Indennità di accompagnamento: per Cassazione vale anche in caso di “supervisione continua”

Ottobre 29, 2025 - 04:00
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Indennità di accompagnamento: per Cassazione vale anche in caso di “supervisione continua”

lentepubblica.it

Un’importante pronuncia della Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha chiarito nuovamente i criteri per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, confermando che anche la necessità di “supervisione continua” può integrare il requisito dell’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore.


La decisione offre un orientamento rilevante per le future valutazioni medico-legali e giudiziarie in materia di invalidità civile, soprattutto nei casi di persone che, pur conservando una minima autonomia, necessitano di assistenza costante per evitare gravi rischi.

Il contesto normativo

L’indennità di accompagnamento è regolata dall’articolo unico della legge n. 18 del 1980, successivamente integrata dalla legge n. 508 del 1988, e riconosciuta a chi, a causa di menomazioni fisiche o psichiche, si trovi nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure non sia in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. Si tratta di una prestazione economica a carattere assistenziale, non subordinata a limiti di reddito, volta a garantire un sostegno economico a chi necessita di aiuto costante.

Nel tempo, la giurisprudenza ha chiarito che la valutazione deve basarsi non solo sulla totale assenza di autonomia, ma anche sulla reale capacità della persona di muoversi o di gestire le attività essenziali della vita quotidiana in condizioni di sicurezza. È in questa prospettiva che si inserisce la recente decisione della Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un caso di particolare complessità.

Il caso esaminato

Il procedimento ha origine da un contenzioso instaurato da alcuni eredi che chiedevano il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento in favore di un congiunto deceduto, sostenendo che le sue condizioni di salute avessero già integrato, in vita, i requisiti previsti dalla normativa.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, ritenendo che il beneficiario fosse ancora in grado di deambulare, seppur con cautela e con l’ausilio di appoggi. Tale valutazione era stata impugnata e, dopo una prima cassazione con rinvio, la Corte d’appello aveva riconosciuto il diritto alla prestazione a decorrere dal novembre 2014, condannando l’ente previdenziale al pagamento degli arretrati.

L’istituto, tuttavia, aveva proposto ricorso sostenendo che la condizione del soggetto — pur richiedendo una “supervisione continua” — non corrispondesse all’impossibilità di camminare senza aiuto, come previsto dalla legge. La questione è così approdata nuovamente in Cassazione.

Il nodo interpretativo: supervisione o aiuto permanente

Il punto centrale della controversia riguarda il significato giuridico e medico-legale della locuzione “aiuto permanente di un accompagnatore”. Secondo l’ente previdenziale, la possibilità di deambulare con l’ausilio di un bastone o di un supporto fisico, ma senza l’intervento materiale di un’altra persona, non sarebbe sufficiente per ottenere l’indennità.

La Corte di Cassazione, invece, ha adottato una lettura più ampia e aderente alla ratio della norma, sottolineando che la supervisione continua — quando implica la necessità costante della presenza di qualcuno per evitare cadute o situazioni di pericolo — equivale sostanzialmente a un aiuto permanente.

Il concetto di “supervisione”, spiega la sentenza, presuppone che la persona non sia in grado di compiere l’attività in piena autonomia e che, senza tale vigilanza, l’atto stesso (in questo caso la deambulazione) non possa essere svolto in sicurezza. Si tratta quindi di una condizione che rientra a pieno titolo nella fattispecie prevista dalla legge 18/1980.

La valutazione medica e la scala Barthel

Nel motivare la decisione, la Corte ha esaminato anche il ruolo della cosiddetta scala di Barthel, uno strumento medico utilizzato per misurare il grado di autonomia nelle attività quotidiane. Tuttavia, la Cassazione ha ricordato che tale parametro non può essere utilizzato per negare il diritto all’indennità di accompagnamento quando sia accertata la necessità di aiuto nella deambulazione.

La scala di Barthel, infatti, valuta la capacità residua di compiere azioni come vestirsi, lavarsi o alimentarsi, ma non incide sul requisito alternativo relativo alla mobilità. In altre parole, un soggetto può risultare parzialmente autonomo in alcune funzioni ma non essere in grado di camminare senza assistenza, e ciò basta per il riconoscimento dell’indennità.

Il principio affermato dalla Cassazione

La Suprema Corte ha quindi accolto il ricorso, cassando la decisione del giudice di rinvio e restituendo gli atti al Tribunale per un nuovo esame. Nel dispositivo, i giudici hanno chiarito che la necessità di supervisione continua deve essere considerata come una forma di aiuto permanente ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, purché tale necessità sia costante e non occasionale.

La pronuncia ribadisce inoltre che il diritto alla prestazione non può essere escluso per il solo fatto che il soggetto conservi una minima capacità di movimento, se tale attività comporta un rischio concreto e richiede la presenza costante di un accompagnatore.

Un orientamento a tutela delle persone fragili

Questa decisione rafforza un principio di civiltà giuridica e sociale: la protezione delle persone con gravi limitazioni deve tener conto non solo della loro autonomia teorica, ma anche della sicurezza e della dignità con cui possono compiere le azioni quotidiane.

La Cassazione, con questa ordinanza, ribadisce che l’obiettivo della legge sull’accompagnamento non è quello di premiare la totale immobilità, ma di garantire un sostegno a chi, pur muovendosi, non può farlo senza l’assistenza costante di un’altra persona.

Il pronunciamento rappresenta quindi un punto di riferimento per medici legali, avvocati e famiglie che si confrontano con le complessità del riconoscimento dei diritti assistenziali previsti dalla legislazione italiana.

Indennità di accompagnamento: per Cassazione vale anche in caso di “supervisione continua”

Qui il testo completo della sentenza.

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