Fare ristorazione è un mestiere (complesso)

Settembre 11, 2025 - 11:00
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Fare ristorazione è un mestiere (complesso)

Per insegnare ospitalità e ristorazione all’università devi avere una laurea magistrale ed esperienza.
Ma per pubblicare libri che parlano di ristorazione, non cibo, ma come fare ristorazione e ospitalità (e avere visibilità su piattaforme che parlano di ristorazione solo perché fai il saccente del nulla cosmico seduto a tavola) puoi anche non avere mai messo piede in un ristorante a lavorare.

Un ristorante di successo come Trippa chiude il weekend per una causa umanamento nobile e tutti ne scrivono e ne parlano con atteggiamenti infastiditi perché è meno comodo andarci o ancora meglio, a fare illazioni su quanto ci perderanno a fare così… (Piccolo Spoiler: Se non riuscite a prendervi un giorno libero al lavoro con 3/4/5 mesi di preavviso per andarci a mangiare, se realmente lo volete così tanto, avete voi un problema con il vostro lavoro).

Tutto ciò sottolinea la pochissima professionalità che viene riconosciuta nella vita reale a questo settore, alla non consapevolezza minima di quello che sono i processi economici, finanziari, e umani dietro ad un ristorante. Che il ristorante è sì un luogo di svago, ma per esistere deve essere visto come un’azienda, esattamente come un’officina, un centro logistico, un ufficio consulenze, e come tale è al servizio di chi ci vuole venire, ma che
deve guardare al benessere aziendale (economico e umano) al fine di poter garantire un benessere (economico e umano) nel lungo termine.

Il fatto è che se fallisce e chiude un ristorante, voi che ne usufruite (e vi permettete di dare direttive sul futuro e miglioramento) andate in un altro e basta, dalla nostra parte, gente perde lavoro, si indebita a vita e ne riceve una batosta d’animo che non potete immaginare.
Fare ristorazione, che sia essere cuochi, camerieri, gestori, è una delle cose più belle che ci possa essere per chi ama realmente questa professione e dà tutto se stesso al fine di esprimersi e far stare bene gli altri.

Lasciate parlare e soprattutto ascoltate chi ci sta dentro tutto i giorni, il resto sono sogni romantici di chi semplicemente perché siede su una sedia ha la presunzione di sapere ciò di cui non ha mai fatto esperienza diretta.
Chi fa ristorazione, i professionisti ovviamente, usa parole semplici, comprensibili da tutti perché chi ha il piacere di sedersi a una tavola, sa ascoltare ed è umanamente predisposto a capire tramite gesti di sala e sapori di cucina quello che si vuole trasmettere, non ha bisogno di altro.
E sarebbe felice che un ristorante che ha tremila persone al mese in lista d’attesa possa permettersi di dare più riposo a chi ci lavora e magari, godersi festività e la famiglia tutte le settimane.

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