Sei miliardi di tonnellate al secondo: scoperto un pianeta vagabondo che cresce a un ritmo record

Ottobre 3, 2025 - 21:30
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Sei miliardi di tonnellate al secondo: scoperto un pianeta vagabondo che cresce a un ritmo record

Gli astronomi hanno identificato un enorme “scatto di crescita” in un cosiddetto pianeta erratico. A differenza dei pianeti del Sistema Solare, questi oggetti non orbitano intorno a una stella, ma fluttuano liberamente, isolati. Le nuove osservazioni, effettuate con il Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe (VLT dell’ESO), rivelano che il pianeta vagabondo sta divorando gas e polvere dai dintorni a un ritmo di sei miliardi di tonnellate al secondo. Si tratta del tasso di crescita più elevato mai registrato per un pianeta erratico, ma anche per un pianeta di qualsiasi tipo, e fornisce preziose informazioni su come i pianeti si formano e crescono.

 

 

 

Molti pensano ai pianeti come a mondi tranquilli e stabili, ma con questa scoperta vediamo che oggetti di massa planetaria che fluttuano liberamente nello spazio possono essere luoghi avvincenti“, afferma Víctor Almendros-Abad, astronomo dell’Osservatorio Astronomico di Palermo, Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Italia, e autore principale del nuovo studio.

L’oggetto appena studiato, con una massa da cinque a dieci volte quella di Giove, si trova a circa 620 anni luce di distanza da noi nella costellazione del Camaleonte.

Chiamato ufficialmente Cha 1107-7626, questo pianeta vagabondo è ancora in formazione ed è alimentato da un disco di gas e polvere che lo circonda. Questo materiale ricade costantemente sul pianeta isolato, un processo noto come accrescimento.

Tuttavia, il gruppo guidato da Almendros-Abad ha ora scoperto che il tasso di accrescimento del giovane pianeta non è costante.

Nell’agosto del 2025, l’accrescimento sul pianeta aveva un tasso circa otto volte superiore rispetto a quello di pochi mesi prima, pari a sei miliardi di tonnellate al secondo! “Questo è l’episodio di accrescimento più intenso mai registrato per un oggetto di massa planetaria“, aggiunge Almendros-Abad. La scoperta, che sarà pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, è stata realizzat con lo spettrografo X-shooter installato sul VLT dell’ESO, situato nel deserto di Atacama in Cile.

Il gruppo ha utilizzato anche i dati del telescopio spaziale James Webb, gestito dalle agenzie spaziali di USA, Europa e Canada, e i dati d’archivio dello spettrografo SINFONI installato sul VLT dell’ESO.

L’origine dei pianeti erratici rimane una questione non risolta: sono gli oggetti di formazione stellare con la minima massa possibile o pianeti giganti espulsi dai propri sistemi di origine?“, si chiede il coautore Aleks Scholz, astronomo presso l’Università di St Andrews, Regno Unito.

I risultati indicano che almeno alcuni pianeti vagabondi potrebbero condividere un percorso di formazione simile a quello delle stelle, poiché simili aumenti rapidi del tasso di accrescimento sono stati osservati in precedenza in stelle giovani.

Come spiega la coautrice Belinda Damian, astronoma presso l’Università di St Andrews: “Questa scoperta sfuma il confine tra stelle e pianeti e ci offre un’anteprima dei primi periodi di formazione dei pianeti vagabondi“.

Confrontando la luce emessa prima e durante l’aumento, gli astronomi hanno raccolto indizi sulla natura del processo di accrescimento.

Sorprendentemente, l’attività magnetica sembra aver giocato un ruolo nel guidare la drastica caduta di massa, un fenomeno osservato finora solo nelle stelle.

Ciò suggerisce che anche oggetti di piccola massa possano possedere forti campi magnetici in grado di alimentare questi eventi di accrescimento.

Il gruppo ha anche scoperto che la chimica del disco intorno al pianeta è cambiata durante l’episodio di accrescimento, con la presenza di vapore acqueo durante l’evento ma non prima.

Questo fenomeno era stato osservato nelle stelle, ma mai in un pianeta di alcun tipo.

I pianeti liberi sono difficili da rivelare, poiché sono molto deboli, ma il futuro ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO potrebbe cambiare la situazione.

I suoi potenti strumenti e il gigantesco specchio principale consentiranno agli astronomi di scoprire e studiare un numero maggiore di questi pianeti solitari, aiutando a comprendere meglio quanto siano simili a stelle.

Come afferma la coautrice e astronoma dell’ESO Amelia Bayo: “L’idea che un oggetto planetario possa comportarsi come una stella è suggestivo e ci invita a chiederci come potrebbero essere i mondi oltre il nostro durante le fasi iniziali“.

 

Imnagine: ESO/L. Calçada/M. Kornmesser

 

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Redazione Redazione Eventi e News