Le auto del futuro dovranno essere poche, piccole ed elettriche

Settembre 12, 2025 - 18:00
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Le auto del futuro dovranno essere poche, piccole ed elettriche

L’automotive, riprendendo le parole di Ursula von der Leyen durante il suo discorso sullo stato dell’Unione, è «un pilastro della nostra economia e della nostra industria». Si tratta però di un pilastro ammaccato e traballante per colpa di un intricato insieme di fattori: i costi dell’energia in aumento, l’assenza di una politica industriale in grado di accogliere con tempismo le norme ambientali di Bruxelles, il calo della domanda, la concorrenza della Cina, la scarsità di materie prime interne. 

Negli ultimi mesi, l’equazione si è arricchita con i dazi statunitensi che, salvo stravolgimenti, passeranno dal 27,5 per cento al quindici per cento per quanto riguarda le auto europee e la relativa componentistica. Troppo facile, insomma, puntare il dito esclusivamente su target climatici (come il phase out dal motore termico dal 2035) pensati per elettrificare e decarbonizzare un settore altamente inquinante. La produzione automobilistica italiana ha avuto il suo picco nel 1989 (1.971.969 autovetture prodotte), dunque ben prima della transizione all’elettrico, cominciata verso il 2018. Negli anni Novanta si è innescato un crollo che ha portato il nostro Paese a produrre solo 310mila autovetture nel 2024, il 42,8 per cento in meno rispetto al 2023. Lo stesso fenomeno è visibile in altre (ex?) potenze industriali europee come la Germania. 

La presidente della Commissione europea sa che la principale barriera all’acquisto delle auto elettriche è di natura economica: «Milioni di europei vogliono comprare auto europee a prezzi ragionevoli», ha detto prima di annunciare la ricetta per creare una e-car completamente made in Europe: «Dobbiamo investire in veicoli piccoli e poco costosi, per andare incontro tanto al mercato europeo quanto all’impennata della domanda mondiale. Proporremo quindi all’industria di collaborare a un’iniziativa su auto di piccole dimensioni a prezzi contenuti». 

Stando al nuovo report dell’International council on clean transportation (Icct), la produzione dell’Ue di auto elettriche a batteria ha raggiunto quota 2,35 milioni alla fine del 2024 (80.571 nel 2015); nella prima metà di quest’anno, in Europa, i modelli full electric rappresentavano una quota di mercato media pari al diciassette per cento. Sono numeri accettabili in mezzo alla tempesta, ma la sostenibilità – ambientale, economica, sociale – di questo settore è ancora un’utopia. Perlomeno nel nostro continente. 

Per fare un salto di qualità, l’automotive europeo dovrebbe puntare sulla caratteristica menzionata da Ursula von der Leyen: la dimensione del veicolo. Si tratta di un tema cruciale ma spesso sottovalutato anche per ragioni culturali. Non a caso, l’unico modello che non conosce crisi è il Suv: più della metà delle auto immatricolate oggi in Italia e in Europa appartiene a questa categoria. 

In più, come certifica un recente studio di Transport & Environment (T&E), nel 2024 l’altezza media della parte anteriore delle auto era di 83,8 centimetri, contro i 76,9 del 2010. L’incremento più significativo è stato registrato in Italia: dai 76,3 centimetri del 2010 ai quasi ottantacinque del 2024. È il fenomeno della “car obesity”, che le aziende europee non riescono più a sostenere a livello produttivo. Le nostre macchine sono sempre più grandi, inquinanti, performanti e pericolose: una crescita di dieci centimetri dell’altezza della parte anteriore dell’auto (da ottanta a novanta centimetri) aumenta del ventisette per cento il rischio di morte per le persone a piedi e in bici. 

L’Ue si è accorta, con anni di ritardo, che per dare un futuro all’automotive europeo è necessario produrre veicoli più piccoli e, conseguentemente, più economici anche per il consumatore finale. Già nel 2023, Transport & Environment parlava dell’impatto positivo di questa svolta in termini di risparmio di materie prime – litio, terre rare, rame, nichel, cobalto, manganese e molto altro – e di scollamento dall’economia cinese.

Secondo l’organizzazione non profit specializzata in trasporti sostenibili, una politica europea che incentivi la produzione di piccoli veicoli elettrici entry-level (a prezzi accessibili) potrebbe ridurre la nostra domanda di materie prime «critiche» del trentasei-quarantanove per cento. Il concetto, in fondo, è semplice, ma ancora difficile da recepire per le case automobilistiche e la politica: più il veicolo è grande, più sarà costoso e impegnativo da produrre (con ricadute negative sul prezzo finale).

Transport & Environment

Le auto elettriche più compatte riescono a ospitare batterie più semplici ed economiche, essendo costruite con meno materiali e sostanze chimiche. Per questo, sottolinea Transport & Environment, bisognerebbe incentivare la produzione europea di nuove tecnologie come le batterie al litio-ferro-fosfato (Lfp) e agli ioni di sodio, meno complesse e più sostenibili da realizzare. 

Contemporaneamente, spiega T&E, le «misure nazionali dovrebbero includere incentivi fiscali per stimolare il mercato delle auto elettriche più piccole, mentre a livello europeo sono necessari standard di efficienza delle batterie e obblighi per le case automobilistiche a produrre modelli entry-level». Tutto ciò deve essere accompagnato dal potenziamento del trasporto pubblico e della mobilità attiva, anche attraverso infrastrutture adeguate che riescano a disincentivare l’uso dell’auto privata. 

«L’Europa deve elettrificare l’intera flotta entro il 2050, ma ciò comporterà un aumento della domanda dei metalli per le batterie. Se vogliamo non ripetere gli errori della nostra dipendenza insaziabile dal petrolio, l’efficienza delle risorse deve svolgere un ruolo importante. Le auto elettriche più piccole non sono solo una necessità ambientale, ma anche una solida politica economica e industriale», spiega Julia Poliscanova, senior director del comparto Vehicles & E-Mobility Supply Chains di T&E. 

Un altro aspetto da considerare è il numero medio di passeggeri per auto, che è sempre inferiore a due. Si tratta di una cifra in linea con la capacità di trasporto dei veicoli di piccole dimensioni. Le nostre città sono colme di Suv che ospitano, nel migliore dei casi, due persone per ogni tragitto; la parte posteriore del veicolo è spesso vuota e, nei fatti, occupa spazio che potrebbe essere utilizzato in modo più funzionale. 

Nel 1997, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, il dato sul numero medio di passeggeri per viaggio in auto oscillava tra l’1,6 e il 2 per gli spostamenti «travel and leisure», tra l’1,4 e l’1,7 per i «family trip» e tra l’1,1 e l’1,2 per gli spostamenti casa-lavoro. Tra il 2010 e il 2022, stando a un report del dipartimento per la Mobilità e i Lavori pubblici della regione belga delle Fiandre, il numero medio di occupanti per ogni auto si aggirava intorno a quota 1,8 persone, ma negli ultimi anni è leggermente calato (1,78). Restringendo il campo, la media di passeggeri nelle 600mila auto che – da fuori – entrano ogni giorno nel Comune di Milano è pari a 1,5. 

Le case automobilistiche europee, stando alle stime di Transport & Environment, torneranno a essere competitive producendo «veicoli elettrici di piccole dimensioni made in Europe». T&E scriveva queste parole nel settembre 2023, per presentare uno studio basato sulle analisi della società di consulenza Syndex. Ieri, due anni dopo, Ursula von der Leyen ha detto esattamente la stessa cosa, indicando la via per la sopravvivenza del settore. 

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