Male le emissioni dei trasporti, fermi sugli obiettivi dell’Agenda 2030: l’Italia nella fotografia del Cnel

Il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) ha presentato e inviato a Parlamento e governo la Relazione annuale sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini. Sono 110 pagine ricche di dati che restituiscono un’immagine dell’Italia fatta di non poche luci ma anche di tante ombre, sui temi di carattere ambientale e non solo.
Sul tema del cambiamento climatico, ad esempio, viene sottolineato che le iniziative di contrasto al fenomeno hanno portato a una diminuzione nel 2023 del 26% rispetto ai livelli del 1990 (-6.8% rispetto al 2022), soprattutto grazie all’aumento dell’efficienza energetica da fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica nei settori industriali e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio. Bene dunque? No, perché le emissioni prodotte dal settore dei trasporti, che derivano per oltre il 90% dal trasporto stradale, continuano ad aumentare anche nel 2023 e sono oltre il 7% rispetto al 1990. «La mancata diminuzione delle emissioni nei trasporti ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti – si legge nella relazione – fino al loro superamento registrato nel 2021, nel 2022 e nel 2023». Oltre ai trasporti (28% del totale nazionale), i settori della produzione di energia (21%), residenziale (18%) e dell’industria manufatturiera (13%) sono quelli che contribuiscono ad oltre la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti.
Tra l’altro, non è che l’Italia sia un Paese che non risenta particolarmente delle conseguenze della crisi climatica. Sempre nella relazione fornita dal Cnel viene infatti segnalato che l’impatto degli eventi meteo estremi è rilevante ed è aumentato negli ultimi anni sia in quanto a intensità che a frequenza degli episodi devastanti. Nell’anno 2024, si legge, si sono registrati 18 eventi meteorologici avversi per i quali è stata inoltrata ed accolta dalla presidenza del Consiglio dei ministri la richiesta, presentata dalle amministrazioni regionali, della dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale. Inoltre, sempre lo scorso anno è stato dichiarato lo stato di emergenza per deficit idrico per tre Regioni italiane.
E il paradosso è che non solo non facciamo abbastanza per ridurre le emissioni anche nel settore trasporti e negli altri citati sopra responsabili di oltre la metà del rilascio nazionale di gas climalteranti, ma anche riguardo altri impegni internazionali collegati al capitolo clima non stiamo offrendo una bella immagine. Nella relazione Cnel si evidenzia tra l’altro che dalla valutazione sull’andamento delle politiche pubbliche territoriali rispetto ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 non emergono passi avanti significativi. Alcuni risultati appaiono validi per tutte le Regioni: un miglioramento per economia circolare (Goal 12) e un peggioramento per fame (G1), acqua e servizi igienico sanitari (G6), vita sulla terra (G15) e istituzioni (G16). Si conferma – evidenzia il Cnel – la dicotomia tra Nord e Sud, con le regioni del Mezzogiorno che presentano valori inferiori alla media italiana per diversi obiettivi, da un minimo di nove a un massimo di tredici. Mentre nel Centro-Nord in media sono due per regione i Goal che mostrano un valore inferiore alla media nazionale.
Ma rispetto agli obiettivi di Agenda 2030, si legge, le criticità principali si riscontrano proprio nella dimensione ambientale. Il Cnel segnala che molte Regioni si stanno allontanando da obiettivi quali l’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua potabile, i consumi finali di energia e la riduzione del consumo di suolo. «Il quadro italiano, rappresentato dagli indicatori ambientali del Bes, mostra che persistono problemi nel consumo di suolo e nella dispersione idrica mentre si registrano miglioramenti nella produzione e nello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani». Viene segnalata in aumento la percentuale di raccolta differenziata, che nel 2023 è stata pari al 66,6% della produzione nazionale, con una crescita di 1,4 punti percentuali rispetto al 2022.
Un altro set di indicatori, viene aggiunto nella relazione del Cnel, riguarda l’innovazione, che rappresenta un elemento abilitante per la transizione circolare. «L’Italia, pur mostrando segnali positivi, presenta ancora un’intensità di innovazione inferiore alla media dell’Unione europea, indicando la necessità di rafforzare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Nel 2021 registrano una complessiva ripresa della spesa in R&S, che aumenta del 3,8% rispetto all’anno, per un importo di circa 26 miliardi di euro. Come incidenza sul Pil la spesa complessiva in R&S è pari all’1,43%, in diminuzione rispetto all’anno precedente (1,51%). Aumenta così la distanza dell’Italia dalla media europea, pari al 2,27% del Pil nel 2021».
Qual è la tua reazione?






