Trump sfida i Fratelli Musulmani, e l’Europa scopre l’antisemitismo che non vuole vedere

Novembre 27, 2025 - 15:00
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Trump sfida i Fratelli Musulmani, e l’Europa scopre l’antisemitismo che non vuole vedere

La decisione di Donald Trump di avviare la procedura per dichiarare organizzazione terrorista, e quindi mettere fuori legge, i Fratelli Musulmani in Libano, Giordania e Egitto segna una svolta per gli Stati Uniti, e anche una pressione sul Qatar, stretto alleato dell’America e anche personale del presidente, che però della Fratellanza è il motore immobile e il finanziatore.

Con tutta probabilità, infatti, questa mossa precede dei provvedimenti di Washington contro organizzazioni islamiche americane collegate ai Fratelli Musulmani. Sino a oggi, infatti, queste, finanziate a suon di miliardi dal Qatar, erano universalmente considerate normali organizzazioni politiche. Ma il movimento propal – da loro innescato nelle università e nelle piazze – ha fatto emergere un programma che va ben al di là della questione palestinese e mira a introdurre in occidente l’islamizzazione a discapito dei valori liberali.

Il dato di fatto è che col pogrom antiebraico del 7 ottobre, negli Stati Uniti come in Europa, la questione dei rapporti tra immigrazione islamica e integrazione è cambiata, e ha dell’incredibile che di questo non prendano nota in Italia sia la sinistra sia la Chiesa. La destra lo fa, ma in modo propagandistico più che ragionando nel merito del problema.

Fino al pogrom di Hamas, ci si poteva illudere che l’integrazione fosse in atto e che il jihadismo, l’islamismo fondamentalista, il far prevalere le norme della sharia su quelle costituzionali fossero solo un problema di piccole minoranze.

Da quel giorno però ogni illusione è caduta. Così è emerso un dato sino ad allora celato, sopito: la diffusione di un antisemitismo di matrice religiosa nell’immigrazione islamica in Europa. Non è possibile negarlo, anche se viene negato dalla tirannia del politically correct, ma il moltiplicarsi degli atti di antisemitismo in Italia, come nel resto d’Europa, è da addebitare in larga parte agli immigrati islamici e all’egemonia da loro esercitata sull’estrema sinistra propal. Si è così diffuso un antisemitismo d’ambiente alimentato dai milioni di immigrati musulmani che ha obiettivi ben più ambiziosi dello Stato di Palestina. Un antisemitismo che mira a una islamizzazione del Vecchio Continente, al prevalere della sharia sui dettati costituzionali da parte di un sotterraneo movimento di massa in cui c’è l’influenza dei Fratelli Musulmani.

Un leader europeo insospettabile, Emmanuel Macron, lo denuncia da anni e per questo ha cambiato il paradigma europeo – e italiano – sul tema della convivenza con i musulmani. Col discorso di Mureux del 2 ottobre 2020, il presidente francese ha rivoluzionato l’approccio al tema dell’immigrazione in Francia, denunciando il pericolo del «separatismo» di matrice islamica. Termine nuovo, che indica un nuovo pericolo sociale, politico e culturale.

Da allora il governo francese ha sviluppato una dura azione di contrasto non più solo al terrorismo jihadista ma anche al separatismo, inteso come fenomeno politico-sociale diffuso ma non illegale, non violento, ma giudicato comunque talmente eversivo da «introdurre cancrena nelle basi della Repubblica».

I punti salienti della denuncia di Macron, dai forti connotati identitari, sono due. In primo luogo, l’integrazione e soprattutto l’assimilazione degli immigrati musulmani e dei musulmani con cittadinanza francese è fallita in componenti non marginali a causa del separatismo islamico che mira «a costruire una contro società». Infatti, come evidenzia un’inchiesta Ifop del 2020, il cinquantasette per cento dei giovani musulmani in Francia «considera la sharia più importante delle leggi della Repubblica».

In secondo luogo, questo fallimento deriva essenzialmente da una crisi dell’Islam, da cui è emersa una corrente politica che pretende di sostituire le leggi della Repubblica con quelle della sharia. I Fratelli Musulmani, i salafiti e i wahabiti hanno promosso e innervato questa corrente con un progetto politico e un’ideologia strutturata.

La riprova della correttezza dell’allarme lanciato cinque anni fa da Emmanuel Macron è emersa nelle parole d’ordine dei grandi cortei su Gaza. Significativo il secondo striscione che ha aperto la grande manifestazione del 4 ottobre: «7 ottobre giornata della Resistenza palestinese». Dunque, l’esaltazione del più grande massacro d’ebrei dopo il 1945.

Nessuno si è scomposto, nessuno ha chiesto che quello striscione vergognoso venisse tolto, nemmeno la delegazione del Partito democratico guidata da Elly Schlein, che ha marciato nel corpo del corteo senza sollevare alcun problema in una manifestazione in cui lo slogan più gridato reclamava la distruzione dello Stato degli ebrei: «Palestina dal fiume al mare».

Manifestazione che ha segnato il più marcato opportunismo della segreteria del Pd che nulla ha detto o fatto per distinguere le critiche al governo di Israele dal rifiuto imperante nel corteo dell’esistenza stessa dello Stato di Israele.

Non solo, nulla ha detto o fatto, come nulla dice o fa, per imporre a sinistra l’argomento dell’esistenza di una “altra Israele”, quella che ha dato vita a tantissime manifestazioni con centinaia di migliaia di manifestanti contro il governo di Benjamin Netanyahu.

Il dato di fatto, dunque, è che in Italia come in Europa un ebreo non può girare per strada con segni di riconoscimento della sua fede, mentre i musulmani, come è giusto e ovvio, lo possono fare senza problemi. Un altro dato di fatto è che la senatrice ebrea Liliana Segre deve girare protetta dalla scorta.

Viene confermato così il quadro allarmante emerso dal sondaggio fatto tra gli immigrati italiani di religione islamica pubblicato dalla rivista La Luce, di Davide Piccardo, a due mesi dal 7 ottobre 2023, da cui risulta che per il 63,6 per cento dei partecipanti il pogrom è da considerare come legittima difesa contro un’occupazione che dura da più di settantacinque anni. Quindi, che è stato giusto massacrare milleduecento ebrei civili, donne, bambini e vecchi inclusi e che Israele non è uno Stato legittimo, nonostante sia stato fondato dall’Onu. Solo il 12,1 per cento dei partecipanti l’ha definito un atto terroristico.

Sulla soluzione del conflitto, poi, i dati del sondaggio confermano l’antisemitismo islamico che considera gli ebrei portatori da sempre di dissidio dentro la comunità musulmana. Per più di un musulmano residente in Italia su due (54,8 per cento) la soluzione è la fine di Israele e la nascita di uno Stato palestinese. Solo il 34,5 per cento condivide la linea occidentale del «due popoli due Stati», mentre il restante 10,7 per cento è per un solo Stato democratico per i due popoli.

Ora, è evidente, anche se si fa finta di non capirlo – ed è stridente la sordità della Chiesa al riguardo – che questo antisionismo radicale di parte musulmana, come spiegò magistralmente il presidente Giorgio Napolitano, è puro antisemitismo. Ma soprattutto si fa finta di non capire che questo antisionismo-antisemitismo di matrice islamica è tutt’uno con il rifiuto, il rigetto di tutti i valori fondanti, costituzionali e non, il nostro vivere comune.

È infatti la ovvia conseguenza di una visione jihadista, fondata cioè su rapporti di violenza, innanzitutto sulla donna, quindi nella famiglia, nella quale l’altro, cioè l’ebreo, deve essere sottoposto e sottomesso, come infatti è stato praticamente fino al 1948 nelle società islamiche. Dopo il 1948, la soluzione è stata drastica e le società islamiche con la violenza sono diventate judenfrei (tranne, parzialmente, il Marocco).

In Italia, però nell’agenda politica, non vi è traccia di questo enorme pericolo che viene dalla presenza di milioni di immigrati islamici per la tenuta delle caratteristiche liberali e rispettose dei diritti umani della nostra società.

Non così in Germania, dove sono state dichiarate illegali organizzazioni come il Centro Islamico di Amburgo e l’organizzazione Muslim Aktiv con una motivazione interessante del ministro dell’Interno Alexander Dobrindt: «Chiunque fomenti l’odio contro lo Stato di Israele e gli ebrei in modo intollerabile e disprezzi i diritti delle donne e delle minoranze sarà affrontato con il pieno rigore dello Stato di diritto». Una sana visione del ruolo della politica espresso con nettezza da un esponente della Csu bavarese che stigmatizza come equivalente l’odio per gli ebrei e l’odio per lo Stato di Israele. Quando sentiremo questi stessi concetti espressi dalla segretaria del Pd?

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Redazione Redazione Eventi e News