Sul tavolo per il futuro di Gaza la carta dell’UE si chiama Autorità Palestinese
Bruxelles – Domani (20 novembre) si terrà a Bruxelles la prima riunione del Gruppo di donatori per la Palestina, un’iniziativa annunciata da Ursula von der Leyen a settembre e che ora – alla luce della risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU sul piano di pace per Gaza – acquisisce una nuova centralità. La conferenza non raccoglierà nuovi impegni finanziari, né si concentrerà sulla ricostruzione della Striscia. Sarà invece, spiegano funzionari europei, una “piattaforma per l’Autorità Palestinese”.
Ramallah potrà fare il punto sul suo percorso di riforma, elemento chiave per un futuro passaggio di consegne nel governo di Gaza e per la fondazione di uno Stato palestinese. “Finora l’Autorità Palestinese (AP) non ha avuto la possibilità di esprimersi”, sottolineano a Bruxelles. Il piano trumpiano è stato partorito senza coinvolgere Ramallah, così come la risoluzione ONU redatta da Washington e avallata dai Paesi arabi.
In questo passaggio, previsto nel penultimo dei 20 punti del piano di pace, l’Unione europea rivendica un ruolo centrale, forte di un “partenariato unico” con l’AP, consolidato lo scorso aprile con un pacchetto da 1,6 miliardi di euro in tre anni vincolato all’attuazione di una serrato programma di modifiche istituzionali, amministrative, finanziarie. La riforma dell’Autorità Palestinese “è un esercizio in comproprietà”, rivendicano fonti UE, e Bruxelles è “il miglior attore per accompagnare l’AP in questo processo”.
Il premier palestinese, Mohammad Mustafa, terrà una conferenza stampa congiunta con la commissaria UE per il Mediterraneo, Dubravka Suica. Sono attese a Bruxelles una sessantina di delegazioni, “tra le 20 e 25” a livello di ministri. Israele non è tra gli invitati, e “ci sono indicazioni che non avrebbero partecipato”, ammette un funzionario UE. D’altronde, nonostante il sostegno di massimo ribadito da Benjamin Netanyahu al piano di pace, persiste la “riluttanza” di Tel Aviv per il ruolo dell’Autorità Palestinese. Non è stata invitata nemmeno Francesca Albanese, la relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, a Bruxelles in questi giorni per una serie di eventi. Ma Albanese incontrerà la Commissione europea “a livello della DG Mena (la direzione generale per il Medio Oriente, il Nord Africa e il Golfo, ndr)”, ha annunciato un funzionario.

L’Unione europea, contemporaneamente, cerca di sviluppare la sua azione su altri binari. È presente nel centro di coordinamento civile-militare (CMCC), istituito in Israele e guidato dagli Stati Uniti, che si occupa di supervisionare il piano di pace e darne seguito. Della struttura fanno parte 200 funzionari – “quasi tutti militari”, spiegano le fonti -, incluso un team UE di 10 persone, con un diplomatico di alto livello, Christian Berger, del Servizio europeo di Azione esterna.
Bruxelles tiene viva la possibilità di rilanciare le due missioni già dispiegate in passato nella regione: EUBAM Rafah, con cui facilita il transito di persone e merci al valico meridionale tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, e EUPOL COPPS, l’operazione di addestramento delle forze di polizia palestinesi in Cisgiordania. L’UE punta ad allargare il mandato dei quest’ultima missione, per poter formare “almeno 3 mila” poliziotti della Striscia: “Sarà necessario stabilizzare Gaza con una forte forza di polizia – spiega un funzionario -, ci sono 7 mila poliziotti a Gaza, che sono ancora pagati dall’Autorità nazionale palestinese e, tra questi, circa 3mila potrebbero essere addestrati”. L’addestramento verrebbe effettuato fuori dall’exclave palestinese: “Stiamo discutendo con alcuni Paesi vicini”, confermano le fonti.
Su altri due punti cruciali del piano di Trump, che dovranno prendere forma in questa “fase due”, molti dettagli restano ancora ignoti. Le Forze di Stabilizzazione Internazionale, il contingente militare che dovrà garantire la tenuta del cessate il fuoco e la sicurezza a Gaza in un primo momento, non faranno capo alle Nazioni Unite. E del Peace Board, l’organo che amministrerà fino al passaggio di consegne con l’Autorità Palestinese, l’unico nome che si conosce è quello di Trump, che lo presiederà. “Per il momento non ne facciamo parte, ma nessuno ne fa parte”, precisano le fonti. E “ovviamente pensiamo l’UE dovrebbe farne parte, dato il contributo che possiamo apportare al piano”.
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