Diario dalla Flotilla: colpiti dopo “Dancing Queen” degli Abba, da dove decollano i droni israeliani che hanno attaccato

Il segnale è arrivato attraverso la radio, il canale 16 dei Capitani. Era una canzone degli Abba molto bella, Dancing Queen, che ha cominciato a suonare in maniera interrotta. Inizialmente si è pensato a uno scherzo, poi ci sono venuti a fare visita i droni, questa volta con intenzioni meno pacifiche rispetto ai due giorni precedenti, attraverso bombe sonore, attraverso flashbang, che sono dei petardi che fanno dei boati fortissimi, che spesso sono utilizzati per disperdere i cortei dei manifestanti, e attraverso delle sostanze irritanti su alcune barche. 11 sono state danneggiate nelle vele. È stato un messaggio molto chiaro, un avvertimento, “rallentate e fermatevi, non arriverete mai a Gaza”.
La domanda è questa, e la facciamo al governo italiano innanzitutto, che verrà in aula oggi a parlare dopo che le opposizioni, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e AVS, hanno deciso di occupare l’aula. Da dove partono questi droni? Chiunque ne sappia qualcosa sa che è molto difficile che partano direttamente dai confini stranieri. Evidentemente c’è qualche base, gestita da qualche Stato, su qualche piattaforma in mezzo al mare. Che obiettivi vuole perseguire? Questa è la domanda che facciamo al governo. Chiediamo che ci siano risposte chiare e atti conseguenti. Sappiamo dall’Unità di Crisi della Farnesina che c’è la massima attenzione e, come sempre, una grande professionalità nell’affrontare questi passaggi difficili. Ma il tema è politico.
Il governo italiano deve dire se ritiene opportuno che questa missione vada fino in fondo. Se pensa che sia giusto che venga aperto quel corridoio umanitario che dal 2007 è fermo, è chiuso, è sigillato al di fuori di qualsiasi canone del diritto internazionale. Noi pensiamo di sì e per queste ragioni vogliamo andare avanti. E chiediamo agli Stati – ci sono 44 delegazioni da tutto il mondo da queste parti – di offrire una protezione e un sostegno. Sarebbe un precedente molto importante. Perché se questa missione pacifica e nonviolenta andasse fino in fondo e aprisse finalmente quel varco, poi una missione vera e propria, molto più organizzata e con molti più aiuti, potrebbero farla i governi che purtroppo in questi mesi hanno scelto di abdicare alla loro funzione e persino a un ruolo che dovrebbe essere sempre ricoperto da chi svolge una funzione di governo che è quello di aiutare i popoli stremati dalla guerra e dalla carestia.
Allo stesso tempo ci chiediamo, con una certa dose di inquietudine, per quale motivo una grande potenza militare, quale è Israele, abbia così paura di 40 barchette a vela in mezzo al mare che non fanno altro che provare ad alleviare la sofferenza di un popolo senza potere e senza parte. È una domanda inquietante perché si capisce forse da qui che queste grandi potenze poi hanno in realtà i piedi d’argilla: hanno paura di confrontarsi con il sentimento più profondo dell’opinione pubblica internazionale che chiede di fermare questa guerra. La nostra scorta oggi sono le migliaia e migliaia di donne e di uomini che si sono mobilitati in questi giorni per chiedere la fine del genocidio a Gaza e i tanti giovani che stanno riscoprendo l’impegno politico per sostenere il diritto ad autodeterminarsi dei palestinesi e per domandare alle democrazie occidentali se quello che vogliono rappresentare o quello che dicono di voler rappresentare è valido davvero e dunque i valori di giustizia, di libertà e di pace.
Qual è la tua reazione?






