Le ipotesi sulle nuove aliquote IRPEF nella Legge di Bilancio 2026

lentepubblica.it
Il 2026 potrebbe essere un anno spartiacque per il sistema tributario italiano, con un possibile intervento sulle aliquote IRPEF all’interno della nuova Legge di Bilancio: ecco quali sono le ipotesi al vaglio.
La premier, Giorgia Meloni, ha annunciato l’intenzione di prevedere nella prossima Legge di Bilancio – attualmente in fase di definizione, con un’accelerata tra ottobre e dicembre – una revisione delle aliquote Irpef, capace di incidere direttamente sugli stipendi e sulle pensioni di milioni di cittadini.
Il cuore della manovra è un intervento mirato al secondo scaglione, oggi tassato al 35%. L’ipotesi allo studio è quella di abbassarlo al 33% e, contemporaneamente, di estendere la fascia di applicazione fino a 60 mila euro di reddito lordo.
Un’operazione dal costo stimato di circa 4,5 miliardi di euro l’anno, che mira a dare respiro al cosiddetto “ceto medio”, ossia quella parte di popolazione che negli ultimi anni ha subito maggiormente gli effetti dell’inflazione.
Come cambierebbero gli scaglioni
Dopo la riforma del 2025, che ha ridotto le aliquote da quattro a tre (23% per i redditi fino a 28.000 euro; 35% per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 43% per i redditi oltre 50.000 euro), il nuovo assetto proposto dovrebbe essere il seguente:
- 23% fino a 28.000 euro;
- 33% tra 28.000 e 60.000 euro;
- 43% oltre i 60.000 euro.
Questa modifica renderebbe più graduale la progressione fiscale e alleggerirebbe il carico su chi si colloca nelle fasce intermedie.
Quanto si risparmia davvero?
Le simulazioni parlano chiaro:
- un reddito di 30.000 euro potrebbe beneficiare di circa 300 euro netti in più all’anno;
- chi dichiara 35.000 euro avrebbe un vantaggio più contenuto, intorno ai 140 euro;
- con 40.000 euro il beneficio cresce tra i 240 e i 500 euro;
- per i redditi da 55.000 euro il risparmio può arrivare a sfiorare i 940 euro.
È bene precisare, tuttavia, che non si verificherà nessuno stravolgimento degli stipendi. I benefici, infatti, riguarderanno principalmente i redditi vicini alla soglia di 60 mila euro.
Le analisi, inoltre, mettono in luce un aspetto meno immediato: per chi guadagna tra i 29 e i 35 mila euro, l’effetto combinato tra il taglio del cuneo e la nuova aliquota potrebbe addirittura tradursi in un saldo meno vantaggioso, con buste paga che in alcuni casi rischiano di risultare più leggere.
La situazione si presenta invece più favorevole per pensionati e lavoratori autonomi, che beneficerebbero di incrementi netti più costanti già dalle fasce inferiori.
La questione delle coperture
Sostenere questa riforma richiederà ingenti risorse, ovvero circa 4 miliardi di euro. Il governo punta a finanziare l’intervento attraverso una combinazione di strategie, che vanno dal potenziamento della lotta all’evasione alla revisione delle agevolazioni fiscali non più considerate prioritarie. Non mancano voci critiche che suggeriscono di limitare la misura ai redditi fino a 50 mila euro, così da ridurre l’impatto sui conti pubblici.
Lo scontro politico
Il tema è fortemente divisivo. Fratelli d’Italia e Forza Italia difendono il taglio dell’Irpef come strumento di sostegno al lavoro e alla produzione. La Lega, invece, insiste per accompagnare la misura con una nuova rottamazione delle cartelle fiscali. Il vicepremier Tajani ha avanzato altre proposte, come l’esenzione fiscale sugli straordinari e sui premi di produzione, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare i redditi più bassi e trasformarli in salari da “ceto medio”.
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