Transizione 4.0 – 5.0, come sarà il nuovo incentivo 2026 per la doppia transizione?

Settembre 24, 2025 - 14:30
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Transizione 4.0 – 5.0, come sarà il nuovo incentivo 2026 per la doppia transizione?

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Transizione 4.0 – 5.0, come sarà il nuovo incentivo 2026 per la doppia transizione?



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Come sarà il nuovo incentivo unico finanziato con risorse nazionali che integrerà in una sola misura Transizione 4.0 e 5.0? Tutto quello che sappiamo (e possiamo ipotizzare) su aliquote, dotazione, durata, format, beni ammissibili e tempistiche.

Pubblicato il 24 set 2025



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Immagine di sdecoret da Shutterstock

Come sarà strutturato il nuovo incentivo che unirà Transizione 4.0 e 5.0 in un’unica misura finanziata con risorse nazionali?

A parte quanto emerso dalle dichiarazioni del Ministro Urso e dalle sempre più pressanti richieste degli industriali, al momento non si conoscono molti dettagli e persino su alcuni elementi che parevano certi, come la durata e la dotazione della misura, c’è in realtà più di qualche dubbio.

Vale quindi la pena riepilogare insieme tutti i punti più caldi per capire a che punto siamo e quando potremmo saperne qualcosa in più.

Il nome del nuovo incentivo

Iniziamo, per partire da un dettaglio meno tecnico, dal nome, al momento ancora avvolto nel mistero.

Il titolo della misura sarà nuovo perché il Governo vorrà dare il suo imprinting, come gli altri Governi hanno fatto in passato.

Le ipotesi spaziano da quelle più semplici e descrittive – Twin Transition, Doppia Transizione, Transizione Gemella, Transizione Digitale e Verde – a ipotesi più fantasiose (incluso un prosieguo della numerazione con un Transizione 6.0 che sarebbe francamente fuori luogo). Non si esclude – ma pare improbabile per ragioni sia politiche sia di estensione della misura – un ritorno al vecchio nome “Industria” 4.0 – 5.0 in luogo dell’attuale Transizione.

Le risorse

Passiamo adesso alla prima cosa seria. Le risorse. Si è parlato di circa 4 miliardi di euro che sarebbero recuperati dal PNRR, in particolare dagli “avanzi” di Transizione 5.0, attraverso un meccanismo di traslazione di fondi. In pratica le risorse del PNRR sarebbero girate su altre misure che sono compatibili con lo scopo del RePowerEu ma che attualmente sono finanziate con risorse nazionali. In questo modo si andrebbero a liberare le finanze statali delle risorse da assegnare al nuovo piano.

Ma perché proprio 4 miliardi? Perché dei 6,3 miliardi del Transizione 5.0 (6,23 realmente disponibili) sono stati prenotati finora 2,1 miliardi. La misura è vicina alla scadenza e quindi apparirebbe sensato chiuderla sui 2,3-2,5 miliardi, lasciando quindi circa 3,8-4 miliardi liberi.

Purtroppo le cose non sono così semplici. Ricordiamoci che la cifra che verrà stabilita come chiusura del Transizione 5.0 dovrà essere raggiunta per forza (pena la perdita del finanziamento dal PNRR) e quindi non potrà essere arrotondata troppo per eccesso. In altre parole, se il Governo dovesse porre l’asticella a 2,5 miliardi, lasciandone 3,7 liberi, quei 2,5 devono essere spesi tutti altrimenti li rimetterebbe lo Stato. D’altro canto la cifra non può nemmeno essere troppo prudenziale perché ogni euro effettivamente speso in più sarà sempre a carico delle casse dello stato: al momento Transizione 5.0 sta correndo molto velocemente. E non è detto che questa corsa si fermi se è vero quanto abbiamo raccolto in alcuni ambienti della finanza agevolata, dove pare che siano pronti per il deposito progetti “cumulativi” molto importanti.

Alla fine possiamo immaginare che Transizione 5.0 chiuderà con 3 miliardi di risorse utilizzate ma che il Governo per prudenza fisserà l’asticella sui 2,5 miliardi, lasciando avanzare 3,7 miliardi (ci cui però una parte serviranno a coprire appunto i 500 milioni ipotetici di sforo rispetto al plafond). Le risorse effettivamente disponibili quindi potrebbero essere tra i 3 e i 3,5 miliardi.

La durata

Nelle dichiarazioni di intenti si è finora parlato di una misura triennale che dia la possibilità alle imprese di pianificare gli investimenti in un orizzonte di stabilità pluriennale.

Così probabilmente non sarà. L’orizzonte sarà annuale o, al massimo, biennale (coincidendo in tal caso con la durata residua del Governo).

Nel primo caso avremo a disposizione 3,5 miliardi per un anno, che sono un importo ragionevole per un incentivo agli investimenti efficace e non troppo generoso. Se i 3,5 miliardi dovessero invece bastare per 2 anni – cioè 1,7 miliardi l’anno – saremmo già partiti col piede sbagliato.

Forse per una volta sarebbe preferibile vedere una giusta allocazione di risorse a discapito della durata che non un incentivo lungo ma necessariamente sottodimensionato.

Un format semplice

Sul format c’è l’unica certezza che troverete in questo articolo: l’incentivo dovrà essere semplice. Lo vuole Confindustria, lo vuole il Governo.

Che cosa significa semplice? Niente piattaforme, niente calcoli complessi, niente meccanismi arzigogolati.

E soprattutto niente PNRR e, quindi, niete DNSH. La nuova misura sarà cioè accessibile a tutte le aziende, comprese le energivolre sostanzialmente escluse dall’attuale piano Transizione 5.0.

Tutte buonissime intenzioni che però temiamo possano scontrarsi col muro della realtà, a partire dalla necessità di misurare la spesa pubblica. Staremo a vedere.

Due sole aliquote

L’idea di base – anche questa non del tutto chiara – è di un incentivo che veda un’aliquota per sostenere gli investimenti Digitali (la parte 4.0) e una per la parte green, senza scaglioni né soglie di risparmio da dimostrare.

Non è ancora chiaro se i due binari saranno indipendenti o se l’investimento in Digitale sarà, come accade per l’attuale Transizione 5.0 – prerequisito per avere l’incentivo sulla parte Green.

La revisione degli allegati A e B

I tecnici intanto sono al lavoro su una revisione delle voci presenti negli allegati A e B, fermi ormai da diversi anni, e non è escluso che venga messo a punto un Allegato C con i beni strumentali legati al tema dell’efficientamento energetico.

L’auspicio è che possano trovare spazio con chiarezza anche alcune merceologie – dai motori elettrici ai server industriali – finora escluse. Allo stesso modo è da sperare che l’apertura alla revisione delle merceologie non diventi l’occasione per l’assalto alla diligenza da parte di tutti.

Sono in corso inoltre delle riflessioni anche sulle spese che potranno essere inserite nel montante oggetto di incentivazione.

Il nodo dei tempi

Per quanto il Governo abbia certamente fissato molti più punti fermi di quanto sappiamo al momento in cui scriviamo questo articolo, il progetto è comunque attualmente ancora in fase embrionale. Al punto che sorgono sincere perplessità sulla possibilità che si faccia in tempo a inserirlo nella legge di bilancio.

Ricordiamo però che non c’è solo una questione di tempi di messa a punto legislativa.

Il primo passaggio fondamentale è la rinegoziazione del PNRR con la rimodulazione delle risorse del piano Transizione 5.0. Questa è la prima colonna dalla quale derivano le risorse disponibili che, a loro volta, determineranno il contorno della nuova misura.

E poi c’è l’aspetto delle tempistiche. Se il Transizione 5.0 non verrà prorogato – restando quindi il 31 dicembre 2025 la data ultima per la chiusura dei progetti – è chiaro che le aziende si vedranno prive di strumenti di sostegno tra la fine dell’autunno 2025 e i primi mesi del 2026 (immaginando che la nuova misura abbia bisogno di un decreto attuativo o di qualche circolare).

Sarebbe quindi auspicabile che nella rinegoziazione delle risorse il Governo includa anche la famosa proroga del Transizione 5.0 almeno fino al 30 aprile 2026 proprio per dare continuità alle imprese. L’alternativa sarebbe una partenza retroattiva, soluzione già adottata in passato ma non priva di criticità.

L'articolo Transizione 4.0 – 5.0, come sarà il nuovo incentivo 2026 per la doppia transizione? proviene da Innovation Post.

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