Stop del Governo a Legge urbanistica della Regione Lazio: richieste di modifica e tensioni politiche

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La nuova legge urbanistica della Regione Lazio, approvata lo scorso luglio dalla giunta guidata da Francesco Rocca, torna al centro del dibattito politico dopo lo stop del Governo, con la richiesta di diverse modifiche alla norma.
Dopo le critiche arrivate da esponenti del mondo culturale e la bocciatura da parte dell’ufficio legislativo regionale, ora è il governo nazionale a chiedere correzioni al testo. Le osservazioni, formulate dai ministeri delle Infrastrutture, dell’Ambiente e della Cultura, sono state trasmesse secondo quanto pubblicato da Roma Today tra l’inizio e la metà di settembre, all’interno del periodo di sessanta giorni previsto per la valutazione delle leggi regionali. È in questo arco di tempo, infatti, che il Consiglio dei Ministri può decidere se impugnare una norma ritenuta potenzialmente in contrasto con la Costituzione.
Si tratta dunque di un passaggio decisivo per una legge dedicata all’urbanistica che ha suscitato sin dal principio forti discussioni, tanto per le sue implicazioni sul paesaggio quanto per la portata delle semplificazioni introdotte. Il provvedimento, approvato con il titolo “Semplificazioni e misure incentivanti il governo del territorio” (legge regionale n. 12 del 30 luglio 2025), mira a ridisegnare in modo significativo le regole che governano la pianificazione urbanistica e le procedure edilizie nel Lazio.
Obiettivi e principi della riforma
Secondo la giunta regionale, l’intento della legge è quello di alleggerire l’apparato burocratico che rallenta gli interventi sul territorio, favorendo al contempo la rigenerazione urbana e il recupero degli edifici esistenti. Per raggiungere questo scopo, il testo modifica alcune normative regionali già in vigore — tra cui le leggi n. 36/1987, 15/2008, 21/2009 e 7/2017 — introducendo strumenti pensati per semplificare le procedure amministrative e valorizzare il patrimonio edilizio, inclusi sottotetti, seminterrati e altre superfici già realizzate ma spesso inutilizzate.
Il cuore dell’intervento legislativo è rappresentato da un doppio obiettivo: da un lato accelerare le autorizzazioni, dall’altro rendere più agevole il riuso del costruito, riducendo la necessità di nuovi consumi di suolo. Tuttavia, proprio questo equilibrio tra sviluppo e tutela del paesaggio ha sollevato dubbi e opposizioni, soprattutto da parte di chi teme un indebolimento dei vincoli ambientali e culturali.
Nuove competenze ai Comuni e iter più rapidi
Tra le innovazioni principali spicca la subdelega ai Comuni di ulteriori funzioni in materia di autorizzazioni paesaggistiche. Questa misura, prevista dall’articolo 7 della legge, punta a rendere più rapidi i procedimenti, affidando alle amministrazioni locali il rilascio dei permessi che prima erano competenza regionale. L’obiettivo dichiarato è favorire un approccio più vicino ai territori, ma non mancano le perplessità sul rischio di frammentazione e sulla capacità dei Comuni, spesso con risorse limitate, di gestire pratiche complesse legate alla tutela del paesaggio.
Un’altra modifica rilevante riguarda l’applicazione, anche per gli impianti di distribuzione di carburanti, delle procedure semplificate previste dal d.P.R. 160/2010 per gli insediamenti produttivi. In pratica, l’iter per l’approvazione di nuovi impianti potrà seguire una variante urbanistica semplificata, riducendo i tempi di autorizzazione. Questa norma, inserita nell’articolo 8, si inserisce nella più ampia strategia della Regione di incentivare le attività economiche, ma potrebbe avere conseguenze sul controllo urbanistico di aree sensibili o vincolate.
Coordinamento e semplificazione delle valutazioni ambientali
Uno dei capitoli più delicati del provvedimento è quello che riguarda la valutazione ambientale dei progetti. L’articolo 6 introduce infatti un coordinamento tra la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), due strumenti previsti dal decreto legislativo 152/2006. La novità consiste nel fatto che, quando un progetto sottoposto a VIA comporta anche una variante urbanistica, l’autorità competente per la VAS partecipa direttamente alla procedura di valutazione. In questo modo, la sostenibilità complessiva dell’intervento viene analizzata in maniera integrata, evitando duplicazioni e allungamenti dei tempi.
Le modalità operative per questo coordinamento dovranno essere definite con una deliberazione della Giunta regionale, che stabilirà come le diverse autorità competenti collaboreranno tra loro. Si tratta di un passaggio tecnico ma cruciale, poiché da esso dipenderà l’effettiva efficacia della semplificazione annunciata.
Opere pubbliche e PNRR: approvazioni più veloci
La legge introduce anche nuove procedure per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, soprattutto quelle finanziate attraverso i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano Nazionale Complementare (PNC). In questi casi, l’approvazione del progetto di fattibilità tecnico-economica, ottenuta nell’ambito di una conferenza di servizi e con il consenso della Regione, vale come variante urbanistica automatica. L’efficacia di tale variante è subordinata a una semplice presa d’atto da parte del consiglio comunale, semplificando in modo notevole i passaggi formali.
Questa norma, contenuta sempre nell’articolo 7, mira a evitare rallentamenti nei cantieri finanziati con fondi europei, ma secondo alcuni osservatori potrebbe ridurre gli spazi di partecipazione pubblica e di valutazione democratica dei progetti. La stessa procedura potrà essere adottata anche per interventi di interesse pubblico rientranti nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici (decreto legislativo 36/2023).
Il nodo delle osservazioni del governo
Le osservazioni inviate dai ministeri competenti non sono ancora state rese pubbliche nel dettaglio, ma fonti vicine al dossier parlano di rilievi significativi. Al centro delle perplessità ci sarebbero proprio le norme che incidono sulle competenze in materia paesaggistica e sulla gestione delle varianti urbanistiche semplificate.
I tecnici del governo avrebbero evidenziato possibili conflitti con la legislazione nazionale e con i principi di tutela ambientale fissati dalla Costituzione.
Se tali rilievi non dovessero essere recepiti, il Consiglio dei Ministri potrebbe decidere di impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale, aprendo così un nuovo fronte di tensione istituzionale tra Regione e Stato. Una prospettiva che la giunta Rocca cercherà verosimilmente di evitare, anche per non rallentare l’entrata in vigore delle misure più attese dal settore edilizio.
Un equilibrio ancora da trovare
Il percorso della legge urbanistica del Lazio si conferma dunque accidentato. Da un lato, la Regione rivendica il diritto di modernizzare la propria normativa per favorire investimenti e semplificare la macchina amministrativa; dall’altro, il governo e gli esperti di tutela del territorio chiedono garanzie contro un’eccessiva deregolamentazione.
Al centro della contesa resta una domanda di fondo: come conciliare sviluppo e salvaguardia del paesaggio, rapidità decisionale e trasparenza amministrativa? La risposta, come spesso accade, non sta soltanto nelle norme ma nella loro concreta applicazione. Ed è proprio su questo terreno — tra vincoli, semplificazioni e pressioni economiche — che si giocherà il futuro dell’urbanistica nel Lazio.
Il testo attuale della legge
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