Cambiare il mondo con un semplice biscotto

Ottobre 16, 2025 - 03:30
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Cambiare il mondo con un semplice biscotto

Alla parola biscotto c’è un sussulto emotivo che risuona dentro ognuno di noi. L’idea della frolla croccante riesce a metterci di buon umore ancora prima del morso: al cacao, con farina integrale, al miele o il più classico dei frollini, a ognuno il suo biscotto preferito per supportare una colazione, una merenda o un momento di semplice piacere. La semplicità del prodotto, la natura come traino ispirazionale di ogni obiettivo, sono lo spirito guida che muove le scelte di Mulino Bianco, che da cinquant’anni è il simbolo dei prodotti da forno italiani.

Oggi quella semplicità si arricchisce di una notizia concreta: Buongrano, il biscotto integrale del Mulino, torna con una farina cento per cento da agricoltura rigenerativa, verificata secondo lo standard Regenerative Agriculture di Food Chain ID. È il primo biscotto del marchio a nascere interamente da questo schema, e inaugura una transizione che entro il 2030 porterà tutta la farina di grano tenero Mulino Bianco su binari rigenerativi. «Con Buongrano vogliamo scrivere un nuovo capitolo… Il nostro obiettivo è far conoscere il valore dell’agricoltura rigenerativa», dice Laura Signorelli, Marketing Director Equity Mulino Bianco.

Il prodotto resta fedele a sé: frolla integrale, croccante, zucchero di canna in superficie, ingredienti essenziali. Il grano che diventa farina nasce in campi dove si lavora per restituire fertilità al suolo, preservare gli impollinatori e contenere gli input chimici anche grazie al supporto degli strumenti digitali (DSS).

L’agricoltura rigenerativa per Mulino Bianco
Abbiamo imparato a conoscere il concetto di agricoltura rigenerativa, ma cosa significa, nello specifico, per Mulino Bianco? Un approccio olistico che mette al centro la salute del suolo e dell’agroecosistema: rotazioni colturali con leguminose, coperture vegetali nei periodi di riposo in conseguenza all’ampia alternanza delle colture, fasce fiorite per il tre per cento della superficie a grano tenero, ottimizzazione di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi, monitoraggio digitale degli impatti. Sono pratiche che, insieme, aumentano la sostanza organica, migliorano i cicli dell’acqua, favoriscono la biodiversità funzionale.

Dentro questa architettura c’è un pezzo rilevante dell’agricoltura: 1.800 agricoltori, 48.000 ettari, 14 mulini esterni, 70 centri di stoccaggio più il mulino di proprietà Barilla. Gli effetti iniziano a misurarsi: circa il sette per cento di CO₂ equivalente in meno ogni anno rispetto a pratiche convenzionali; duemila ettari destinati a fasce di biodiversità con un più quaranta per cento di impollinatori nelle aree monitorate; un modello di analisi, SOCRATE, che usa satelliti e intelligenza artificiale per seguire nel tempo la sostanza organica del suolo. «Stiamo lavorando con partner, agricoltori, stoccatori e mulini per diffondere pratiche capaci di migliorare la fertilità anno dopo anno», sottolinea Michele Zerbini, Soft Wheat & Flours Purchasing di Mulino Bianco.

Un campo coltivato secondo le regola della Carta del Mulino. ©Courtesy Mulino Bianco

A raccontare questo progetto di filiera è la Carta del Mulino, il disciplinare nato con WWF Italia, Università e partner tecnici. Dieci regole che vanno dalla certificazione alla tracciabilità, fino al divieto di glifosate dalla presemina al raccolto e alla limitazione dei fitofarmaci. Tra le più identitarie c’è l’obbligo di destinare il tre per cento dei campi di grano tenero a «Fiori del Mulino», aree che nutrono le api impollinatrici e gli insetti come le coccinelle, che tengono lontani dalle piante altri rischi naturali.

Ma la Carta non è solo regole: è anche riequilibrio economico. Per riconoscere gli sforzi della transizione, il modello prevede una premialità lungo tutta la filiera, i costi di certificazione a carico dell’azienda, formazione tecnica lungo la filiera. Un percorso che – come ricorda WWF Italia – contribuisce in modo pratico agli obiettivi europei di transizione agroecologica, riportando natura nei campi senza scaricare i costi solo su chi coltiva.

I numeri industriali, da soli, non bastano a spiegare perché un biscotto possa rappresentare il primo passo verso il cambiamento della filiera. È l’idea di fondo a farlo: prendere dalla terra con misura, restituendo biodiversità e fertilità. Per questo, accanto ai partner scientifici (WWF, CNR-IBE, Università di Torino, Bologna e Tuscia) ci sono tecnologie che trasformano gli impegni in dati misurabili e migliorabili. «Questo modello rappresenta una risposta concreta alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità», osserva Eva Alessi, WWF Italia.

Infografica sull’Agricoltura Rigenerativa di Mulino Bianco

Il futuro dei biscotti
Buongrano diventa così un biscotto che ha una storia da raccontare: fatta di una rete di campi che ruotano, di fiori che tornano a sporcare di colore i margini e arricchiscono l’ecosistema, di dati che aiutano a intervenire meno e meglio, di contratti che distribuiscono il valore. È lì che Mulino Bianco fa la cosa più interessante: spostare il focus del racconto dal prodotto al suolo, e dal suolo tornare al prodotto, chiudendo il cerchio tra piacere e responsabilità.

Se tutto andrà come previsto, entro il 2030 il «100 per cento rigenerativo» della farina di grano tenero non sarà una novità di gamma, ma la normalità Mulino Bianco. A quel punto non parleremo di un biscotto migliore, ma di un’agricoltura che, pezzo dopo pezzo, ha imparato a migliorare sé stessa e il pianeta.

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