Bari Weiss, la fine della reputazione e la crisi dei giornali tradizionali

Ottobre 8, 2025 - 09:00
 0
Bari Weiss, la fine della reputazione e la crisi dei giornali tradizionali

«L’ebrea più in ascesa dai tempi di Mosè». È il dicembre del 2022 quando Ben Smith riporta su Semafor la definizione di Bari Weiss che a una serata ha dato un suo amico, parlando di come se n’era andata dal New York Times un anno prima, nell’epoca del quiet quitting, con un quitting che meno quiet non sarebbe potuto essere: «Quando Bari si licenzia, si fa sentire».

Lunedì, è stato ufficializzato che il gruppo Paramount ha messo Bari Weiss a capo dei giornalisti della Cbs, ma soprattutto ha comprato The Free Press, la newsletter che Weiss ha aperto quattro anni fa, per centocinquanta milioni di dollari.

Un giornalista cui non deve stare simpaticissima (Weiss suscita antipatie e simpatie fuori misura), in un articolo sobriamente titolato “Bari Weiss firma un gigantesco accordo per traghettare la Cbs nella sua epoca Vichy”, si è chiesto lunedì come sia possibile che valga 150 milioni «The Free Press, il cui contributo editoriale in un giorno medio consiste in un paio di versioni rifritte di “i giovani d’oggi sono matti”, di “i sindaci di sinistra continuano a mentire sul problema dei neri” e di “ecco come questa moglie dell’IDF concilia la maternità e l’uccisione di terroristi bambini”».

Poi, dimostrandosi non intelligentissimo, è passato a chiedersi come sia possibile che quella cretina di Bari Weiss sia considerata in grado di supervisionare un’operazione del genere, e qui potrei buttarla sul sessismo, ma sappiamo tutti che il problema non è che Bari Weiss è femmina e Tizio che nessuno ha sentito nominare maschio.

Potrei anche buttarla sull’antisemitismo, ma no, sarebbe una falsa pista anche quella (piacerebbe a Weiss: ognuno ha le sue fissazioni, e lei ha quella dell’antisemitismo). Il vero, insormontabile problema è che Weiss ha costruito dal nulla una roba di successo e Tizio no. La vera storia dei quattro anni che hanno fatto di un’oscura giornalista del New York Times una multimilionaria non è una storia di sinistra e destra, di vecchi e nuovi media, di politica che prende in ostaggio il giornalismo; è una storia di ascensore sociale, di farsi il culo, e dell’unica chiave con cui abbia senso leggere il mondo: chi ha successo ha ragione.

L’articolo da cui capii che Bari Weiss era Jay Gatsby è di quattro anni fa, agosto 2021: otto mesi dopo l’apertura della newsletter che all’epoca si chiamava Common Sense, un anno dopo il suo rumoroso abbandono del posto fisso al New York Times. Era il primo articolo che riportasse dei numeri, e non autocertificati (quelli non valgono mai niente), ma confermati da Substack. Bari Weiss nei primi sei mesi di newsletter aveva raccolto quattordicimila abbonati paganti, il che la rendeva assai meglio retribuita di quanto fosse un anno prima al New York Times.

Per i giornali con una tradizione, una reputazione, un nome che riconosciamo noi vegliardi e i nostri genitori, per quelli per cui i più privi di gusto tra gli italiani si sono inventati la dicitura di «giornaloni», gli americani usano «legacy media», i giornali ereditari. Quelli la cui reputazione non è guadagnata ma un retaggio d’antiche glorie.

In Italia non ci sarebbe venuta in mente una simile definizione perché noi non abbiamo avuto Jay Gatsby (al massimo la divina provvidenza manzoniana), e siamo abituati a un capitalismo che sia solo ereditario: se una cosa è la norma, non le serve una definizione. Ma in America fino al Novecento il ricco che non si era fatto da solo era un’eccezione (adesso anche lì sono tutti figli di qualcuno, e infatti il sistema barcolla).

La notizia di Paramount che compra The Free Press e mette Bari Weiss a capo dei giornalisti di Cbs, per dire, quella che è ufficiale da due giorni, l’ha data più d’un mese fa Puck, una newsletter di retroscena dell’industria hollywoodiana. Ricordo il tweet – o come si chiamano ora – d’un saperlalunghista (era sicuramente dei legacy media) che sbuffava: sì, ma non c’è uno straccio di fonte che non sia Puck che lo confermi. In effetti avete, voi legacy, dovuto aspettare un mese per capire quanto fosse stato preciso Puck il 3 settembre, perfino sui soldi: «Ci si aspetta che l’offerta sia ben superiore alla recente valutazione del sito in cento milioni di dollari, ma ben inferiore ai duecento di cui parlava il Financial Times». Sono arrivati i barbari, hanno le fonti come i giornali di buona famiglia, adesso sono cazzi.

I giornali nei quali non ti devi sbattere per avere credibilità perché ce l’hanno già loro, l’hanno ereditata, quell’aristocrazia dell’informazione era, fino a Bari Weiss, intoccabile. Sì, potevi fare Gawker o altri teppismi, ma nulla batteva il poter dire «Tizia, del New York Times». Nessuno se ne andava dal NYT se non costretto. Nessuno se ne andava senza un’offerta migliore.

Poi arriva Bari Weiss, che fa la cosa più americana che ci sia: scommette su sé stessa. Certo che ha rapporti con ricchi e con potenti e quelli sono felici di finanziarla: come credete si facciano i giornali? Come credete li facciano gli altri? Convincere le persone – le persone ricche: quelle da cui tutti vogliono qualcosa – a scommettere su di te è un talento. Lei probabilmente l’ha sviluppato negli anni in cui è stata al desk degli editoriali del New York Times, a commissionare pezzi, a trattare con autori, a sviluppare la capacità di fare compromessi. E ad accorgersi delle cose prima che le cose ti travolgano.

Come tutti, mi sono accorta di Bari Weiss a maggio del 2018, quando scrisse sul NYT un articolo in cui codificava quella che chiamò l’intellectual dark web. Quelli troppo anticonformisti sia per la destra sia per la sinistra, per tagliarla con l’accetta. Quelli come lei, che se n’era andata dal Wall Street Journal alla prima elezione vinta da Trump perché per quella redazione si sentiva troppo di sinistra, ma poi al Times era insofferente ai codici d’una redazione di sinistra.

È un articolo che riletto oggi sembra (è) d’un’altra epoca: Joe Rogan è presentato come quello il cui podcast è importante «quasi quanto» il programma di Rachel Maddow (una che non avete mai sentito nominare, e una ragione ci sarà). Due anni dopo, Spotify darà a Rogan duecento milioni per averlo in esclusiva. Chissà se qualcuno di quelli che nel maggio 2018 twittavano che il pezzo di Weiss era delirante si è a quel punto accorto che invece ci aveva visto lungo, o se hanno tutti continuato ad aspettare che la realtà li travolgesse, per poi stupirsi della Paramount.

In quel primo articolo di quattr’anni fa sui successi della sua newsletter, Weiss diceva che certo che stava facendo molti più soldi che al Times, «ma li uso per assumere gente, non per comprare una barca». Diceva che Common Sense era «una pagina degli editoriali in culla» e che «è solo l’inizio». L’anno dopo spiegava a Ben Smith che gli avvocati le avevano sconsigliato di cambiare nome in The Free Press – immagino perché la libera stampa su Google si confonde tra gli altri risultati di chi si autocertifica tale – ma che insomma, mica poteva pretendere che autori ambiziosi scrivessero «per la newsletter di Bari Weiss», doveva essere un vero giornale.

E sì, certo che il New York Times ha molti più abbonati e l’ereditarietà conta ancora qualcosa, ma un terzo degli oggi quasi undici milioni di abbonati del NYT è abbonato solo alla sezione che interessa a me (quella in cui gioco a Wordle e a Spelling Bee e a Strands) o a quella che interessa a voi (le pagine delle ricette). Non è solo che Bari Weiss se n’è andata e ha prosperato: è che l’ha fatto permettendosi il lusso di fare solo giornalismo (io sono felicissima che il NYT abbia i giochini, mica ho la mistica del giornalismo: loro secondo me un po’ sì, loro vorrebbero l’abbonato che legge le inchieste, non che ritiene intercambiabili l’abbonamento al NYT e la visione del quiz di Gerry Scotti).

C’è una questione che andrebbe dibattuta, rispetto al giornalismo fatto non più dalle testate ereditarie ma dalle forti personalità: chi di forti personalità ne vuole seguire dieci deve pagare dieci abbonamenti? È un modello sostenibile? Quanti ne possono funzionare, di questi nuovi giocattoli con al centro l’ego del fondatore? (La notizia di Bari Weiss ha oscurato quella che Piers Morgan, col suo programma su YouTube, ha fatto cinquanta milioni di sterline in tre anni).

Mentre aspettiamo che risposte che non ci aspettavamo ci travolgano, mi piace pensare che la morale di questa vicenda sia stata tratta nella stupenda conversazione tra Bari Weiss e Woody Allen, pubblicata su Spotify a metà settembre. A un certo punto Bari gli chiede della vicenda Farrow, cerca di fargli dire che gli ha rovinato la vita, e lui dice no, forse se mi fosse capitato a vent’anni, ma avevo già fatto tutto quel che volevo, non ha cambiato granché. E poi sai: a me dell’opinione pubblica non me n’è mai importato niente.

Ecco, l’unica morale utile, per noialtri che non verremo mai acquisiti da Paramount per ragioni politiche o per abilità nelle p.r. o anche solo perché particolarmente bravi a fare il nostro mestiere, è questa qui: in un mondo di gente che si turba per i detrattori e li chiama hater, che si turba per i pareri dissenzienti e li chiama shitstorm, che si turba per qualunque crepa nel consenso universale che avrebbe sanamente dovuto smettere di cercare intorno ai cinque anni, in un mondo così, cerchiamo di essere gente con abbastanza talento da fottersene del consenso. Cerchiamo di essere più Woody, più Bari, più uno di questi abbastanza equilibrati da non avere continuo bisogno di cuoricini, abbastanza saggi da dire: ma sai quanto me ne frega dell’opinione pubblica.

L'articolo Bari Weiss, la fine della reputazione e la crisi dei giornali tradizionali proviene da Linkiesta.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News