Il mito di Meloni come grande statista si sta dissolvendo

Come i più fedeli lettori di questa newsletter devono avermi sentito ripetere un milione di volte – confido abbiate cose più serie da tenere a mente, così da provare sempre, leggendo, il brivido dell’inatteso – non ho mai apprezzato il ritornello secondo cui Giorgia Meloni sarebbe tanto brava, e il problema sarebbero semmai «i suoi». Sia perché per me vale sempre la regola: se un leader si circonda delle persone sbagliate, è il leader sbagliato; sia perché un simile alibi mi pare ancor più risibile nel caso di un partito come Fratelli d’Italia, in cui i suoi se li è scelti praticamente tutti lei, a uno a uno. In ogni caso, per quelli di voi che su questo punto proprio non volessero darmi retta, segnalo le pertinenti osservazioni di Mario Lavia, nel suo articolo di oggi su Linkiesta, e in particolare: «Dalla radiosa scelta dello sconosciuto Enrico Michetti a Roma al pallido Cirielli in Campania c’è una continuità meloniana nello sbagliare i candidati».
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