L’immaturità politica di Macron consegna la Francia al bipopulismo

Settembre 11, 2025 - 11:00
 0
L’immaturità politica di Macron consegna la Francia al bipopulismo

Non è facile comprendere le dinamiche della situazione politica francese, tanto sono caotiche e anche straordinariamente rigide. Questo perché non solo l’estrema destra di Marine Le Pen e l’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon sono imbevute di rigidi ideologismi dogmatici, ma soprattutto perché l’ideologismo dogmatico ha contagiato sia i socialisti sia i neogollisti – che sono in crisi, ma continuano a essere molto radicati sul territorio, tanto che hanno il controllo del Senato, eletto dalle autonomie locali. La mancanza di flessibilità e di capacità di gioco politico fa sì che i partiti francesi si muovano solo obbedendo a ripetitivi schemi astratti, e non riescano più a incidere politicamente. Men che meno, i partiti francesi sono in grado di ragionare, a fronte di una profonda crisi economica, nei termini di governi di unità nazionale (e naturalmente neanche di “governi tecnici” all’italiana).

Ma se si applicano i principi generali della politica, e si guarda alla storia recente, il quadro si semplifica. Soprattutto, non è difficile indicare le maggiori responsabilità politiche del caos attuale. In primis quelle del presidente Emmanuel Macron.

In breve, dopo due presidenze mediocri, quella di Nicolas Sarkozy, neogollista, e quella di François Hollande, socialista, nel 2017 il giovanissimo Emmanuel Macron è stato eletto presidente perché è stato capace di fagocitare larghissima parte dei voti sia dei neogollisti sia dei socialisti. La sua proposta vincente era totalmente priva di scorie ideologiche (pesantissime tra i socialisti francesi) e impregnata di una visione assieme liberale, centrista e progressista. Ma tutto aveva, Emmanuel Macron, tranne che un partito radicato nel Paese: la sua organizzazione, prima denominata “La République En Marche” e poi “Renaissance”, si reggeva e si regge solo sul radicamento territoriale di qualche decina di notabili, vuoi neogollisti, vuoi socialisti, legati personalmente al presidente.

Dopo un primo mandato non eccezionale, segnato sul piano interno da clamorose proteste sociali e sindacali – i gilet gialli, la rivolta delle banlieue, gli scioperi vincenti contro la riforma delle pensioni – e caratterizzato da uno sfondamento disastroso delle finanze pubbliche, Emmanuel Macron è stato comunque agevolmente confermato una seconda volta nel 2022 essenzialmente perché contrapposto nel secondo turno a Marine Le Pen, ennesima conferma della tenuta del “Front républicain”.

In quelle elezioni però era apparso un fenomeno nuovo: l’emergere di quel consistente bipolarismo ultrapopulista tra estrema destra ed estrema sinistra che Linkiesta da anni definisce “bipopulismo”. Se si sommano infatti i voti ottenuti tre anni fa dal Rassemblement National di Marine Le Pen e quelli della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon si arriva a un solido 45,1 per cento.

Il tutto mentre anche la Francia risente del fallimento del “modello Angela Merkel”, che la cancelliera aveva imposto a tutta l’Europa durante i lunghi sedici anni dei suoi governi. A causa dell’invasione russa dell’Ucraina, infatti, è saltato il vantaggio strategico dell’energia a bassissimo costo fornita dalla Russia; è entrato in crisi l’assorbimento delle massicce esportazioni in Cina; e non sono stati più governabili, con fenomeni di rigetto destrorso da parte degli strati popolari, gli eccessivi ingressi di immigrati che non si integrano nelle società europee.

Inoltre, l’arroganza neocoloniale francese, peggiorata dalla presidenza Macron, ha provocato una reazione di rigetto in Africa e l’umiliante espulsione delle truppe francesi – con conseguente fuoriuscita dai rapporti economici e commerciali – in tutta l’Africa occidentale.

Infine, ma non per ultimo, il fallimento del “modello Merkel”, che ha portato la Germania sull’orlo della recessione, ha provocato un radicale deterioramento dell’asse franco-tedesco, sia con il socialdemocratico Olaf Scholz sia col democristiano Friedrich Merz.

È qui che Emmanuel Macron ha mostrato tutta la sua immaturità politica che ha portato nell’arco di cinque anni al caos francese odierno. Un leader maturo in quel frangente si sarebbe infatti gettato a peso morto, freneticamente, sul fronte interno, sia di governo sia di un partito che si era dimostrato assolutamente non radicato sul territorio.

Questo è quel che hanno sempre saputo fare Charles de Gaulle, François Mitterrand e Jacques Chirac. Un impegno diretto sulla politica interna favorito da un sistema istituzionale come quello francese che attribuisce al presidente enormi poteri.

Invece, Emmanuel Macron ha fatto, narcisisticamente, la scelta opposta: non ha giocato sulla crisi economica, tranne che sul dossier impopolare della riforma delle pensioni, ma si è gettato a peso morto, freneticamente, sulla scena internazionale, prima sulla crisi ucraina, poi su quella israelo-palestinese e soprattutto su quella europea. Quindi ha completamente delegato la gestione della complessissima crisi economica, politica e sociale interna della Francia ai suoi primi ministri, prima l’ex socialista Elisabeth Borne e poi l’enfant prodige macroniano Gabriel Attal. Di fatto ha ripetutamente lanciato ai francesi un messaggio netto: se le cose non vanno bene, prendetevela con i governi, non con me, che sono al di sopra della tempesta e mi occupo con prestigio delle sorti dell’Europa e del mondo.

Il risultato di questo olimpico, sovrano e incosciente distacco dalla crisi economica, politica e sociale interna da parte di Emmanuel Macron è così deflagrato con le elezioni europee, nelle quali la coalizione “Besoin d’Europe” tra il partito macroniano Renaissance e i suoi alleati ha ricevuto un misero e ultra-minoritario 14,6 per cento. Il tutto, con un exploit di Marine Le Pen che ha fatto un balzo al 31,37 per cento, mentre alle precedenti politiche aveva ottenuto il 18,68 per cento.

Di nuovo, e definitivamente, Emmanuel Macron ha ribadito la sua caparbia, immatura volontà di non riparare al fallimento elettorale e alla radicale perdita di consensi del suo ormai minoritario blocco di sostegno, ha rifiutato di giocarsi toto corde sulla crisi economica, sociale e politica interna, non si è rimboccato le maniche per radicare sul territorio il suo movimento ormai boccheggiante e ha fatto invece una mossa di puro azzardo. Senza consultare i suoi più stretti collaboratori, senza farne neanche cenno al suo capo del governo Gabriel Attal, che non lo perdonerà mai, ha sciolto l’Assemblée nationale e indetto nuove elezioni.

Il risultato del voto del 2024 ha consegnato così il Paese a un caos deflagrato in modo definitivo oggi. Al primo turno, il Rassemblement National di Marine Le Pen ha ottenuto infatti il 33,21 per cento dei voti, il Front Populaire diretto di fatto da Jean-Luc Mélenchon il 28,06 per cento (il bipopulismo di destra e di sinistra nell’insieme ha totalizzato il 61,27 per cento) e la coalizione presidenziale Ensemble ha ottenuto solo un ultra-minoritario 20,04 per cento.

Un chiaro messaggio contro una presidenza in evidente crisi di consensi. A questo punto, con la regia dietro le quinte di Emmanuel Macron, si è riproposto agli elettori un Front républicain che, basandosi sulla desistenza reciproca, ha bloccato il risultato naturale del secondo turno: la vittoria nei collegi di Marine Le Pen. Una vittoria tattica contro il populismo dell’estrema destra di cortissimo respiro, perché alla resa dei conti, nell’Assemblée nationale, per ragioni obiettive e soggettive (il dogmatismo ideologico che ammorba anche i neogollisti e i socialisti) non è possibile formare nessuna maggioranza di governo.

Grazie alla riforma costituzionale del 1958 di Charles de Gaulle – che permette al presidente, che è eletto dal voto popolare, di dare i pieni poteri a un capo del governo senza la conferma del voto di fiducia del Parlamento – Emmanuel Macron ha comunque prima formato il governo minoritario di Michel Barnier e poi quello di François Bayrou, ambedue ovviamente naufragati senza aver potuto governare, affondati da una maggioranza parlamentare che ha idee divergenti su tutto, economia compresa, ma che ha l’unico potere di affondare i governi, e lo fa.

Di nuovo, Emmanuel Macron ha avuto in questi giorni la possibilità di giocarsi tutto nel tentare di risolvere una crisi politica ormai drammatica. Avrebbe potuto intestarsi personalmente una trattativa all’Eliseo per trovare un punto comune di caduta, un programma minimo imperniato sull’economia che permettesse a un suo governo di ricevere, anche con l’astensione, l’appoggio di macroniani, neogollisti, socialisti e indipendenti.

Sarebbe stato un impegno politico di grande respiro, da leader della nazione, in cui gettare tutto il suo peso politico e la sua capacità di plasmare un nuovo corso. Ancora una volta, però, il presidente si è tenuto ben lontano dall’agone politico interno e ha delegato, come sempre, a un suo fido collaboratore e amico, il ministro della Difesa Sébastien Lecornu, tutta la trattativa con le forze politiche. L’esito di questa mossa è prevedibile e certo. Sébastien Lecornu, il quinto premier in tre anni, politico navigato ma non di peso politico adeguato a una così complessa trattativa con i partiti, non ha la minima possibilità di evitare la fine rapida di Michel Barnier e di François Bayrou, che hanno le sue stesse, identiche e non eccelse caratteristiche politiche.

Il nuovo premier, quindi, formerà un governo e probabilmente, giocando sul ricatto dell’esercizio provvisorio, riuscirà a portare in porto una legge di bilancio di assoluta mediazione con le opposizioni, quindi del tutto inadeguata a contrastare la grave crisi economica. Poi, passata la legge di bilancio, avrà vita grama sino a quando non cadrà. Verrà sostituito da un nuovo premier macroniano senza maggioranza in Parlamento e così via, sino a quando non si terranno le elezioni presidenziali nel 2027.

Nel frattempo, si intensificheranno le rivolte di piazza, gli scioperi, le manifestazioni, gli arresti e gli incendi di piazza come quelli che abbiamo visto in queste ore. Senza volerlo, alla fine, incredibilmente, Macron continuerà a fare il gioco di Marine Le Pen.

L'articolo L’immaturità politica di Macron consegna la Francia al bipopulismo proviene da Linkiesta.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News