Ancora un giovanissimo suicida, probabile vittima di bullismo: fenomeno in continuo aumento

Settembre 18, 2025 - 06:00
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Ancora un giovanissimo suicida, probabile vittima di bullismo: fenomeno in continuo aumento

lentepubblica.it

Si chiamava Paolo e viveva in un paese della provincia di Latina. Aveva solo 14 anni, ma forse già troppo pesanti per essere sopportati da un animo così sensibile. 


È morto suicida la notte prima del ritorno sui banchi di scuola. Coincidenza che ha fatto pensare a una connessione con le sopraffazioni che il ragazzo, secondo i racconti della famiglia, aveva già subìto tra quelle mura.

Saranno le indagini a cercare la verità giudiziaria. Ma intanto un’altra vita, giovanissima, si è spezzata. Preoccupa l’aumento di questi episodi, di fronte ai quali sembriamo essere del tutto impreparati. Capaci solo di turbamenti postumi, come si fosse di fronte a eventi imponderabili, piuttosto che alle conseguenze di un vuoto educativo e affettivo che affonda le radici in problemi complessi; con i quali bisogna avere tutti, ma proprio tutti, il coraggio di fare i conti.

Fino a qualche anno fa si poteva ancora provare a dire di non sapere, di non aver capito. Ora non più.

Le cifre di un fenomeno impressionante

Secondo l’indagine Bambini e ragazzi: comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri, condotta dall’ISTAT nel 2023 e pubblicata il 26 Giugno 2025, il 68.5% dei giovani tra gli 11 e i 19 anni afferma di aver subìto un’azione offensiva, aggressiva, diffamatoria o di esclusione (sia online che offline) nei 12 mesi precedenti all’intervista; per il 21% più volte al mese, per circa l’8% con frequenza quanto meno settimanale.

I maschi dichiarano di aver subìto più atti di bullismo delle femmine (21.5% contro 20.5%). Con la ripetizione di oltre uno al mese per il 23.7% per la fascia 11-13 anni e del 19.8% per quella 14-19.

Gli intervistati di 11-19 anni denunciano maggiormente azioni dirette; il 55.7% si è sentito offeso o insultato, almeno una volta, nell’anno precedente; mentre le minacce e le aggressioni hanno riguardato circa 11 su 100.

Tra le forme indirette, spesso più subdole in quanto invisibili, spiccano l’esclusione e l’emarginazione che sono state avvertite almeno una volta dal 43%; la diffamazione, invece, ha riguardato quasi 1 su 4.

Se si esamina alla ripetitività degli atti, le offese e gli insulti sono avvenuti con cadenza più che mensile per oltre il 14% tra 11-19 anni, mentre l’esclusione ha coinvolto quotidianamente oltre 1 su 10.

A patire offese continue sono maggiormente i maschi (16% contro il 12.3% delle femmine), mentre le forme di ripetuta esclusione durante l’anno colpiscono più le ragazze (12.2% contro 8,5%).

Nella fascia di età 11-13 anni si subiscono maggiormente vessazioni di tipo verbale (il 58% ha sperimentato offese e insulti, mentre 1 su 4 è stato vittima di diffamazione).

Viceversa, in quella 14-19 prevalgono i soprusi di natura fisica (minacce e aggressioni raggiungono l’11.2%, mentre atteggiamenti di esclusione colpiscono una quota del 43.4%).

La specificità del cosiddetto cyberbullismo

Alle vecchie pratiche di bullismo, di recente si è venuta a sommare la specificità del cosiddetto cyberbullismo, ossia gli atti compiuti per via telematica (invio di messaggi offensivi o di foto umilianti tramite chat, social network, ecc.).

Tali fenomeni richiedono ulteriori strumenti di comprensione e contrasto, poiché gli spazi digitali facilitano gli attacchi anonimi e influenzano il comportamento nella vita reale, favorendo anche l’aumento di violenza fisica tra gli adolescenti, spesso pure in ambito scolastico.

Ancora l’indagine ISTAT ci informa che oltre il 90% dei giovani 11-19 anni trascorre, come minimo, un paio di ore al giorno su internet.

Il 34% ha subìto comportamenti vessatori online almeno una volta nel corso dei 12 mesi precedenti la rilevazione, con il 7.8% che ne è rimasto vittima in più occasioni al mese (8.9% maschi contro il 6.6% femmine).

A questi dati, si affiancano quelli emersi dallo studio ESPAD® Italia 2024, specifico sul cyberbullismo, svolto dal Laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto di Fisiologia Clinica (Cnr-Ifc).

Da esso si apprende che oltre un milione di studenti italiani in fascia 15-19 anni (47%) ha subìto episodi di cyberbullismo, numero in crescita e senza distinzioni di genere.

Parallelamente, anche la quantità degli autori di questi gesti ha raggiunto livelli allarmanti: più di 800.000 studenti (32%) dichiarano di aver agito come cyberbulli (35% ragazzi e 29% ragazze).

Un altro dato che deve destare attenzione è quello relativo ai cyberbulli-vittime: quasi 600.000 studenti (23%) ammettono di essere stati sia vittime sia autori.

Questa ultima condizione, più frequente tra i maschi (26% contro il 21% delle femmine), si associa di sovente a gravi conseguenze psicologiche e sociali, come difficoltà relazionali e comportamenti a rischio: il ghosting (chiudere una relazione sparendo bruscamente dalla circolazione, senza dare spiegazioni), il phubbing (ignorare le persone intorno mentre si è concentrati sullo smartphone) o l’abuso di sostanze psicoattive.

Le norme italiane contro cyberbullismo e bullismo

Tutte situazioni che magari ci è capitato di osservare nei giovani a noi vicini, ma di cui difficilmente comprendiamo la reale pericolosità, sfociabile anche in forme estreme di disagio, come l’oramai noto caso degli hikikomori (termine giapponese che indica un ritiro sociale estremo dal mondo esterno, prolungato per almeno sei mesi).

La normativa italiana sul cyberbullismo è contenuta nella legge n. 71/2017, tra le prime in Europa ad affrontare il tema con l’obiettivo di tutelare il diritto delle nuove generazioni a navigare in rete in modo sicuro, positivo e libero.

Di recente è stata integrata dalla legge n. 70/2024, che ne ha esteso le disposizioni anche alle manifestazioni di bullismo tradizionale. Con essa, inoltre, sono state rafforzate le misure di prevenzione e contrasto, introducendo il codice di prevenzione nelle scuole, il servizio di supporto psicologico e la Giornata del rispetto (20 gennaio).

Ma al di là delle normative specifiche, che per valutarne l’efficacia richiederebbero un ulteriore approfondimento, la drammaticità dei numeri riportati ci avverte come nessun risultato potrà essere raggiunto senza un lavoro sinergico tra famiglie, scuola e comunità in senso ampio.

E ciò vale a maggior ragione quando si tratta di prevenire e contrastare questa tipologia di fenomeni; sfida impossibile da vincere se non si afferma una cultura fondata su rispetto e solidarietà.

Valori che possono essere insegnati, certo, e persino normati; ma con risultati presumibilmente scarsi se non vengono fatti propri dagli stessi ragazzi che poi dovranno interpretarli.

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