanze equivoche e tiepidume: davanti al genocidio degli ucraini e al terrore diventato ordinarietà, mi porto dietro l’ammirazione per le persone, che, nonostante allarmi e bombe giornaliere e notturne, riescono a trovare sempre il motivo per andare avanti, nella bellezza verso la speranza, con l’orgoglio della resistenza. Gloria all’Ucraina e al suo popolo immenso; per sempre libero.
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