Manolo Blahnik apre nel Quadrilatero. Previsioni di crescita fino al 10% nel fy

Kristina Blahnik è ottimista sull’andamento del marchio di calzature fondato dallo zio Manolo. La manager ha incontrato la stampa di settore in occasione dell’opening ufficiale del primo store italiano del brand, in via Pietro Verri, nel cuore del Quadrilatero milanese. “Chiuderemo il turnover 2025 con un incremento tra il 5 e il 10%” dichiara Blahnik, CEO della label dal 2013. L’anno fiscale 2024, terminato il 31 dicembre, aveva portato a un fatturato di 86,4 milioni di euro, in calo del 19% rispetto all’anno precedente.
“Abbiamo contenuto molto la nostra crescita dopo un aumento esponenziale nel 2022. Penso che la maggior parte dei brand abbia visto questa esplosione di glamour, soprattutto nel mondo del lusso ma nel 2023 c’è stata una flessione nel mondo del lusso. Abbiamo approfittato di questo momento per concentrarci sulla nostra longevità, che significa un miglior equilibrio tra direct-to-comsumer e business-to-business. L’anno prossimo avremo inoltre la spinta degli store di Milano, Miami South Coast Plaza che contribuiranno alla crescita.”, spiega la CEO.
La boutique copre una superficie totale di 300 metri quadrati di cui 200 dedicati alla vendita su due piani. Il design della boutique è un omaggio alla madre del designer, ispirato all’estetica monocromatica della sua cucina in Spagna, caratterizzata dalle piastrelle bianche e nere. Al piano superiore è presente un piccolo angolo bar. La maison è particolarmente legata all’Italia, come conferma l’acquisizione nel 2019 della manifattura Re Marcello a Vigevano, dove sono impiegati 70 artigiani.
Per celebrare l’apertura Manolo Blahnik ha disegnato tre modelli in esclusiva per la boutique milanese: ‘Sixahi’, ‘Pranzana’ e ‘Trinza’ ispirati al movimento Bauhaus e all’architetto e designer italiano Gio Ponti. Lo store include anche la capsule speciale realizzata in occasione della mostra londinese ‘Marie Antoinette Style’ allestita presso il V&A.
“Avere uno store a Milano è sempre stata un sogno che avremmo voluto realizzare decenni fa – spiega Blahnik -. Non eravamo ancora un’azienda direct-to-consumer e negli ultimi sei anni ci siamo molto concentrati sul diventarlo. Per quanto concerne il segmento retail abbiamo iniziato a Londra (dove oggi il marchio è presente con tre negozi, ndr). È quasi come se, involontariamente, avessimo seguito i passi di Manolo nella sua vita personale. Abbiamo iniziato con Ginevra, che è stato il primo fuori Londra che abbiamo gestito direttamente, la città dove è andato ad abitare quando ha lasciato le Isole Canarie. Poi abbiamo aperto a Parigi,dove si è trasferito dopo Ginevra, infine il suo mondo si è spostato in Italia. La nostra produzione è made in Italy per il 99,5% in Italia. Essendo spagnoli, le espadrillas le facciamo in Spagna!”. Attualmente il brand conta 20 boutique monomarca, tra cui il flagship store sulla celebre Madison Avenue. Le collezioni Manolo Blahnik sono distribuite in oltre 270 punti vendita in 30 paesi tra Europa, Nord America, primo mercato per il brand, Asia e Australia, oltre a essere disponibili nell’e-store. L’azienda include attualmente 250 dipendenti.
La produzione delle collezioni femminili avviene in Lombardia ma anche a Vicenza e Padova, quella per le linee maschili è invece in Toscana e a Venezia. “Anna Piaggi (fashion editor di Vogue Italia e collezionista, ndr) e Franca Sozzani di erano tra le più grandi amiche di Manolo, sono loro che lo hanno davvero introdotto a Milano e in Italia; le relazioni che ha costruito qui nascono da quelle importanti amicizie. Aveva promesso ad Anna Piaggi che avremmo aperto in città, i suoi colori sono sempre stati il bianco e nero, così, le ha fatto una bellissima collezione di scarpe bianche e nere negli anni ’70 e ’80. E in qualche modo, sento che anche qui c’è quello spirito”.
Attualmente non sono previsti nuovi opening. “Non in Europa, abbiamo inaugurato in California e ci stiamo prendendo una pausa perché credo che se si continua a fare, fare, fare, non ci si gode cosa si ha ottenuto. Vogliamo semplicemente goderci Milano e i due store che abbiamo aperto quest’anno. Essendo indipendenti, non abbiamo la pressione di dover crescere in modo esponenziale. Abbiamo preso la decisione, qualche anno fa, di ridurre le dimensioni dell’azienda per poterci lanciare in questo nuovo percorso direct-to-consumer”.
La manager ricorda la presenza online degli archivi, “visibili a tutti, completi e in crescita costante, vogliamo che questo marchio ispiri le prossime generazioni, non solo nel design e nella realizzazione delle scarpe ma anche in tutta la storia, la cultura e l’intelletto presenti nei disegni. A proposito di nuove generazioni, abbiamo una borsa di studio all’Università delle Arti di Londra e stiamo osservando anche alcune scuole italiane per sviluppare qualche tipo di supporto, vogliamo celebrare l’arte dell’artigianato. In futuro vorremmo creare una sorta di accademia che stimoli il desiderio di lavorare con le mani per realizzare oggetti meravigliosi”, conclude la CEO.
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