Marine Le Pen chiede elezioni anticipate per una Francia ingovernabile

«La dissoluzione del Parlamento e nuove elezioni sono un obbligo per il presidente Macron, se davvero rispetta la democrazia». Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, ha commentato così, con tono trionfante, la caduta del governo di François Bayrou, travolto ieri dal voto di sfiducia dell’Assemblea Nazionale. Con 364 deputati contrari e 194 favorevoli, la mozione ha segnato la prima sconfitta parlamentare di questo tipo nella storia della Quinta Repubblica, aprendo una crisi politica profonda.
Il premier aveva convocato il voto di fiducia nel tentativo di sottolineare la gravità della situazione finanziaria francese: un deficit di quasi centonovantaottto miliardi di dollari, pari al 5,8 per cento del Pil, e un debito pubblico al centoquattordici per cento del prodotto interno lordo. Le sue proposte, che prevedevano congelamento dei sussidi, taglio di due festività nazionali e altre misure di austerità, miravano a ridurre la spesa e a riportare il deficit al tre per cento entro il 2029. «Tutte le sfide che affrontiamo si riducono a una domanda essenziale: il controllo della nostra spesa e del nostro debito», aveva detto Bayrou in Aula.
Ma l’appello non ha trovato ascolto. Il voto contrario è arrivato dall’unione di partiti di destra e sinistra, tra cui il Rassemblement National, La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, i socialisti, gli ecologisti e i comunisti. Anche alcuni deputati repubblicani e macronisti hanno espresso dissenso o si sono astenuti, evidenziando le difficoltà interne della maggioranza. Secondo Le Monde, la caduta di Bayrou riflette anche l’incapacità della Francia di gestire una crisi economica e politica in un Parlamento frammentato, dove l’alternanza tradizionale tra centrodestra e centrosinistra è stata sostituita dalla prevalenza di estremi politici e dall’assenza di coalizioni stabili.
Il presidente Emmanuel Macron ha già dichiarato di non voler indire nuove elezioni, ma dovrà nominare un nuovo primo ministro nei prossimi giorni. Le opzioni disponibili appaiono limitate: un candidato centrista potrebbe offrire solo un sollievo temporaneo, mentre un premier del Partito socialista rischierebbe di non avere sufficiente sostegno parlamentare. Intanto, Le Pen, pur essendo stata condannata per appropriazione indebita e sospesa dal diritto di candidarsi per cinque anni, continua a influenzare la scena politica, proponendo il giovane Jordan Bardella come possibile premier in caso di elezioni anticipate.
La crisi di Bayrou non è un evento isolato: è il culmine di mesi di tensioni politiche e tentativi falliti di riforma, tra proteste sociali, polemiche sulla riforma delle pensioni e l’insicurezza generata dall’aumento del debito pubblico. Con quattro governi caduti negli ultimi venti mesi, la Francia affronta una fase di instabilità che rischia di compromettere la capacità dello Stato di garantire i servizi essenziali e di affrontare la pressione sociale.
La domanda ora è quella della sopravvivenza del sistema politico: la paralisi parlamentare somiglia a quella del 1958 che portò alla nascita della Quinta Repubblica. Ma oggi manca un’alternativa chiaramente credibile come quella rappresentata all’epoca da Charles De Gaulle: Macron appare isolato, Bayrou è crollato, martire della spesa pubblica, e l’equilibrio tra destra, centro e sinistra sembra impossibile da ricostruire senza un compromesso che nessuno è pronto ad accettare.
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