L’alleanza tra Pd e Cinquestelle è la ribollita che non piace a nessuno

Ottobre 12, 2025 - 06:30
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L’alleanza tra Pd e Cinquestelle è la ribollita che non piace a nessuno

L’amalgama non riuscito è quello dell’incontro strategico Pd-M5s. Incontro tanto decantato a Roma quanto inesistente in Europa – dove i due partiti votano pressoché sempre in modo diverso (l’ultima volta su Ursula von der Leyen: Pd a favore, contiani contro) – e indigesto sul territorio. Vedremo domani e lunedì in Toscana, dove a differenza di cinque anni fa il Movimento 5 stelle è nella coalizione a sostegno di Eugenio Giani: l’elettorato di derivazione grillina si è convertito al nuovo credo contiano o è rimasto duro e puro?

La domanda è legittima visto che dopo la sconfitta nelle Marche l’avvocaticchio del popolo aveva spiegato che i suoi un candidato del Pd proprio non ce la fanno a votarlo, anche se a dirla tutta una settimana dopo i post-grillini non hanno nemmeno votato l’uomo del reddito di cittadinanza Pasquale Tridico, che ha preso una legnata epica e dovrebbe bellamente rientrare a Bruxelles.

Il fatto che l’ex premier si sia rifiutato di salire sullo stesso palco con Giani e con la stessa Elly Schlein la dice lunga su quanto amore regni tra gli inquilini del campo largo. Al confronto Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani sembrano dei vecchi compagni di scuola che si presentano insieme su tutti palchi: poi è vero che se ne fanno di ogni nei vertici, ma l’immagine esterna è pacifica.

Il fatto che Conte abbia impedito che i leader del campo largo si presentassero al comizio unitario in Toscana e andassero invece in ordine sparso illumina i retropensieri dell’uomo di Volturara Appula, la sua insincerità di fondo, la perdurante incertezza strategica e, in definitiva, la sua inaffidabilità politica.

In quel vengo o non vengo – alla fine: non vengo – si esprime l’ansia delle mani libere che gli consente a seconda delle circostanze di scavalcare il Partito democratico a sinistra o a destra, tenendolo sempre sulla corda come un amante bugiardo.

Il problema, lo si è accennato, è che buona parte dell’elettorato del Movimento 5 stelle è tuttora anti-sistema e pervaso da un ribellismo che si esprime nel no a tutto, una volta sul rigassificatore di Piombino un’altra sull’aeroporto di Peretola, e probabilmente anche nella scelta di non andare proprio a votare: e per un politico di professione come Giani, poi.

L’impressione è che tutta la trattativa condotta per il Movimento 5 stelle da Paola Taverna sia stata una mezza presa in giro, con Giani costretto a sorvolare sui diktat taverniani: altro che alleanza politica, forse non è stata neppure una seria intesa programmatica. Insomma, i grillino-contiani in animo loro non ci credono per niente. Però un paio di seggi fanno sempre comodo e tanto lui avrebbe vinto lo stesso.

Se questa è la cornice psicologica dell’alleanza, sarà interessante osservare il dato della lista contiana. I paragoni sono sempre difficili, ma va detto che cinque anni fa, presentandosi da solo, il Movimento 5 stelle prese il sette per cento. La scelta di stare nel campo largo premierà? Certo è che il voto in Toscana cade in una fase in cui il rapporto generale tra i due partiti pesanti del campo largo non è mai stato così freddo, difficile, sospettoso. La concorrenza è forte (attenzione alla lista riformista per Eugenio Giani Presidente, lista civica che raggruppa anche candidati di Italia Viva, Più Europa, Psi, Libdem e Pri), e la Toscana sarà un bel sondaggio sui rapporti di forza nel campo largo. Finora l’amalgama non è riuscito. Si spera in una miracolosa ribollita, lunedì.

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Redazione Redazione Eventi e News