Mps-Mediobanca, una grande occasione finanziaria per le piccole imprese

L’annuncio dell’agenzia di rating Fitch, che ha alzato il giudizio sull’Italia a BBB+ con outlook stabile, viene letto come un riconoscimento alla politica di stabilizzazione dei conti pubblici portata avanti dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. La promozione si affianca a un aumento delle entrate tributarie — pari a 30 miliardi di euro — spinto dall’incremento dell’occupazione di un milione di unità e da un prelievo fiscale salito al 42,5% del pil, rispetto al 41,2% del 2023.
La presidente Meloni ha commentato la notizia dicendo che “è un chiaro segnale di fiducia dei mercati internazionali: stabilità politica , politiche economiche credibili a chi crea lavoro e ricchezza stanno dando i loro frutti”.
Il Pil non cresce
Nulla da eccepire sugli effetti positivi di una politica di bilancio volta a consolidare i conti e a rassicurare i mercati finanziari internazionali. Ma resta evidente che questi risultati non si riflettono in un incremento sostanziale del pil. Diversamente da quanto dichiarato da Meloni mancano politiche economiche che mettano al centro la crescita della produttività delle imprese e dell’economia. Si eludono le difficoltà economiche strutturali del Paese, radicate da oltre trent’anni, e si ignorano i profondi mutamenti geopolitici in atto.
Nel presentare a Bruxelles il secondo Rapporto sulla competitività europea, Mario Draghi ha ricordato che “solo l’unità di intenti e l’urgenza della risposta dimostreranno che i leader europei sono pronti ad affrontare tempi straordinari con azioni straordinarie”. Ha inoltre sottolineato la delusione di cittadini e imprese per “la lentezza delle decisioni”, avvertendo che la paura dei governi di affrontare la realtà rischia di aggravare la crisi.
Un monito che si può imputare perfettamente al nostro governo, ma anche al balbettio delle opposizioni e alla debolezza del sindacato. Non a caso, alla ripresa di settembre, il presidente Orsini di Confindustria, Assolombarda, la Federazione degli industriali emiliani e numerose altre associazioni territoriali hanno chiesto con forza un piano industriale che agevoli le imprese a investire nell’innovazione tecnologica, nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale per essere competitive.
La presidente Meloni di fronte ai rilevanti problemi da affrontare per assicurare la crescita economica non può continuare a crogiolarsi sugli effetti della razionalizzazione del debito pubblico. Si tratta per il governo di mettere in atto politiche economiche che correlino la “crescita estensiva” dell’economia, in specie nel Mezzogiorno, alla “crescita intensiva” mediante investimenti in beni materiali e immateriali per aumentare il valore aggiunto per addetto dell’industria manifatturiera e i salari.
Gli strumenti pubblici
La realizzazione di investimenti innovativi, che implica un mutamento profondo dei processi produttivi richiede la mobilitazione di strumenti pubblici di sostegno, in primis lo sblocco della legge 5.0, per facilitare nell’imprese manifatturiere l’introduzione delle nuove tecnologie, della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale.
Una leva fondamentale per l’attuazione di questo straordinario processo è costituito dalla nuova frontiera dei servizi finanziari che le banche riusciranno a mettere in campo. Le nuove esigenze finanziarie che emergeranno nella trasformazione del sistema industriale, dovuto alle nuove tecnologie, alle nuove competenze e al salto della dimensione delle imprese, non possono essere ottemperate dalla banca commerciale.
Lo strumento principale attraverso cui le imprese possono realizzare questa grande trasformazione non è costituito dal solo credito bancario – come sosteneva Schumpeter nel legare l’innovazione e le nuove combinazioni produttive alla “distruzione creatrice” – ma dalla combinazione ottimale tra l’afflusso di credito bancario e di nuova finanza.
Vanno attivati strumenti finanziari alternativi quali il private equity e i prestiti obbligazionari nella forma di mini bond, di cui non si vede traccia nell’operatività attuale delle banche italiane. La rilevanza dei nuovi investimenti richiede l’attivazione un mix delle fonti di finanziamento che eviti il ricorso ad un leverage eccessivo delle imprese, incompatibile nel breve-medio periodo con la crescita dei flussi di cassa.
Mps e Mediobanca
L’epilogo dell’offerta pubblica di acquisto e scambio (OPAS) di Banca Mps su Mediobanca, che ha raggiunto l’86% del capitale di piazzetta Cuccia potrebbe essere l’occasione per far uscire il governo dall’anonimato. Fino ad ora il ministro Giancarlo Giorgetti, nonostante che lo stato detenesse l’11,73% del captale di Banca Mps, si è limitato a sostenere, di fatto assecondandola, che si trattava di un’operazione di mercato di Banca Mps, di Francesco Gaetano Caltagirone e di Delfin dei Del Vecchio e che in quanto tale avrebbe dovuto fare il suo corso.
In questa sede non appassiona il dibattito suscitato sulla stampa della possibilità che Mps e Mediobanca si fondano o che rimangano due entità distinte, anche se il direttore generale di Mps Luigi Lovaglio pensa, forse non casualmente, che con la conclusione dell’Opas il governo possa allargare le maglie della Dta (Deferred Tax Asset) per utilizzare 1,2 miliardi di euro di perdite fiscali precedenti che aumenterebbero il capitatale di Banca Mps.
Interessa invece sapere cosa faranno Mps e Mediobanca di fronte alle nuove esigenze finanziarie delle imprese per attuare la grande trasformazione del sistema manifatturiero. L’Opas, infatti, è stata portata in porto senza la presentazione di un piano industriale per integrare la rete commerciale del Monte dei Paschi con i comparti di alta specializzazione finanziaria di Mediobanca, anche se negli ultimi venti anni si è notevolmente affievolita la funzione di consulenza e di assistenza finanziaria nei rispetti dei grandi gruppi industriali privati. che Mediobanca svolgeva sotto la direzione di Cuccia e poi di Maranghi
Proprio per il ruolo, se pur apparentemente passivo, svolto fino ad ora dal governo, viste le nuove necessità delle imprese per realizzare la crescita estensiva e intensiva del tessuto produttivo, il piano industriale della combine Mps-Mediobanca dovrebbe puntare sull’attività di consulenza e assistenza finanziaria verso le imprese di media e piccola dimensione attraverso la realizzazione di appositi strumenti (fondi comuni di investimento mobiliare di private equity) per coniugare i nuovi interventi pubblici a sostegno della crescita della produttività delle imprese con il credito bancario, il venture capitale e la sottoscrizione di mini bond.
L’articolo Mps-Mediobanca, una grande occasione finanziaria per le piccole imprese è tratto da Forbes Italia.
Qual è la tua reazione?






