Indie Soul – Episodio #24

Finite le vacanze si riparte con forza, senza perdere le care vecchie abitudini: per questo la redazione di GameSoul si ripresenta con un un nuovo episodio di Indie Soul, la rubrica di GameSoul.it dedicata ai titoli indipendenti, che ogni volta ci offre diverse proposte tutte da scoprire. Il terzetto di oggi è un variegato mix di azione, brivido e adrenalina da pista!
Si comincia tra i contrasti netti del curioso e inquietante OFF, che vanta la colonna sonora di Toby Fox. Proseguiamo poi con l’affascinante e cupo Perennial Order per chiudere tra simulazione e frenesia con Formula Legends.
Vi ricordiamo che questi giochi sono disponibili solo in digitale, ma che da gamelife potete acquistare credito per PlayStation Store, Nintendo eShop, Microsoft Store e Steam, in negozio e online.
Ora è tempo di scoprire questo terzetto di indie, con il ventriquattresimo appuntamento di Indie Soul!
Quando OFF fece la sua prima apparizione in un forum francese nel lontano 2008, nessuno poteva prevedere che questo piccolo RPG, realizzato con RPG Maker 2003, sarebbe diventato un faro per il genere indie. Creato dalla mente solitaria di Mortis Ghost, alias Martin Georis, il gioco si distingueva non per la grafica semplicistica, bensì per la sua profonda e inquietante complessità. OFF invitava il giocatore a un viaggio surreale e disorientante, nei panni del Batter, una figura dal volto bianco e dalla missione oscura: purificare il mondo. La sua natura criptica, i dialoghi bizzarri e una narrazione che sfidava ogni convenzione hanno trasformato un passatempo in un vero e proprio fenomeno di culto, dimostrando che l’estetica non è niente senza una visione autoriale – termine che ultimamente trovo stia un po’ sfuggendo di mano, ma molto adeguato nel caso specifico.
Il suo impatto si fece sentire negli anni successivi, influenzando un’intera generazione di sviluppatori indipendenti. Il contrasto tra l’umile motore di gioco e i temi filosofici che esplorava, come la manipolazione, la moralità e l’esistenza stessa, ha ispirato titoli che sono diventati pilastri del genere. L’esempio più lampante è Undertale, sviluppato da Toby Fox e celebrato ancora oggi, che ha spesso citato OFF come una delle sue principali fonti d’ispirazione. Il gioco è diventato la prova vivente che l’innovazione non risiede nella tecnologia quanto nella capacità di raccontare una storia in modo unico e indimenticabile, trasformando i limiti tecnici in un punto di forza.
Dopo anni di silenzio e progetti amatoriali di fan, la notizia del remake ufficiale, curato da Mortis Ghost in collaborazione con il publisher Fangamer, è stata accolta come un evento epocale. La missione era chiara: preservare l’anima del gioco originale pur rendendolo accessibile a un pubblico moderno su piattaforme come PC (Steam) e Nintendo Switch. Il risultato è un’opera che riesce perfettamente in questo intento, rielaborando ogni aspetto senza mai tradire lo spirito che l’ha resa celebre.
Le differenze tra le due versioni sono palpabili e significative. L’interfaccia utente, che nel gioco originale era spoglia e tipica di RPG Maker, è stata completamente ridisegnata, offrendo una navigazione più fluida e intuitiva. Questo aggiornamento non si limita alla pura estetica, andando a migliorare l’accessibilità e l’esperienza di gioco specialmente per chi non ha familiarità con i vecchi RPG. Anche il sistema di combattimento a turni, pur mantenendo la sua struttura di base, è stato rivisto e bilanciato, eliminando alcune ridondanze e rendendo ogni scontro più dinamico e strategico. I “Puzzle del Giudice” che richiedevano interazioni specifiche con l’ambiente sono stati ripensati per essere più intuitivi, pur mantenendo il loro mistero di fondo. La fluidità del gameplay, combinata con una reattività migliorata, rende l’esplorazione e la risoluzione degli enigmi un’esperienza più appagante.
L’aspetto che ha suscitato più entusiasmo, tuttavia, è la colonna sonora. Sebbene i brani originali di Alias Conrad Coldwood fossero già iconici, il remake introduce una selezione di pezzi riarrangiati e, soprattutto, nuove composizioni di artisti di spicco come Toby Fox, che ha saputo fondere il suo stile con l’atmosfera di OFF, creando un ponte sonoro tra due dei più influenti RPG indie della storia. Queste nuove tracce non si limitano ad essere un semplice riempimento, ma si integrano perfettamente nel gioco, esaltandone l’atmosfera surreale e a tratti disturbante. Si potrebbe dire che la musica nel remake è una vera e propria parte della narrazione, che guida il giocatore attraverso le zone sempre più bizzarre e pericolose.
Ciò detto, il vero tocco di genio di questo rifacimento risiede nei contenuti aggiuntivi. Per la prima volta, i giocatori possono esplorare nuove aree e affrontare boss segreti ideati e implementati dallo stesso Mortis Ghost. Queste aggiunte non sono un semplice riempimento, poiché vanno a integrarsi perfettamente nella storia ampliando la lore e offrendo ai fan di lunga data un motivo in più per rimettersi in gioco e scoprire segreti che non conoscevano. Inoltre, il remake include una traduzione ufficiale che, a differenza delle versioni amatoriali del passato, è stata curata per preservare tutte le sfumature e le ambiguità originali. Il lancio su Nintendo Switch, infine, apre le porte a un pubblico completamente nuovo, dimostrando che la forza di una storia può superare le barriere delle piattaforme e dei decenni. Il remake di OFF non è una semplice riproposizione in alta definizione: stiamo parlando di una vera e propria celebrazione, un’opportunità di rivivere l’esperienza nel modo in cui l’autore stesso l’aveva sempre immaginata, rendendola finalmente accessibile a una nuova generazione di videogiocatori.
OFF è disponibile su Steam e Nintendo Switch.
A cura di Alessandra Borgonovo
Perennial Order è il peculiare videogioco sviluppato da Gardens of the North, del quale balza all’occhio anzitutto la direzione artistica e in seconda, non meno importante, battuta la sua natura boss rush accompagnata dal fatto che un singolo colpo è sufficiente a morire. Il gioco è interamente disegnato a mano, con un’estetica che si ispira alle incisioni botaniche e alle stampe del XIX secolo: ogni elemento, dai boss imponenti ai più piccoli dettagli dello scenario, ricorda un’opera d’arte macabra, un approccio visivo che tuttavia non è soltanto un vezzo artistico: si pone infatti come spina dorsale dell’intera esperienza, mirando a creare un’atmosfera di orrore botanico per avvolgere il giocatore in una continua inquietudine.
Il fascino di Perennial Order risiede nel suo contrasto tra la bellezza apparentemente delicata del suo stile visivo e l’implacabile brutalità del gameplay. Ogni boss è infatti un’entità unica, una mostruosità floreale che combina eleganza e ferocia: i loro design, che richiamano piante carnivore, funghi velenosi e radici contorte, sono visivamente affascinanti e, proprio come alcune piante, non aspettano altro che un segno di debolezza da parte nostra per affondare, mettendo a segno quell’unico attacco in grado di ucciderci. Questo connubio tra estetica ricercata e sfida che non definirei hardcore ma resta comunque impegnativa lo rende un titolo memorabile. In parte mi ha ricordato Titan Souls, reso ancora più unico dal fatto che anche ai boss bastava un colpo per cadere, come al giocatore, ma nel caso specifico l’impegno risiede tutto nel trovare questo punto debole. Perennial Order in questo senso è più permissivo, perché i boss hanno più vita e possono essere colpiti ovunque (si possono comunque difendere), però la mente è andata al gioco di Acid Nerve.
Poiché è un’avventura incentrata sui combattimenti contro i boss, in Perennial Order non ci sono lunghe sessioni di esplorazione o di livellamento; l’azione è diretta e incessante. Dovremo muoverci lungo arene sinistre e corrotte, superando occasionalmente qualche trappola nella strada che conduce al nostro avversario, ma a parte questo nient’altro: riflessi rapidi, un occhio attento e una memorizzazione dei pattern nemici sono le chiavi per portarsi a casa la vittoria. Morire è l’occasione per imparare e il gioco non penalizza eccessivamente in questi casi, facendoci ripartire dall’inizio del combattimento (sì, anche nel caso in cui il boss abbia più di una fase) per esortarci a perfezionare la nostra strategia. Lo stesso sistema di progressione del personaggio è minimalista: ogni boss sconfitto, in particolare ma ci sono altri modi per ottenerli, permette di ottenere un’abilità chiamata Istinto, la cui struttura mi ha ricordato gli amuleti di Hollow Knight, anche come presentazione del menu. Queste possono essere equipaggiate sulla base di quanti punti abbiamo a disposizione e, con il tempo, richiederà un po’ di gestione dei suddetti punti per massimizzare la build. Al netto di tutto questo, il focus rimane saldamente sul perfezionamento delle proprie capacità di gioco, una filosofia che premia la dedizione e la perseveranza.
Tuttavia, proprio questa enfasi sul combattimento incessante non esime il gioco da qualche critica: pur consapevole che si tratta di una boss rush, c’è un’idea di lore alla base di questa avventura, che manca della giusta profondità atta a rendere qualcosa di più di una semplice ripetizione delle stesse logiche – vai, cerca il boss, sconfiggilo, ripeti. La curva di difficoltà, inoltre, può subire a volte delle impennate un po’ eccessive che potrebbero scoraggiare i giocatori meno esperti che comunque vogliono provare il gioco; a questo aspetto si allaccia il fatto che non sempre i pattern dei boss, o meglio la distanza che possono raggiungere i loro colpi, è facilmente leggibile e se, come ho detto, la sconfitta non rappresenta un grande problema potrebbe comunque accumulare il senso di frustrazione. A volte ho notato alcune decisioni in merito agli attacchi che, pur essendo coerenti, rischiano di ostacolare l’esperienza in sé: mi viene in mente uno dei primi boss, un cavaliere, che nella sua seconda fase colpisce il terreno in schianto e lo scherma trema per diversi secondi, rendendo quasi impossibile un contrattacco o anche solo capire cosa voglia fare lui come mossa successiva.
Non sono problematiche eccessive, a maggior ragione perché Perennial Order è un’avventura che può essere condivisa con un amico, ma restano difetti che balzano all’occhio soprattutto se si è abituati non tanto alle boss rush in sé, quanto alle difficoltà di alcune esperienze e alla minuziosità che queste richiedono per essere godute al meglio.
Ciò detto, Perennial Order si distingue per la sua scelta di semplificare il gameplay e ridurre l’esperienza alla sua forma più pura, dimostrando che una solida direzione artistica e una meccanica di base complessivamente ben progettata possono essere più che sufficienti per creare un’esperienza avvincente. Il gioco non cerca di reinventare la ruota, concentrandosi piuttosto sull’offrire una sfida avvincente e visivamente molto gradevole. Il suo approccio minimalista lo incasella in quella nicchia di indie che vale la pena provare, a maggior ragione se siete in cerca di un livello di sfida progressivo, pur al netto di qualche impennata di troppo.
Perennial Order è disponibile su Steam, PS4, PS5 e Xbox One, Xbox Series
A cura di Alessandra Borgonovo
L’idea alla base di Formula Legends, sviluppato dagli italiani 3DClouds, è tanto semplice quanto affascinante, almeno per gli amanti dei racing games: un gioco di corse ispirato alla Formula 1, dall’aspetto arcade, ma dall’animo tutto sommato realistico e simulativo. Infatti dietro lo stile cartoonesco delle vetture, dei tracciati e di tutto il contorno, ci sono tanti di quegli elementi propri della F1 che qualsiasi appassionato di questo sport non può non cogliere ed apprezzare: zone DRS, penalità e consumo delle gomme (e del carburante) sono solo alcuni di questi.
La domanda però è: questo mix arcade/simulazione funzionerà? Per quanto ci riguarda, sulla carta, l’idea è assolutamente vincente; troppo spesso si passa da un estremo all’altro, offrendo al giocatore o un’esperienza totalmente arcade che diverte, dove manca quella profondità tipica della F1, oppure il classico gioco di F1 (bello per carità), che però resta impegnativo anche per via della sua fedeltà. Di fatto però Formula Legends non è un gioco del tutto vincente, purtroppo.
Palesemente ispirato alla Formula 1, Formula Legends non ha licenze ufficiali, bensì i tipici “soprannomi” utilizzati in queste occasioni. Giusto per citarne qualcuno, tra le case costruttrici la Ferrari sarà la Ferenzo, e tra i suoi piloti ci sarà un certo Charlie LaCreme (ovviamente Charles LeClerc). Negli anni, soprattutto nei titoli calcistici siamo stati abituati a certe storpiature, e dobbiamo dire che per quanto sarebbe stato bello avere le licenze ufficiali, la cosa non ci disturba, anzi, in alcuni casi ci ha strappato anche un sorriso. Stesso discorso vale per i circuiti, nomi non ufficiali ma paese e ambientazione sono quelli, oltre che la struttura degli stessi, che è piuttosto fedele.
Nel parlare di questo aspetto non possiamo non legarci alla modalità principale, ovvero lo “Story Mode”, che altro non è che una serie di campionati ambientati in epoche diverse: dagli anni ‘60 fino ai giorni nostri. Sette campionati in cui cambieranno non solo le vetture e i piloti, ma anche i tracciati, sia per quel che riguarda le condizioni delle piste, che le modifiche subite nel corso degli anni. Seppur questa modalità di fatto è solo una sequenza di gare, resta piuttosto tangibile come cambi il comportamento delle vetture, così come cambiano i regolamenti ed elementi come il DRS (qui chiamato WRS), etc. Nulla di particolarmente intrigante, ma per chi ha vissuto le varie epoche della F1, potrebbero bastare questi elementi a rendere la modalità principale appagante.
Abbiamo parlato di DR… ehm WRS, ebbene tra gli elementi simulativi, oltre a quello, ci sono anche una barra con la resistenza dell’auto, il carburante e l’usura (oltre che la scelta della mescola) delle gomme. Si tratta senza dubbio di qualcosa che va ad aggiungere spessore (e necessità di pianificazione e gestione) a Formula Legends. Fare un pit-stop al momento giusto, impiegando il minor tempo possibile (c’è un sistema stile quick-time-event) può fare la differenza per il risultato finale della gara. Se questi elementi rendono Formula Legends più realistico (e coinvolgente), ci sono altri aspetti del gioco in cui l’eccessivo realismo può risultare frustrante. Ci riferiamo alla frenata innanzitutto, troppo facile bloccare le gomme ed andare dritti, mandando all’aria quanto di buono fatto fino a quel momento. Stesso discorso vale per la trazione, in alcuni casi davvero troppo “realistica”: quando le gomme scendono oltre un certo livello di usura, la vettura è praticamente incontrollabile. Per fortuna, nonostante di default sia tutto impostato così, c’è la possibilità di attivare il controllo della trazione ed un sistema di antibloccaggio. Questi due accorgimenti renderanno l’esperienza decisamente più appagante e meno frustrante. A patto di non abbandonarlo prima.
Ciò su cui invece si può far poco è sull’IA delle altre vetture (13 per la cronaca), che non seguono traiettorie ben definite o intuibili e passano dall’essere imprendibili all’essere inesistenti. Su questo incide molto il livello di difficoltà scelto, ma non avrete mai la sensazione di correre contro un avversario vero e proprio, bensì dei meri ostacoli da evitare per raggiungere la prima posizione. E non si può far nulla nemmeno per i track limits, troppo fiscali, anche quando non c’è un reale vantaggio: per fortuna a fine gara anche i nostri avversari avranno accumulato diverse penalità, rendendo però di fatto la classifica finale un’incognita finché non sarà ufficiale.
Se questi aspetti inficiano l’esperienza finale, il vero problema di Formula Legends risiede nella fisica delle collisioni, principalmente con il circuito, ma anche tra le vetture (soprattutto quando non c’è il controllo trazione attivato). E’ troppo facile ritrovarsi ancorati al guard-rail o a un nostro avversario che inspiegabilmente ci è venuto addosso, senza possibilità di gestire il problema con qualche manovra e con l’unica soluzione della rimessa in pista (con il tasto Y), che farà perdere tantissimo tempo.
In realtà la prima reazione sarà quella di ricominciare la gara, il che però dopo N volte diventerà frustrante e demotivante. Come detto, l’attivazione degli aiuti, pur rendendo meno simulativa l’esperienza, aiuta a limare questo evidente problema, visto che eviterete più facilmente le collisioni; ma quando succederà (e succederà) sarà comunque snervante.
Qualche incertezza c’è anche dal punto di vista tecnico, ma nulla di così grave. In generale ci piace l’aspetto grafico e la resa complessiva. Spiace per la mancanza di una qualsivoglia modalità multiplayer, le varie modalità non vi terranno incollati a lungo, nemmeno per il gusto di sbloccare piloti e vetture.
Come detto, l’idea alla base c’è, mentre la realizzazione lascia un po’ a desiderare, ma in generale Formula Legends potrebbe dare qualche soddisfazione, soprattutto agli amanti della F1. Con qualche accorgimento (e modalità) in più, ma soprattutto con qualche problema in meno, sarebbe stato un titolo da consigliare spassionatamente. In un racing game cerchiamo sì profondità ed accuratezza nei dettagli, ma diamo per scontato che la giocabilità (aka guidabilità) sia la base su cui si poggia tutto il resto. Ora quel che facciamo è consigliarvi di provare la demo prima di valutarne l’acquisto.
Perennial Order è disponibile su Steam, PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series e Nintendo Switch.
A cura di Pasquale Lello
Al prossimo appuntamento con Indie Soul!
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