Il sistema di intelligence sottomarino russo che minaccia i cavi subacquei dell’Europa

Ottobre 4, 2025 - 12:00
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Il sistema di intelligence sottomarino russo che minaccia i cavi subacquei dell’Europa

Salta la luce. Prendi il telefono per accendere la torcia e ti accorgi che non funzionano né internet né le telefonate. Guardi fuori, ed è blackout ovunque. A nessuno va più il cellulare: nessun segnale. Se solo potessi accendere il televisore o aprire un sito di informazione, scopriresti che non solo il tuo quartiere, ma quasi l’intera nazione è al buio; tutte le comunicazioni interrotte.

Questo è quello che potrebbe accadere se un improvviso attacco russo ben assestato distruggesse i cavi sottomarini che trasportano energia, elettricità, dati, comunicazioni digitali e militari; i tubi in cui scorre gas: un colpo al sistema nervoso che manderebbe in paralisi il Paese. Per questo la nave-spia russa Yantar – sui cui avvistamenti gps si concentra un lungo articolo del Financial Times – rappresenta una minaccia particolarmente pericolosa: equipaggiata con un arsenale completo di attrezzature di sorveglianza, è capace di mappare la rete di infrastrutture subacquee da cui quotidianamente dipendono, i più senza saperlo, decine di milioni di cittadini. Individuare obiettivi strategici come questi è il primo passo per mettere in ginocchio uno Stato, in caso di attacco militare.

Il novantanove per cento delle comunicazioni digitali del Regno Unito, spiega il Financial Times (che da quotidiano britannico usa Londra come esempio principale) è fornito da cavi in fibra ottica sottomarini, mentre i tre quarti del gas sono trasportati da gasdotti posati sul fondale. A cui si aggiungono le reti militari subacquee di sorveglianza dei sottomarini nemici. Ma non solo la Gran Bretagna: quasi tutti i Paesi ormai dipendono quasi completamente da cavi nei mari e negli oceani. Anche in Italia, ad esempio, oltre il novantacinque per cento del traffico dati (internet, telefonia, cloud, transazioni finanziarie) passa attraverso cablaggi sottomarini, e non via satellite. Il sabotaggio di queste ragnatele subacquee comporterebbe un danno gravissimo.

Per ora, fra i cavi mappati dalla Yantar – e oltre alle attività di interferenza – solo uno è stato danneggiato: lo Svalbard Undersea Cable System. Nel gennaio 2022, infatti, una delle due linee (spesso i cavi sono a coppie per garantire la cosiddetta ridondanza, cosicché un singolo guasto non porti al collasso totale) è stata tranciata in una zona profonda del Mare di Norvegia. Fra i principali sospettati c’è il Glavnoye Upravleniye Glubokovodnykh Issledovaniy, più comunemente noto con il suo acronimo, Gugi.

Il Gugi – tradotto: Direttorato principale per le ricerche in acque profonde – è un’unità militare segreta, abbastanza sconosciuta ai più, ma cruciale nelle sfide di intelligence e molto insidiosa negli scenari di guerra ibrida (o di aperta guerra sottomarina). Dotata di più di cinquanta navi, fra quelle di superficie e quelle subacquee, è una struttura che ufficialmente si occupa di ricerca scientifica, ma che in realtà svolge operazioni militari e di spionaggio. E infatti è più vicina aò Gru (Glavnoe Razvedyvatel’noe Upravlenie), il Direttorato principale per l’intelligence, che alla Marina Militare.

Nella flotta Gugi ci sono sottomarini madre che trasportano sommergibili da profondità estreme – fino a dieci volte un sottomarino convenzionale, riporta il Financial Times – sottomarini nucleari e navi come la Yantar, equipaggiate con mezzi subacquei dotati di bracci manipolatori per interferire con i cavi sul fondale, intercettare le informazioni che li attraversano e piazzare ordigni a detonazione programmata. Insomma, il Gugi è una delle più micidiali armi invisibili della Russia: non carri armati o missili, ma la capacità di colpire con devastante precisione le infrastrutture critiche globali, quelle arterie sott’acqua che alimentano interi Paesi.

L’unità speciale di intelligence sottomarina russa è stata fondata durante la Guerra fredda. La base, scoperta dalla Cia, ha sede nell’insenatura di Oleyna Guba, vicino al confine tra Russia e Norvegia. Il poco che si sa di quest’organizzazione – delle organizzazioni segrete di intelligence si sa poco per definizione – è che a capo vi sia Vladimir Vladimirovich Grishechkin, la cui stretta di mano con Valdimir Putin è stata fotografata e riportata dal sito Intelligence Online; che il Cremlino ha continuato a investire nell’unità militare; che le difese della base sono andate rafforzandosi e che ultimamente le sue attività sono passate dall’essere prevalentemente difensive – e cioè a sostegno della flotta sottomarina – a offensive, con attività di spionaggio, interferenza e sabotaggio.

La Yantar, infatti, dopo una fase di tregua durante il primo periodo della guerra in Ucraina, dal 2023 ha ripreso le attività di spionaggio in modo più sostenuto, tanto che il governo britannico il 17 giugno 2025 lo ha inserito nella lista delle sanzioni del Regno Unito. A intensificarsi sono state anche le operazioni di contro-spionaggio: i funzionari della Marina stanno cercando finanziamenti per un nuovo anello difensivo di sensori e droni subacquei, noto come “Atlantic Bastion”, per proteggere i cavi e i sottomarini da rilevamento e sabotaggio da parte degli avversari.

Regno Unito e alleati come la Norvegia schierano a rotazione navi da guerra e aerei da ricognizione P-8 per monitorare il “corridoio Groenlandia-Islanda-Regno Unito”, da cui le navi e i sottomarini russi entrano nell’Atlantico settentrionale. Infine, Proteus — la nave da sorveglianza e rilevamento della Royal Navy, che funge da prima linea di difesa della Gran Bretagna contro il sabotaggio subacqueo — dovrebbe lanciare veicoli autonomi in grado di catturare riprese video delle attività di Yantar e delle sue navi gemelle.

La maggior parte dei cavi sottomarini nel mondo sono gestiti da consorzi privati o da grandi aziende tecnologiche, non da Stati. Google, Facebook/Meta, Microsoft e Amazon hanno investito direttamente in cavi subacquei per garantire connettività veloce e sicura tra continenti. Se non di proprietà delle big tech, i cablaggi sottomarini sono di grandi compagnie telefoniche. Ma sempre private. La Difesa delle nazioni dipende in larga misura da questi collegamenti, quindi non può affidarsi soltanto alla loro tutela e manutenzione da parte delle singole imprese: è per questo che gli investimenti statali in materia di protezione dei cavi sottomarini sono in aumento quasi dappertutto.

L’Unione Europea ha avviato un piano d’azione per rafforzare la sicurezza dei cavi sottomarini, destinando quasi un miliardo di euro per migliorare la sorveglianza e istituire una flotta di navi per riparazioni d’emergenza. Questo piano include misure per aumentare la resilienza dei cavi agli attacchi e agli incidenti, con particolare enfasi sulla prevenzione, rilevamento, risposta e recupero.

L’Italia sta sviluppando un modello integrato di difesa dei cavi sottomarini che combina competenze militari, industriali e normative. Inoltre, Fincantieri e Sparkle (unità di Telecom Italia) hanno collaborato per sviluppare soluzioni per la sorveglianza e la protezione dei cavi sottomarini. Recentemente, un consorzio guidato dal Tesoro italiano ha acquisito Sparkle, la sezione di Telecom che possiede e gestisce una rete globale di cavi sottomarini, riconoscendo l’importanza strategica delle sue infrastrutture. La Nato infine, come riporta il Guardian, ha intensificato la sorveglianza dei cavi sottomarini nel Mar Baltico, con una flotta composta da navi dei Paesi Bassi, Germania e Francia, nell’ambito dell’iniziativa “Baltic Sentry”. Per difendere una rete invisibile, nelle profondità dei mari e lontana dalla vita di tutti i giorni, ma da cui in larga parte dipende la nostra vita di tutti i giorni.

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