Frode ecobonus record ad Avellino, sequestrati 1,6 miliardi di crediti falsi e arrestate 14 persone
Un’operazione record della Guardia di finanza di Avellino ha smascherato una frode mastodontica legata agli ecobonus, con interventi di efficientamento energetico completamente inventati, in alcuni casi riferiti persino a immobili inesistenti. Gli indagati avrebbero generato circa 2,7 miliardi di euro di spesa fittizia, trasformandola in crediti edilizi falsi per oltre 1,6 miliardi, poi monetizzati o ceduti.
L’inchiesta, coordinata dalla procura di Avellino, ha portato all’emissione di 14 misure cautelari: quattro persone sono finite in carcere, sette ai domiciliari, mentre per altri tre è scattato l’obbligo di dimora, di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto per un anno di esercitare la professione di commercialista.
Secondo quanto accertato, il gruppo presentava all’Agenzia delle Entrate comunicazioni di lavori mai eseguiti, oppure riferiti a edifici che al catasto non risultavano neppure esistere. Il pm Domenico Airoma parla di “un complesso disegno criminoso… finalizzato al fraudolento conseguimento di contributi statali relativi ai cosiddetti “bonus edilizi”… generati attraverso il ricorso a prestanome… in modo da indirizzare sui conti… le somme di denaro illecitamente conseguite”.
Sequestri, flussi di denaro e sviluppi investigativi
Il meccanismo, sostenuto anche dal coinvolgimento di professionisti del settore, ha permesso di “originare un importo di spesa sostenuta pari a 2,7 miliardi, da cui sono stati generati crediti fittizi di 1,65 miliardi e… crediti ceduti, per un importo pari a 90 milioni”, successivamente trasferiti a numerosi soggetti che li hanno usati per compensare i propri debiti fiscali per oltre 17 milioni di euro. Una parte dei fondi sarebbe poi finita all’estero, grazie a una rete di conti correnti italiani e stranieri.
Per bloccare i crediti ancora presenti nei cassetti fiscali, il 22 marzo 2023 è stato disposto un sequestro preventivo d’urgenza, successivamente convalidato dal Gip. L’analisi dei dispositivi informatici sequestrati ha poi consentito di ricostruire in dettaglio il modus operandi degli indagati, portando a un secondo decreto di sequestro, emesso il 23 settembre scorso, per altri 13,7 milioni di euro.
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