Il lusso europeo alle prese con l’effetto cambio: l’euro forte erode i ricavi oltreoceano

Ottobre 3, 2025 - 14:31
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Il lusso europeo alle prese con l’effetto cambio: l’euro forte erode i ricavi oltreoceano
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Non solo i dazi. Ad aumentare la pressione fiscale per le aziende europee c’è anche il dollaro debole. Una questione spinosa che non risparmia i gruppi della moda e del lusso che vantano business consistenti Oltreoceano.

Lo scorso 17 settembre la Federal Reserve ha annunciato il primo taglio dei tassi di interesse dell’anno, pari a 25 punti base. La decisione della Fed, accompagnata dall’avvertimento di due ulteriori riduzioni entro fine anno, ha ulteriormente spinto al ribasso il dollaro. Di fatto, gli investitori avevano già prezzato il taglio e, dopo l’annuncio, l’euro ha continuato a rafforzarsi sulla moneta statunitense, con un +14% sul dollaro, arrivando intorno ad un valore di  1,17–1,18 dollari. Il cambio euro/dollaro è ora ai massimi da quasi quattro anni e non raggiungeva questo valore dal 2021. Con i tassi Usa ancora intorno al 4,25–4,50% e quelli europei inferiori, secondo Bank of America il divario non si ridurrà nel breve periodo e l’euro resterà forte sul dollaro anche nei prossimi mesi, rendendo il rapporto tra le due valute volubile e ancora elevato. Gli esperti però avvertono che un dollaro troppo debole può rivelarsi un problema per l’economia europea e per le aziende con un business consistente nel territorio americano.

Per il colosso del lusso Lvmh, per esempio, il mercato americano pesa per circa il 25% del fatturato, mentre per Kering, secondo l’ultima semestrale, il Nord America rappresenta circa il 24 per cento. Non molto diverso il peso per il gruppo svizzero Richemont, che individua nelle Americhe il suo secondo mercato di riferimento (dopo l’Asia), con circa il 25% dei ricavi. Anche le catene del fast fashion Inditex e H&M registrano una quota simile, con le Americhe che incidono attorno al 20 per cento. Per questi grandi gruppi, così come per le piccole e medie imprese attive nell’area, il problema è evidente: i costi rimangono in larga parte in euro (produzione, salari, strutture distributive), mentre le vendite sono in dollari. Ne consegue che, a parità di ricavi negli Stati Uniti, il valore effettivo convertito in euro diminuisce, con margini fortemente penalizzati. In altri termini, un euro forte rende i beni di lusso europei più cari sul mercato statunitense, riducendo export e competitività. Un’eccezione potrebbe essere Hermès, che nel 2024 ha registrato quasi il 19% del fatturato nelle Americhe. L’impatto della valuta, tuttavia, per il marchio francese è limitato per due motivi: il mercato chiave resta l’Asia (seguita dall’Europa) e la sua clientela è in larga parte price-insensitive, dunque poco sensibile agli aumenti di prezzo.

Per far fronte a questa volatilità, molte imprese del settore stanno potenziando le coperture valutarie attraverso derivati. Secondo un sondaggio Reuters/MillTechFX, due aziende su tre hanno dichiarato di voler estendere o rafforzare le proprie strategie di hedging valutarie, pricing differenziato e spinta sul retail diretto per tutto il 2025. In generale, oltre l’80% delle società internazionali protegge già una parte del rischio cambio e molte altre avrebbero allo studio nuove soluzioni per evitare perdite dai movimenti valutari.

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Redazione Redazione Eventi e News