Meloni esaspera gli avversari e accende gli animi, ma non si comporta da statista

A tre anni dall’insediamento a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni si dovrebbe dare una calmata. Come fa a credere di fare bella figura alternando attacchi e vittimismo, peraltro entrambi spesso gratuiti? Il fatto è che, costretta dal ruolo istituzionale a osservare certe regole di urbanità politica, ogni tanto non si tiene: è il motivo per cui evita i giornalisti che le fanno saltare i nervi.
Più di tanto non ce la fa a contare fino a dieci. Sbrocca quasi sempre in Parlamento (la famosa e sventurata arringa contro il Manifesto di Ventotene, il ricorso alle faccette, gli sbuffi, i gesti), va in tv solo con Bruno Vespa o a Mediaset. Non fa un accordo con le opposizioni né con i sindacati. Cioè con la Cgil, perché la Cisl se l’è messa in tasca. Detesta Maurizio Landini. Così che quando lo ha sentito darle della «cortigiana di Trump» non c’ha visto più. Cortigiana vuol dire prostituta, ha scritto dopo aver fatto «una rapida ricerca su Internet».
Se, come si faceva un tempo, avesse sfogliato il Devoto-Oli avrebbe letto che in prima battuta significa «appartenente o legata a una corte principesca». Certo Landini non è un raffinato cultore delle sfumature linguistiche, e anche se intendeva significare che la presidente del Consiglio è politicamente “alla corte” di Donald Trump (come peraltro ha specificato in televisione) dovrebbe anche lui stare attento a come parla, e ricordarsi che rappresenta pur sempre qualche milione di lavoratori.
Dopodiché può darsi che Meloni ritenga di dover ribattere colpo su colpo screditando «la sinistra», che per lei va da Renzi ai black bloc, una strategia muscolare che innervosisce il clima ed esaspera i suoi avversari. È una tecnica anche questa. Accendere gli animi è una moderna strategia della tensione politica che lei maneggia quasi istintivamente, perché ben si attaglia ai panni della militante di estrema destra qual è stata e qual è tuttora.
Il punto è che una presidente del Consiglio dovrebbe fare il contrario, cioè quello che normalmente fa uno o una statista: adoperarsi per abbassare la febbre. Il clima è questo, e manca ancora un anno e mezzo abbondante alle elezioni politiche. A meno che lei non stia scaldando i motori, vedendo già le urne, e successivamente il Colle più alto. Ma la domanda vera è: che farebbe, Giorgia, una volta al Quirinale?
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