Parlamento europeo contro il meat sounding: nuove regole per i prodotti a base vegetale

Ottobre 10, 2025 - 22:30
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Parlamento europeo contro il meat sounding: nuove regole per i prodotti a base vegetale
meat sounding

Il Parlamento europeo ha approvato un emendamento che vieta l’uso di denominazioni relative alla carne per i prodotti vegetali. Una misura che accende il confronto con l’industria plant-based, in attesa della ratifica definitiva dei governi nazionali

Con il voto del Parlamento europeo di qualche giorno fa si apre un nuovo capitolo nella regolamentazione del mercato alimentare europeo. L’assemblea ha approvato un emendamento al Regolamento (Ue) n. 1308/2013 che introduce il divieto di utilizzare termini tradizionalmente associati alla carne – come burger, bistecca o salsiccia – per i prodotti di origine vegetale.

La decisione, frutto di un lungo confronto tra lobby agricole, produttori alimentari e istituzioni comunitarie, viene spiegata come volta a proteggere i consumatori da possibili confusioni in merito alla natura dei prodotti.

I questo modo i nomi legati alla carne, secondo la nuova impostazione normativa, potranno essere utilizzati solo per alimenti che contengono effettivamente carne.

Una scelta che lascia perplessi in quanto – questa è la spiegazione che danno le aziende produttrici di prodotti di origine vegetale – l’attuale denominazione non vuole ingannare i consumatori, bensì spiegare meglio qual è il gusto del prodotto vegetale che si va ad acquistare – la cui confezione indica chiaramente gli ingredienti utilizzati.

Alla stessa maniera dovremmo pensare che le uova di cioccolato o il salame di cioccolato – tanto per fare due esempi – servano a ingannare l’utente?

Un dibattito decennale tra chiarezza e innovazione

Il tema del cosiddetto meat sounding divide il settore agroalimentare da oltre un decennio. Il comparto zootecnico, in particolare, ha sostenuto la necessità di una tutela semantica, paragonabile a quella già applicata nel settore lattiero-caseario, dove l’uso di termini come latte o formaggio è riservato ai prodotti di origine animale.

Sul fronte opposto, le imprese che producono alternative plant-based – noi di GreenPlanner abbiamo sentito l’opinione di Planted, azienda svizzera che produce diversi prodotti alimentari a base vegetale – hanno denunciato la misura come un ostacolo alla transizione alimentare e alla libertà di comunicazione commerciale.

Secondo queste aziende, i consumatori moderni non confonderebbero un burger vegetale con un hamburger tradizionale, ma vedrebbero nel termine una descrizione funzionale della forma o dell’uso del prodotto.

Il cambio di rotta rispetto alla Corte di Giustizia

La posizione del Parlamento europeo rappresenta una svolta normativa rispetto alla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nell’ottobre 2024. In quell’occasione, la Corte aveva stabilito che l’uso di denominazioni carnivore era consentito, purché l’etichetta specificasse chiaramente la natura vegetale del prodotto.

La nuova modifica legislativa ribalta dunque quella interpretazione, rendendo il divieto generalizzato e ponendo fine a un anno di incertezza giuridica.

L’emendamento approvato a Strasburgo non è ancora definitivo: il testo dovrà ora essere ratificato dal Consiglio dell’Unione europea, che rappresenta i governi dei Paesi membri. Solo dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue la norma diventerà vincolante.

È previsto un periodo di transizione per consentire alle aziende di adeguare etichette, imballaggi e strategie di marketing. Un meccanismo simile era già stato adottato in occasione del divieto di utilizzare termini come latte di soia o formaggio vegano, che aveva concesso alle imprese un arco temporale di alcuni mesi per smaltire le scorte.

Gli esperti ritengono probabile che la nuova disciplina entrerà in vigore tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027, con obblighi progressivi di conformità.

Il contesto economico e culturale

Il provvedimento si inserisce in un quadro più ampio di ridefinizione dei rapporti tra industria tradizionale e filiera plant-based. Secondo i dati della Commissione, il mercato europeo degli alimenti a base vegetale è cresciuto di oltre il 22% tra il 2020 e il 2024, trainato da consumatori attenti alla salute e alla sostenibilità.

Parallelamente, le organizzazioni agricole hanno espresso preoccupazione per la perdita di valore economico e simbolico dei termini storicamente legati alla carne. Il divieto approvato dal Parlamento viene quindi interpretato come una misura di tutela culturale e commerciale, ma anche come un potenziale freno alla comunicazione dei prodotti alternativi.

Chiarezza o regressione? Le prospettive per il futuro

Se da un lato la Commissione sottolinea l’importanza di una terminologia trasparente e non ingannevole, dall’altro il mondo della sostenibilità teme che la norma possa limitare l’innovazione linguistica e di mercato in un settore che rappresenta una delle leve principali per la riduzione dell’impatto climatico del sistema alimentare.

Organizzazioni europee e associazioni di categoria hanno già annunciato la volontà di promuovere una armonizzazione tra chiarezza e libertà commerciale, per evitare che le nuove regole penalizzino le startup del plant-based, spesso protagoniste di progetti legati alla decarbonizzazione della filiera alimentare.

Il divieto del meat sounding segna un passaggio simbolico e normativo cruciale per l’Europa alimentare del prossimo decennio. Al centro restano la trasparenza verso i consumatori, la competitività delle imprese innovative e la capacità delle istituzioni di conciliare tradizione e sostenibilità.

In attesa della ratifica finale da parte del Consiglio, il dibattito rimane aperto: il lessico del cibo, come la sua produzione, è sempre più un terreno di confronto tra identità culturale, economia e transizione ecologica.

Crediti immagine: Depositphotos

L'articolo Parlamento europeo contro il meat sounding: nuove regole per i prodotti a base vegetale è stato pubblicato su GreenPlanner Magazine.

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