Rinnovabili in Maremma, Legambiente: più energia pulita, meno paura del cambiamento

Mentre in Maremma crescono le tensioni intorno ai nuovi progetti di impianti fotovoltaici ed eolici, Legambiente invita a spostare il dibattito su un piano più ampio: quello della sopravvivenza dei territori di fronte alla crisi climatica.
Per l’associazione ambientalista, dire “sì” alle rinnovabili – se ben progettate e condivise – non significa svendere il paesaggio, ma difenderlo nel lungo periodo.
«Non possiamo più permetterci ritardi. Agrivoltaico ed eolico non sono solo tecnologie: sono strumenti concreti per ridurre le emissioni climalteranti, passando dall’utilizzo dei combustibili fossili alle rinnovabili, per sostenere l’agricoltura e garantire energia pulita alle comunità», dichiara Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente.
L’Italia, secondo i dati ricordati da Gentili, dovrebbe installare oltre 62 gigawatt di nuova capacità rinnovabile entro il 2030 per rispettare gli impegni europei. Ma negli ultimi quattro anni si è fermata a 17,7 GW. Una distanza che racconta un ritardo strutturale, fatto di lentezze burocratiche, conflitti locali e assenza di pianificazione.
«Se continuiamo a pensare che energia, sviluppo dei territori e agricoltura siano mondi separati – avverte Gentili – non ci renderemo conto che le conseguenze del cambiamento climatico colpiscono tutti i settori produttivi senza sconti. Basti pensare agli eventi estremi che hanno colpito duramente negli ultimi anni le nostre comunità, con perdite purtroppo anche di vite umane, danni all’economia e in particolare all’agricoltura. È una questione di sopravvivenza dei territori e delle comunità che li abitano».
Tra le soluzioni più promettenti per coniugare paesaggio, agricoltura e produzione energetica c’è l’agrivoltaico, che consente di installare pannelli solari sopra colture e pascoli, senza sottrarre terreno all’uso agricolo.
Le ricerche del CNR e dell’Università della Tuscia dimostrano che questa tecnologia può persino migliorare la produttività: +30% nella resa della vite, –65% nei consumi idrici del pomodoro, e benefici per il benessere animale grazie all’ombra dei pannelli che riduce lo stress da calore.
Un modello che trasforma il conflitto tra agricoltura ed energia in una collaborazione virtuosa, dove innovazione e tradizione si rafforzano a vicenda.
Diverso, ma complementare, è il discorso sull’eolico. In molti territori, le resistenze nascono da timori legati all’impatto paesaggistico. Ma Gentili ribalta la prospettiva: «Non si tratta di imporre infrastrutture, ma di progettare in modo responsabile, rispettando le caratteristiche dei territori e creando le migliori integrazioni con le attività economiche e il paesaggio. Invece di dire no a ogni progetto di agrivoltaico ed eolico che viene presentato, occorre scegliere i progetti migliori, non subendoli, ma indirizzandoli verso un percorso qualitativo che porti vantaggi allo sviluppo territoriale e si integri con il contesto locale».
Un ruolo cruciale in questa visione lo giocano le comunità energetiche rinnovabili, dove cittadini, amministrazioni e imprese agricole possono condividere produzione e benefici economici.
«La transizione energetica non riguarda solo i numeri, ma anche la giustizia territoriale e la coesione sociale», ricorda Gentili. È una dimensione spesso ignorata dal dibattito pubblico, ma decisiva per evitare che la transizione resti nelle mani dei grandi investitori, escludendo i territori.
Per Legambiente, dunque, il paesaggio non è un ostacolo da aggirare ma un interlocutore da ascoltare. Non serve dire sì o no a priori agli impianti, ma decidere insieme come integrarli nel tessuto rurale e culturale dei territori. Solo così le rinnovabili potranno diventare una leva di rinascita, garantendo insieme energia pulita, tutela del territorio e sviluppo sostenibile.
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