Riforma della Cittadinanza Iure Sanguinis: tra dubbi interpretativi, nodi critici e difficoltà applicative della nuova norma

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Natitaliani fa il punto in vista del convegno del 2 ottobre a Siena.
Premessa
Il 23 maggio scorso è stata approvata la Legge 74/2025 che ha profondamente modificato l’impianto storico della cittadinanza italiana per ius sanguinis. La riforma si muove nella direzione di rafforzare il principio del legame concreto ed effettivo con l’Italia, introducendo limiti generazionali più rigidi, requisiti di residenza e vincoli per conservare la cittadinanza acquisita. Il 31 luglio 2025 è arrivata anche la sentenza n. 142 della Corte costituzionale, che si è pronunciata su ricorsi sollevati da diversi Tribunali (Bologna, Roma, Milano e Firenze) circa la legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 91/1992. La Consulta ha dichiarato inammissibili gran parte delle questioni sollevate, chiarendo che spetta al legislatore stabilire i criteri di cittadinanza e non fondate le altre, escludendo la disparità di trattamento rispetto ad altri percorsi di acquisizione della cittadinanza. La Consulta, pur non estendendo il proprio giudizio alla nuova riforma del 2025, poiché non applicabile ai giudizi pendenti, ha prodotto una serie di effetti pratici così sintetizzabili:
- i procedimenti già avviati sulla base della legge del 1992 continuano senza limiti generazionali;
- le nuove domande (dopo il 27 marzo) dovranno invece confrontarsi con i nuovi requisiti della riforma;
- il futuro contenzioso si concentrerà sulla compatibilità costituzionale e sull’interpretazione della Legge 74/2025.
La riforma del 2025 ha dunque ridisegnato i confini della cittadinanza iure sanguinis, aprendo scenari giuridici complessi e interrogativi di forte impatto sociale.
Il convegno del 2 ottobre che si terrà a Siena
In vista del convegno del 2 ottobre a Siena, “Cittadinanza Iure Sanguinis dopo la Riforma del 2025”, abbiamo chiesto ai vertici di Natitaliani, promotori dell’iniziativa, di darci qualche anticipazione per capire meglio quali temi verranno affrontati e in che modo.
La locandina con il programma
Qui di seguito infine la locandina completa con il programma.
Avv. Flavia Di Pilla – Direttivo Natitaliani
Lei è la promotrice e organizzatrice del convegno che si terrà a Siena il 2 ottobre. Ci racconti come nasce l’idea, quali sono i partner e l’obiettivo che si propone Natitaliani con questo evento?
L’idea nasce dall’esigenza di dare uno spazio di confronto qualificato e costruttivo su una norma che tocca direttamente migliaia di persone e che, per la sua complessità, presenta ancora numerosi punti da chiarire. Abbiamo pensato a un convegno con un taglio pratico, capace di offrire risposte concrete e linee interpretative autorevoli, sempre nel rispetto dei principi costituzionali. È un evento promosso da Natitaliani con la collaborazione di Europe Direct Siena, Università di Siena e con Il Sole 24 Ore come media partner: questo ci consente di unire la dimensione accademica, istituzionale e mediatica, con l’obiettivo comune di fare chiarezza ed evitare che dubbi, lacune o applicazioni non uniformi possano tradursi in effetti penalizzanti per determinati soggetti, si pensi ad esempio ai minori…
Il convegno è stato pensato con un taglio pratico. Si parla infatti nel sottotitolo di “risposta degli esperti”. In che modo avete raccolto quesiti, criticità e dubbi interpretativi?
Natitaliani lavora con una metodologia partecipativa: i nostri gruppi di lavoro sono luoghi di confronto continuo, anche attraverso le chat interne. In particolare, per il convegno di Siena hanno collaborato tre gruppi: quello tecnico-giuridico, quello sulla costituzionalità e quello dedicato al disbrigo delle pratiche. Dal dialogo tra questi tavoli sono emerse le criticità più rilevanti, i quesiti aperti e i nodi che generano maggiore incertezza. Abbiamo così potuto costruire un programma che mette al centro le vere esigenze dei cittadini e degli operatori, e che offre risposte basate su competenza, esperienza e confronto multidisciplinare.
Daniel Taddone – Presidente di Natitaliani
Presidente Taddone, la Legge 74/2025 è stata salutata dal Governo come una svolta storica. Tuttavia, la Consulta ha ribadito che i procedimenti presentati fino al 27 marzo 2025 restano regolati dalla legge del 1992, mentre per il futuro si aprono questioni non risolte, dubbi interpretativi e di legittimità. Dal suo punto di vista, quali sono i principali nodi critici che emergono dalla nuova norme?
La riforma della legge sulla cittadinanza introdotta dal Decreto-legge 36/2025 e dalla Legge 74/2025 presenta diversi palesi vizi di legittimità costituzionale. La modifica più assurda e pericolosa introdotta dalla riforma è la categorizzazione dei cittadini italiani. In pratica, i cittadini italiani residenti all’estero vengono ora classificati in cinque categorie, dalla Classe A alla Classe E. I figli minori non ancora iscritti all’anagrafe dei cittadini di Classe C, D ed E hanno, a tutti gli effetti, visto revocata la cittadinanza italiana dalla riforma. Sono stati cittadini italiani fino al 24 maggio di quest’anno, ma, per il semplice fatto di non essere stati iscritti nei registri di stato civile italiani entro tale data, hanno perso la cittadinanza. Mai nella storia italiana era stato attribuito un potere simile, che in questo caso ha avuto efficacia retroattiva, alla richiesta formale di iscrizione della nascita come fattore determinante dello status civitatis.
È importante notare che i figli minori dei cittadini di Classe A o B non hanno subito la perdita della cittadinanza e che ciò che li distingue dagli italiani delle altre classi sono fattori anagrafici puramente arbitrari. Inoltre, i figli minori dei cittadini di Classe C o D possono “recuperare” la cittadinanza mediante una nuova procedura denominata “beneficio di legge”, tramite una macchinosa procedura e il pagamento di una tassa di 250 euro. I figli minori dei cittadini di Classe E, che sono stati cittadini italiani fino al 24 maggio, non hanno invece alcuna possibilità di recuperare la cittadinanza loro revocata, neppure mediante il “beneficio di legge”. Come si vede, questa categorizzazione dei cittadini, basata su elementi arbitrari e retroattivi, contrasta chiaramente con quanto previsto dall’Articolo 3 della Costituzione italiana.
Lei si è recentemente espresso rispetto al “visto per oriundi” introdotto con l’atto di Governo n. 289 del 4 agosto 2025. Può spiegarci cosa prevede e perché, secondo lei, rappresenta una beffa?
Una delle promesse di alcuni esponenti del Governo Meloni e di parlamentari alleati era la possibilità che i discendenti di emigrati italiani che «meritassero» e volessero vivere in Italia potessero richiedere la concessione della cittadinanza italiana dopo due anni di residenza legale e continuativa sul territorio italiano (omettendo, però, che dopo questi primi due anni sarebbero necessariamente occorsi almeno altri due anni prima di ottenere effettivamente la cittadinanza). Nonostante la riforma abbia previsto il rilascio di visti per lavoro subordinato al di fuori dei limiti del cosiddetto «Decreto Flussi», tale previsione, a cinque mesi dall’entrata in vigore, non è ancora stata regolamentata né sembrano esserci iniziative in tal senso. Con l’Atto del Governo n. 289, il Governo Meloni ha avuto il cinismo di prevedere 150 posti in 3 anni per visti di «lavoro autonomo» (che sono i più adeguati) destinati ai discendenti, su un totale di oltre 228.000 posti a cui cittadini argentini, brasiliani o uruguaiani non possono accedere. Pertanto il Governo Meloni ha riservato lo 0,06% dei posti agli italo discendenti, il che è una beffa.
Claudia Antonini – Vicepresidente di Natitaliani
Vicepresidente, lei è appena rientrata da una missione in Brasile. Come sta reagendo la comunità italiana in Brasile rispetto alla nuova normativa?
Una buona parte della comunità italiana non ha ancora compreso con chiarezza cosa sia realmente accaduto e come debba comportarsi. Ciò è dovuto sia alla grande quantità di propaganda manipolatoria, sia ad articoli giornalistici poco chiari o con interpretazioni errate delle modifiche legislative. Natitaliani ha un grande missione per cercare di informare la comunità.
Quali segnali ha colto nei suoi incontri con le istituzioni dopo l’approvazione della legge?
Ho riscontrato molte incertezze e un terreno fertile per problemi futuri. Molti pensano che le nuove regole siano state abolite in virtù della sentenza della Corte Costituzionale del 31 luglio di quest’anno, che però si riferisce alla legge 91 del 1992 nella sua versione precedente alla riforma. Coloro che invece hanno compreso la gravità e la portata delle modifiche si sentono traditi, frustrati e demoralizzati. Il sentimento prevalente è di grande tristezza.
Io e la vicepresidente Francesca Barbanti siamo state invitate al Congresso Nazionale dello Stato Civile Brasiliano – il CONARCI 2025 – e successivamente all’Assemblea Generale della Commissione Internazionale dello Stato Civile (CIEC), un evento che ha riunito ufficiali di stato civile provenienti da diversi Paesi europei e da altri continenti. In entrambe le occasioni siamo state interrogate da più di una delegazione. È evidente la mancanza di chiarezza della nuova legge, al punto che funzionari di altri Paesi con grandi comunità italiane hanno manifestato apertamente la loro ricerca di risposte. La delegazione della Svizzera, che presiederà il prossimo mandato del CIEC, si è mostrata particolarmente interessata e preoccupata.
Con la riforma, la gestione delle pratiche di cittadinanza passerà gradualmente dai consolati a un ufficio centralizzato presso il Ministero degli Esteri. Secondo lei, quali rischi e criticità comporta questo processo di accentramento?
È evidente il contrasto tra quanto sta avvenendo nel sistema dello Stato Civile italiano e ciò che propone il Ministero dell’Interno per la futura gestione delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza. Il nuovo dipartimento elimina l’uso della PEC, chiede esclusivamente documenti cartacei e si basa su regole di gestione non note. Non si tratta di una modernizzazione, bensì di una regressione. La tendenza mondiale è quella della digitalizzazione perché rappresenta sicurezza e semplificazione dei servizi pubblici, con benefici diretti per cittadini e amministrazioni.
I documenti informatici con firma qualificata dispongono, nei casi già sperimentati, di efficienti servizi web per la verifica degli atti e delle apostille e, pertanto, non si capisce perchè non dovrebbero essere accettati previa le necessarie verifiche. Ovviamente, i documenti digitali sono più sicuri, tracciabili, sostenibili e agili. Consentono ricerche, indicizzazioni, condivisioni, firme e accessi da remoto, come d’altronde prevede l’ANSC, che sarà obbligatoria dal 2026. La centralizzazione dei servizi – come già accadeva a Roma prima della distribuzione delle trascrizioni ai comuni – aveva generato un numero elevatissimo di trascrizioni non eseguite. Si parla di oltre 100.000 atti ricevuti in formato cartaceo e mai trascritti. Il sistema proposto limita diritti fondamentali e crea una discriminazione evidente. È davvero questo ciò che vogliamo ripetere?
Avv. Maristella Urbini – Vicepresidente di Natitaliani
Alla luce di quanto è stato evidenziato, quale ruolo può giocare Natitaliani nel dialogo con le istituzioni italiane in merito alla nuova normativa? In che modo l’Associazione intende contribuire concretamente alla sua corretta applicazione?
Natitaliani ha seguito da vicino l’iter della riforma sulla cittadinanza iure sanguinis e oggi è un presidio fondamentale per la tutela dei diritti degli italiani nati all’estero. La nostra forza sta nella capacità di unire competenze specialistiche e multidisciplinari, che ci permettono di dialogare con le istituzioni in modo qualificato e costruttivo. Siamo un ponte tra comunità italiane all’estero e Italia, impegnati a garantire un’applicazione della legge corretta, uniforme e rispettosa della Costituzione. Per questo promuoviamo convegni di approfondimento, come quello di Siena, partecipiamo a tavoli istituzionali e sviluppiamo strumenti di informazione e aggiornamento utili per cittadini e operatori.
Il nostro obiettivo è duplice: aiutare gli italiani all’estero a orientarsi in un quadro normativo e procedurale complesso e offrire alle istituzioni un interlocutore competente, rappresentativo e capace di trasformare le istanze delle comunità in proposte concrete.
Considerazioni finali
Le testimonianze raccolte restituiscono un quadro complesso e sfaccettato: la Legge 74/2025 solleva numerose criticità applicative, alimentando dubbi interpretativi, di legittimità costituzionale ma anche concreti rischi di esclusione e disorientamento tra le comunità italiane all’estero.
Il messaggio che emerge con forza è chiaro: la cittadinanza non può essere ridotta a numeri, quote o automatismi burocratici. Dietro ogni richiesta ci sono persone, storie, progetti di vita improvvisamente sospesi. Serve chiarezza, una visione condivisa e linee guida omogenee.
Il convegno del 2 ottobre a Siena sarà un momento decisivo. Un’occasione di confronto tra esperti, istituzioni e rappresentanti delle comunità italo-discendenti per affrontare i nodi più urgenti e riaffermare il valore di una cittadinanza consapevole e inclusiva.
Il comunicato stampa di presentazione dell’evento
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