Più attenzione alle imprese, a Connact la ricetta per una crescita davvero sostenibile

Novembre 19, 2025 - 20:30
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Più attenzione alle imprese, a Connact la ricetta per una crescita davvero sostenibile

Bruxelles – Sostenibilità sì, ma a prova di impresa. Fin qui la Commissione europea ha condotto una politica sbilanciata all’eccesso sul ‘green’, senza prestare attenzione al mondo produttivo che adesso invoca maggiore ascolto. E’ questa la ricetta per la competitività dell’UE, offerta nel corso della tavola rotonda su ‘Clean Industrial Deal e Single Market Strategy: la nuova rotta per la crescita sostenibile dell’UE‘, organizzata da Connact, la piattaforma che favorisce il confronto tra imprese e istituzioni attraverso momenti di incontro e networking.

L’esempio più lampante di un modo di fare che non ha preso in considerazione il mondo delle imprese è rappresentato dal regolamento sulla deforestazione, secondo Paolo Fantoni, Vicepresidente Vicario di FederlegnoArredo e Presidente di Assopannelli. Il provvedimento è stato rinviato una prima volta a dicembre 2024, per poi essere nuovamente messo in stand-by a distanza di meno un anno. “Osserviamo come questa normativa è stata portata a termina due anni fa senza una concertazione con le categorie, che avrebbe potuto evitare i mal di pancia a cui stiamo assistendo in questi mesi”, sostiene Fantoni, che vuole essere chiaro: “Le riflessioni che facciamo come confederazione sono polemiche” nei confronti di un’UE poco attenta. “L’insegnamento che dobbiamo trarre dagli errori fatti nel modo di legiferare questa normativa è non aver ascoltato le federazioni europee“.

Serve dunque un cambio di rotta, che metta le imprese al centro. Lo chiede anche Marco Granelli, Presidente di Confartigianato Imprese, quando dice che “l’idea di fondo di un maggiore equilibrio tra sostenibilità e competitività noi la condividiamo, ma la decarbonizzazione deve essere accompagnata da una strategia per il rafforzamento dell’economia europea” che inevitabilmente passa per una visione non ideologica quanto invece il più possibile fattuale. “Però nel Green Industrial Deal la Commissione sembra partire da una visione orientata alla grandi imprese senza considerare le piccole e medie imprese“. , il che rischia di non portare né a crescita né a competitività, visto che le PMI “sono il 94 per cento del tessuto industriale”. Per Granelli non ci sono alternative: per la crescita sostenibile dell’UE “servono misure che valorizzano questo modello”.

Carmelo Di Marco, Vice Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato

Carmelo Di Marco, Vice Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, propone invece il modello di certificazione del dato relativo alle imprese. “Il controllo di legalità prima della nascita di un’impresa e la pubblicità in registri di imprese sono due parti di un binomio per un modello che è importante”, sottolinea. Quindi precisa: “La certificazione del dato è assoluta, indiscutibile, indistruttibile. Grazie alla pubblicità il dato certificato diventa certificato per tutti e per sempre. Questo binomio funziona bene”. In termini di agenda a dodici stelle, poi, “i principi di semplificazione, armonizzazione e competitività trovano il notariato italiano d’accordo”, e in tal senso “vogliamo partecipare a questi processi, e siamo convinti che i tre obiettivi siano tutti e tre a portata di mano se esportassimo il modello italiano”.

Decisamente altro modello quello che viene proposto da una parte della politica. La ricetta che offre l’europarlamentare Isabella Tovaglieri (Lega/Pdf), membro della commissione Industria è quella di abbandonare completamente l’agenda di sostenibilità: “C’era una volta il Green deal? Magari! C’è ancora a persiste con la sua idea, e dobbiamo fare i conti con questo”. A suo giudizio sono la strategia verde con i provvedimenti derivanti il vero freno dell’Europa e della sua crescita. “I target ambientali dell’UE sono irrealizzabili“, critica. “Non possiamo più permetterci questi provvedimenti, occorre tutelare il nostro settore manifatturiero”. Tradotto: “Bisogna continuare a fare imprese sostenibile senza cedere quote di mercato ad altri operatori che non rispettano le regole ambientali, e sono quote di mercato che non recuperiamo più”.

Dello stesso avviso anche Stefano Cavedagna (FdI/ECR), membro della commissione Mercato interno e vicepresidente della commissione speciale sullo Scudo democratico europeo: “Non possiamo, sull’altare della transizione ecologica, sacrificare la nostra competitività. Siamo tra i pochi all’interno del Parlamento europeo a portare avanti questo principio”. La crescita a misura di imprese passa per una inversione a U. Cavedagna insiste. “Se non capiamo che dobbiamo invertire la rotta sul green deal, sulla deforestazione, sulla banca per i titoli di emissione, andiamo verso la decrescita felice“. Quindi rilancia l’alleanza già esistente in Parlamento europeo e alternative alla cosiddetta ‘maggioranza Ursula’ (popolari-socialisti-liberali-verdi): “Dobbiamo invertire questa rotta, con tutte le forze e con tutti quelli che ci vogliono stare, i nostri amici patrioti, i nostri amici del PPE“.

Prova a sferzare i governi Brando Benifei (PD/S&D), membro della commissione Commercio internazionale: ben venga la semplificazione, ma”semplificazione non vuol dire deregolamentare”, premette. Questo vuol dire che “abbiamo bisogno di rafforzare l’attuazione in modo armonizzato di norme che sono europee e che poi vengono attuate in modo nazionale”. Gli Stati devono fare la propria parte, dunque. E non solo in questo senso. “Va completato il mercato dei capitali, siamo in ritardo. Non possiamo perdere più tempo. Se le forze nazionaliste frenano occorre che altri Paesi si facciano avanti, con debito comune, prestiti comuni“. E’ così che si rilanciano, a suo giudizio, crescita e competitività.

Dalla Commissione europea Salvatore D’Acunto, capo unità DG GROW E.2, fa presente che l’esecutivo comunitario non ha ignorato le imprese. Al contrario, sottolinea, “grazie ai primi pacchetti omnibus sono stati liberati 2,8 miliardi di euro in misure di semplificazione, e altri pacchetti omnibus dovranno seguire”. Però, anche lui condivide l’idea che spetti ai Paesi darsi da fare. “Sono innanzitutto gli Stati membri a dover dare attuazione delle regole del mercato interno”. Per superare barriere e frammentazioni e liberare così il pieno potenziale di crescita, “devono essere autorità e operatori nazionali a difendere queste regole, che devono essere ragionate, trasparenti, ma anche eque e imparziali”.

Un’impostazione, questa, che sembra essere condivisa anche da Gianfrancesco Romeo, Dirigente generale DG Consumatori e Mercato del ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT): “Il mercato unico è un mercato da 450 milioni di consumatori, 18 trilioni di euro, 26 milioni di imprese. E’ certamente un valore da perseguire”. Quindi ne consegue che “un mercato interno completato e migliorato può offrire un’occasione di offerta migliore”. Perché ciò avvenga tutti devono fare la loro parte: “Tutti siamo in mezzo al guado. Anche gli operatori devono essere consapevoli che gli obiettivi che ci diamo sul mercato unico sono raggiungibile se si lavora tutti insieme”.

Quel che è certo che l’UE deve darsi da fare. “Vent’anni fa il PIL di Stati Uniti e Unione europea erano pià o meno simili, oggi il PIL degli Stati Uniti è 60 per cento superiore a quello dell’Europa”, lamenta Fabrizio Spada, responsabile Relazioni istituzionali dell’Ufficio di collegamento del Parlamento UE in Italia. “Auspico che l’Europa possa ritrovare la strada della crescita, sempre nel rispetto dell’ambiente“.

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